mercenari del ciad

LIBIA TERRA DI NESSUNO: VENTIMILA MERCENARI STRANIERI TENGONO IN OSTAGGIO IL PAESE - SONO STATI ARRUOLATI DA RUSSIA, TURCHIA ED EMIRATI, CHE LI USANO PER CONTROLLARE INTERE AREE DEL PAESE E ARRAFFARE PETROLIO - PROVENGONO DA DARFUR, SIRIA, CIAD E TURKMENISTAN E NON HANNO INTENZIONE DI ANDARSENE: IN LIBIA INCASSANO UN SALARIO MENSILE DI DUEMILA DOLLARI E L'ALTERNATIVA SAREBBE TORNARE IN PATRIA A MORIRE DI MISERIA O DI GUERRA IN CONFLITTI MOLTO PIÙ POVERI E FEROCI...

Domenico Quirico per "la Stampa"

 

HAFTAR

Nella intimità delle cancellerie occidentali suona, per la Libia, la campana a stormo dell'ottimismo: la tregua regge si dice, le milizie sonnecchiano come balene pigre a poche dune l'una dall'altra, le miracolose elezioni, primo assaggio di un avvenire radioso, sono a un passo. Perfino il truce generale di Bengasi, Haftar, con le sue manie annessioniste, sembra sparito.

 

Si impermaliscono gli ottimisti se qualcuno suggerisce prudenza, se disegna un paesaggio formicolante ancora di ombre. Il clou della questione è un numero: che si impiglia negli scenari confortevolissimi, fa raschiare i meccanismi con sinistri scricchiolii. Il numero che non si riesce a far rientrare nei calcoli è ventimila: quanti sono i mercenari che combattono nei due schieramenti della guerra civile, quello di Haftar e quello tripolino, malandata barca nelle mani del discutibile primo ministro Abdelhamid Dabaida. Per leggervi dentro, a quel numero, occorre il mappamondo: russi e ciadiani, siriani e turkmeni, sudanesi.

 

mercenari siriani

Ben armati, agguerriti, mastini che sanno combattere la guerra con il diavolo in corpo, legati ai loro comandanti più che ai datori di lavoro: come i mercenari di tutti i tempi. La guerra è un bene di consumo, lo puoi comprare sul mercato se sei disposto a pagarne il prezzo. Gli dei e gli spettri di questi combattenti, le solidarietà fraterne e i massacri, l'avidità e le paure, sono invisibili agli estranei, una realtà silenziosa, enigmatica, che fa paura.

 

PUTIN ERDOGAN

Sarebbe splendido come ha auspicato, ahimè invano, la signora Najla Mangouch, ministro degli Esteri del governo di Tripoli, che i mercenari di entrambi gli schieramenti se ne andassero, smaterializzandosi dal suolo libico. Peccato che non ci sia nessuno in grado di renderla possibile, questa provvidenziale evaporazione. Certamente non le potenze occidentali che coccolano gli accordi di pace libici ma che non manderanno mai soldati per garantirli.

 

Non lo faranno Russia, Turchia e Emirati che i mercenari hanno arruolato: è grazie a loro che sono riusciti a fissare sul terreno una redditizia situazione di parità, divisa da una sorta di Maginot nel deserto tracciata tra Sirte e Jufra. E con i mercenari combatteranno le nuove battaglie per confermare o ingrandire influenze geopolitiche, e arraffare petrolio, contratti di ricostruzione.

mercenari siriani arruolati dalla turchia

 

Ma sono soprattutto i mercenari a non avere alcuna intenzione di chiudere il profittevole contratto libico: l'alternativa sarebbe tornare in Siria e in Darfur a morire di miseria e di guerra in conflitti molto più poveri e feroci di quello che combattono qui. Un salario mensile di duemila dollari è un tesoro per miliziani rintanati tra le rovine di Iblid dove il cielo diluvia bombe dell'esercito di Bashar Assad.

 

O prelevati nei deserti del Darfur dove le divergenze tribali si regolano, dal 2003 almeno, in una mischia sacrilega. La Libia è ricca, immensamente ricca, e debole. Un affare perfetto per chi sa maneggiare un kalashnikov e un lanciagranate. Se i committenti si faranno avari si possono avviare ricchi traffici privati, controllo di pozzi o oleodotti, migranti, droga. Qui non c'è il contagio di furore omicida delle guerre del fanatismo e delle tribù. Semmai si segue la logica del profitto, dell'investimento redditizio.

 

mercenari siriani in libia

La privatizzazione della guerra, la globalizzazione della sicurezza? No, meglio rileggere la storia dei mercenari stranieri nell'Italia del trecento-quattrocento: inglesi e francesi rimasti senza lavoro per la fine della guerra dei cent' anni, disoccupati dei massacri tra borgognoni e armagnacchi. Li assoldarono i ricchi comuni italiani che farneticavano nei loro egoismi. Un buon affare, pensarono. Non se ne andarono più. Allora: chi sono, da dove vengono e chi la finanzia questa legione straniera dei ventimila? Il gruppo più numeroso è quello dei «siriani».

