“SE NON SI SBRIGA A RIPORTARMI I 10 CHILI DI FUMO GLI PRENDO A TORTURARE IN BOCCA LE FIGLIE E LO AMMAZZO! – MINACCE E SEVIZIE: LA FEROCIA DEI NARCOS DE’ NOANTRI DI LA RUSTICA – “ORA PRENDIAMO IL TRAPANO E VEDI CHE TI FACCIAMO”; “ABBIAMO SFONDATO UN NEGRO, GLI ABBIAMO MENATO COL BULLOCK” – GLI AFFARI DEL BOSS DANIELE CARLOMOSTI, IN CONDOMINIO ANCHE CON IL GRUPPO FABIETTI/PISCITELLI SOTTO LA BENEDIZIONE DI MICHELE SENESE…

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Alessia Marani,Michela Allegri per “il Messaggero”

 

DANIELE CARLOMOSTI GANG LA RUSTICA DANIELE CARLOMOSTI GANG LA RUSTICA

Feroci e «brutti forti» come li aveva definiti Massimo Carminati parlando con il fido Riccardo Brugia intercettato dai carabinieri nell'inchiesta Mondo di mezzo. Tanto da convenire che con loro era meglio trattare.

 

«Sono andato da questi prima che prendono la pistola e sparano», gli diceva il Guercio. Quando una mattina del novembre 2018 la Dda fa sparire i 10 chili di fumo consegnati la sera prima a Roberto Virzi, mascellone, perché li custodisse, appunto, in una cantina di La Rustica, Carlomosti - naturalmente ignaro dell'intervento degli uomini dell'Antimafia - va su tutte le furie a arriva a mettere persino una ricompensa da 10mila euro per chi può aiutarlo a stanare l'infedele. «Se non si sbriga a riportarmi i 10 di fumo - tuona - io mi abbasso a toccare le figlie ti giuro! Gli prendo a torturare in bocca le figlie, gli entro dentro casa e lo ammazzo!

 

CAMERA TORTURE DEXTER CAMERA TORTURE DEXTER

Gli faccio zompare le ginocchia, lo mando in giro senza denti, senza naso, senza orecchie... ma proprio non è che gli do una botta a lui, gliene do una quindicina... deve morire crivellato», dice agli interlocutori della banda. E se non era chiaro, allo stesso Mascellone precisava: «Ti strappo la carotide... a me dieci chili non me li leva neanche Totò Riina». Ad aiutare Carlomosti a vendicarsi si precipita Armando De Propris, il padre di Marcello, uno dei ragazzi condannati per l'omicidio di Luca Sacchi. «Se viene vicino a me io te lo rompo tutto!», gli assicura.

 

Che la banda di La Rustica non andasse per il sottile emerge in tutta la sua brutalità nella vicenda di Maurizio Cannone, l'ex sodale accusato di non avere pagato una partita di droga per 64mila euro. Fagiolo viene invitato a casa di Carlomosti e qui spogliato, legato, costretto a stendersi sui teli di plastica nel soggiorno trasformato in stanza delle torture: «Ora prendiamo il trapano e vedi che ti facciamo». Daniele, alias bestione, scatta fotografie e con una videochiamata chiede il riscatto al fratello e alla compagna di Cannone, e mostrare anche ai suoi amici, compreso Fabrizio Fabietti, il narcos in affari con Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik.

coca la rustica coca la rustica

 

Prima di torturare Cannone, però, Carlomosti «come forma di rispetto», scrive il gip Tamara De Amicis, aveva chiesto tramite Pallagrosi, l'autorizzazione a Michele Senese. Il baciccio si recava in via Telegono residenza di Vincenzo Senese e di Raffaella Gaglione, rispettivamente padre e moglie di Zio Michele, e otteneva il nullaosta. Pallagrosi rendicontava del colloquio intercorso, in particolare con il fratello di Michele, Angelo, nel corso del quale Cannone veniva letteralmente scaricato dal clan: «Vabbè tutti l'hanno fatto una merda, dalla figlia, alla moglie, il padre».

 

Racconta di avere ricevuto l'indicazione di uccidere il fagiolo utilizzando uno stiletto, arma storicamente utilizzata per uccidere i rispettivi rivali nel Medioevo, sgozzandoli come maiali. Dopo avergli fatto capire di avere appena parlato al telefono con Michele (che è in carcere), Pallagrosi viene edotto: «Questo te lo devi fare di stiletto... perché sennò non lo paghi intero».

coca la rustica coca la rustica

 

Sotto l'ala dei Senese, al tempo, lavorava anche Diabolik.

Tramite i fratelli Fabbrini prospetta a Carlomosti la possibilità di collaborare per la commercializzazione della cocaina. Fabbrini riferisce a Daniele: «Mi ha detto pure: Digli a tuo cugino che se gli serve la cosa... c'abbiamo pure la cosa, 33.5, 34 gliela do», stabilisce il prezzo. Non solo. Piscitelli si offre di pensare lui a Cannone, del quale è creditore: «Con il terrore lo continuo io».

