revenge porn roma 3

“TI SPUTTANO, SE NON MI MANDI ALTRE FOTO DI TE NUDA” – L’INCUBO DI UNA CARABINIERA 34ENNE RICATTATA DA UN 57ENNE CONOSCIUTO ONLINE DI CUI SI ERA INVAGHITA QUANDO AVEVA 19 ANNI: LUI, DOPO AVERLE FATTO CREDERE DI ESSERE NELL’ARMA E DI AVERE 21 ANNI, ERA RIUSCITO A FARSI INVIARE FOTO INTIME – MA QUANDO LA RAGAZZA HA DECISO DI TRONCARE, LUI HA...

Simona Lorenzetti per "www.corriere.it"

 

revenge porn roma 3

«Basta lo dico io, non tu». E ancora: «Devi continuare a fare quello che piace a me, altrimenti raccolgo in un cd le tue vecchie foto osé e le invio a tua madre e ai tuoi superiori». Comincia così la spirale di violenza in cui precipita una giovane carabiniera. La donna, appena 19 enne, cade nella trappola di un uomo molto più anziano di lei. Un individuo senza scrupoli che, dopo averla «conquistata» spacciandosi per un coetaneo, la ricatta per anni costringendola a inviargli foto intime e dal contenuto erotico.

 

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È il 2005 e lei è poco più che un’adolescente quando sui social conosce l’uomo che anni dopo la ricatterà. Lui dice di avere 21 anni e di essere un carabiniere. Sembra un bravo ragazzo e presto l’amicizia on line si trasforma in un rapporto intimo e intrigante, pur rimanendo nel mondo virtuale. Per anni condividono messaggi erotici e foto piccanti: non si incontrano mai, ma spesso la sera trascorrono ore al telefono scambiandosi effusioni.

 

Poi nel 2010 la ragazza si arruola nell’Arma e decide di troncare la relazione. Ma è in quel momento che il bravo ragazzo mostra il proprio lato oscuro. «Basta lo dico io, no tu», le scrive senza troppi giri di parole. Ben presto si consuma anche il ricatto: «Ti sputtano, se non mi mandi altre immagini di te nuda. Voglio vedere anche la faccia». A nulla servono le suppliche della giovane per farlo desistere.

 

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Le pressioni si protraggono per anni, fino a quando lei non crolla: si confida con i colleghi carabinieri e nel 2015 denuncia. Ora l’uomo, che si è scoperto avere 57 anni e che mai è stato arruolato nell’Arma, è a processo. Deve rispondere di violenza sessuale per aver costretto la giovane «contro la sua volontà» a «compiere atti di autoerotismo» attraverso i social network. Una forma di violenza ampiamente riconosciuta dalla Cassazione, che più volte ha confermato che il reato sussiste anche se non c’è il contatto fisico tra la vittima e il carnefice.

 

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La Procura contesta al 57enne (difeso dall’avvocato Paola Schivalocchi) anche l’aggravante di essersi spacciato per un militare. Inoltre, è accusato di stalking per aver perseguitato la carabiniera con messaggi e telefonate in cui le ricordava che «la teneva sotto controllo» e che «era al corrente dei suoi spostamenti». E che l’avrebbe «sputtanata e derisa» se non avesse fatto quello che diceva lui. E lui pretendeva foto: sempre più spinte, sempre più erotiche.

Oggi la vittima ha 34 anni ed è ancora in servizio: assistita dall’avvocato Valerio D’Atri, si è costituita parte civile e alcune settimane fa ha testimoniato raccontando quel periodo buio della sua vita.

 

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Dagli atti dell’inchiesta, che ha portato al sequestro di tutto il materiale digitale custodito dall’imputato nella sua casa a Brescia, emerge come per molti anni la ragazza abbia convissuto con l’angoscia che le proprie immagini venissero diffuse sui social e finissero sulla scrivania del comandante provinciale dell’Arma. Temeva il disonore del congedo e così in diverse occasioni ha ceduto alle richieste, sperando che ogni volta fosse l’ultima.

 

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Ma le pretese del ricattatore sono diventate sempre morbose, compromettenti e violente. Lui non perdeva occasione per dirle che conosceva tutto di lei: dove abitava, chi era sua madre, i locali che frequentava e la città in cui lavorava. Per costringerla a soddisfare i suoi desideri, l’ha minacciata di affiggere alcune foto intime vicino alla caserma dove prestava servizio. E per farle capire che non scherzava, ha inviato poche immagini hot ad alcuni amici comuni sui social.

Solo nel 2015, dopo essere entrata nei carabinieri, la ragazza ha preso consapevolezza di quanto fosse importante denunciare. E così l’ha fatto, trovando nei colleghi quella solidarietà necessaria per compiere un passo così difficile.

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