 

 

Tra i vessati della banda c'è pure William Casinelli, ultrà della Roma, uno dei fermati - e poi rilasciati - dalla polizia inglese per gli scontri coi tifosi del Liverpool a Londra nell'aprile 2018. Il ragazzo viene chiuso in auto, pestato di botte, costretto a consegnare due Rolex e un Piguet, nonché a trasferire la proprietà del suo Suv a Federico Rossetti, alias ragno. Parlando di un pusher nordafricano il sodalizio ascoltato dai carabinieri di via In Selci dice: «Abbiamo sfondato un negro, gli abbiamo menato col Bullock». A un altro debitore Carlomosti prospetta: «Ti scarico una nove in bocca, sgozzo tua madre».

 

2 - RIUNIONI CON I PUSHER AL BAR A PIETRALATA IL COVO DEL BOSS

A. Mar. per “il Messaggero”

DANIELE CARLOMOSTI GANG LA RUSTICA DANIELE CARLOMOSTI GANG LA RUSTICA

 

«Siamo quattro gruppi in tutta Roma. Io copro questa parte qua, l'amico mio fa la parte di Roma Sud e i Castelli, un altro fa Cinecittà».

 

Daniele Carlomosti aveva ben chiare le idee e i confini delle piazze di spaccio che gestiva insieme ai suoi sodali, italiani e albanesi, in condominio anche con il gruppo Fabietti/Piscitelli sotto la benedizione di Michele Senese.

 

diabolik diabolik

La Rustica era il suo regno, il bar Uno su mille di via Filippo Meda a Pietralata, la base logistica distaccata, ma Daniele e i suoi non disdegnavano nemmeno di stringere affari davanti a un caffè seduti da Panella in via Merulana o al chioschetto di Collina Lanciani, oppure seduti su una panchina del parco Peter Pan al Tiburtino. Soprattutto potevano contare sul fidato Luca Ferrara, lo chef che oltre a gestire un locale a San Lorenzo, lavorava nella pizzeria Avanti un altro di via Dameta. Con lui Daniele condivideva, oltre alla droga, la passione per la cucina.

 

SPARI E ROGHI Il gigante o bestione come è soprannominato Daniele per il fisico possente e il collo taurino, aveva messo su un imponente narcotraffico e oliava il sistema che faceva arrivare a Roma via Marocco e Spagna fiumi di droga, in particolare l'hashish. Per cui aveva bisogno di covi caldi e freddi (una cantina in via Appia, un'altra in via Naide) dove custodire lo stupefacente e le armi, ma anche di luoghi di incontro dove intessere nuove e vecchie relazioni, stipulare affari con i fornitori e ricevere gli acquirenti, come appurato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci sulle sue tracce dai tempi dell'operazione box, quando lo arrestarono insieme con l'ex calciatore Alessandro Corvesi dopo avere scoperto un garage pieno di droga all'Infernetto.

DANIELE CARLOMOSTI DANIELE CARLOMOSTI

 

Tornato libero, Daniele nel suo appartamento di via Delia aveva ricavato la stanza delle torture in cui umiliò e quasi ammazzò l'ex sodale Maurizio Cannone reo di non avere saldato una partita di droga per 64mila euro. Il condominio popolare era diventato il teatro della sanguinosa faida con il fratello Simone, costretto a trasferirsi e a lasciare quartiere. In via Naide, all'interno dello stesso complesso residenziale, il 27 novembre del 2017, Daniele dal balcone del quinto piano sparò più colpi di 7,65 indirizzandoli contro il fratello Simone, affacciato alla finestra dell'edificio di fronte. Solo per una casualità non lo ammazzò.

PISCITELLI SENESE PISCITELLI SENESE

 

Dieci giorni prima aveva invece mirato alle gambe di Giuseppe Setteceli (non indagato), amico del fratello: «Dov' è Simone?» gli aveva chiesto prima di premere il grilletto. Come ritorsione, Simone sparò sulle auto in sosta di Daniele e della moglie Romina Faloci. Una rappresaglia proseguita con l'incendio della Harley Davidson di Simone e della Twingo del padre, Paolo, nonché la gambizzazione di Manolo Brunetti (non indagato). Quando c'era da stipulare affari coi fratelli Fabbrini, poi, bastava passare all'officina di famiglia in via dei Faggi a Centocelle.

 

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IL MERCOLEDÌ Il bar Uno su mille era un luogo ritenuto sicuro e la banda ci si incontrava sebbene qualcuno avesse avanzato il sospetto che le guardie potessero avere piazzato una ambientale: «Vabbè, stiamo attenti». Il gestore è Erminio Romanelli, anche lui tra i quattordici arrestati ieri nel maxi blitz di carabinieri e Dda. Il gip lo accusa di avere «fornito costante e continuato supporto logistico agli esponenti del gruppo di Carlomosti e di quello di Massimiliano Gregori, mettendo a disposizione il proprio bar e fungendo lui stesso da mediatore agli incontri riservati». Al bar aveva lavorato anche la compagna di Gregori e il mercoledì, si legge ancora nelle carte, era «il giorno concordato per i pagamenti relativi all'attività di narcotraffico.

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