 

mercenari del ciad

Nel 2019 erano quattromila, ora secondo l'Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo se ne contano 13 mila, forse più. La maggioranza combatte sotto le bandiere di Tripoli ma ce ne sono anche tra le fila di Haftar, duemila, reclutati dai russi nell'inestinguibile cainismo siriano. La Turchia li ha piluccati tra i disperati asserragliati nell'ultimo bastione ribelle di Iblid nella Siria occidentale che rimpicciolisce ogni giorno. Nel novembre del 2019 le roche bestemmie delle cannonate sfioravano ormai Tripoli; si chiese aiuto ai turchi. Rapido addestramento di tre mesi ad Afrin e ponte aereo per la Libia.

 

mercenari siriani

Per duemila dollari di salario (promessa non sempre mantenuta) e una ipotetica concessione della nazionalità turca, fermarono Haftar e lo ricacciarono in Cirenaica. C'erano uomini delle formazioni jihadiste, sopravvissuti dell'Armata libera, ma anche turkmeni della divisione Sultan Murad. La prospettiva di andarsene li ha fatti infuriare. Hanno rifiutato di sciogliere il comando che riunisce i loro capi.

 

Li ha appoggiati il gran mufti di Tripoli che ha definito l'irriconoscente ministro degli Esteri «donna cattiva e spregevole». Per gli islamisti e i fratelli musulmani i «siriani» sono una fanteria indispensabile da far pesare sul piano politico. L'altro contingente maggiore sono gli undicimila sudanesi, arruolati soprattutto tra le milizie del Darfur e pagati dal Qatar. Esperti come pochi in fatto di sacrifici, vessazioni, e dolori. Le loro alleanze sono mobili, sfuggono alle analisi e non sempre rispondono a una logica politica.

 

mercenari del ciad

Hanno combattuto contro il regime del deposto al Bashir, l'annuncio della amnistia in teoria li dovrebbe indurre a rientrare. In teoria. Per questi migranti del kalashnikov il nuovo governo di transizione è «una copia del dittatore». Tra loro anche coloro che sarebbero stati arruolati con l'inganno.

 

Una compagnia privata del Qatar offriva un lavoro nella sicurezza nei ricchi e tranquilli Emirati. Invece sono stati rinchiusi in campi di addestramento simili a prigioni, e posti di fronte alla scelta tra combattere, nello Yemen o in Libia: scegliete voi. «Ridateci i nostri figli», gridavano i loro parenti in alcune manifestazioni di protesta svoltesi a Khartoum. Per ora presidiano in un disperato paesaggio color di cenere, in una immensità che confina con il nulla, la maginot della Sirte. 

Ultimi Dagoreport

salvini calenda meloni vannacci

DAGOREPORT – LA ''SUGGESTIONE'' DI GIORGIA MELONI SI CHIAMA “SALVIN-EXIT”, ORMAI DIVENTATO IL SUO NEMICO PIU' INTIMO A TEMPO PIENO - IN VISTA DELLE POLITICHE DEL 2027, SOGNA DI LIBERARSI DI CIO' CHE E' RIMASTO DI UNA LEGA ANTI-EU E VANNACCIZZATA PER IMBARCARE AL SUO POSTO AZIONE DI CARLO CALENDA, ORMAI STABILE E FEDELE “FIANCHEGGIATORE” DI PALAZZO CHIGI - IL CAMBIO DI PARTNER PERMETTEREBBE DI ''DEMOCRISTIANIZZARE" FINALMENTE IL GOVERNO MELONI A BRUXELLES, ENTRARE NEL PPE E NELLA STANZA DEI BOTTONI DEL POTERE EUROPEO (POSTI E FINANZIAMENTI) - PRIMA DI BUTTARE FUORI SALVINI, I VOTI DELLE REGIONALI IN VENETO SARANNO DIRIMENTI PER MISURARE IL REALE CONSENSO DELLA LEGA - SE SALVINI DIVENTASSE IRRILEVANTE, ENTRA CALENDA E VIA A ELEZIONI ANTICIPATE NEL 2026, PRENDENDO IN CONTROPIEDE, UN'OPPOSIZIONE CHE SARA' ANCORA A FARSI LA GUERRA SUL CAMPOLARGO - LA NUOVA COALIZIONE DI GOVERNO IN MODALITÀ DEMOCRISTIANA DI MELONI SI PORTEREBBE A CASA UN BOTTINO PIENO (NUOVO CAPO DELLO STATO COMPRESO)....

donald trump vladimir putin xi jinping

DAGOREPORT - PERCHÉ TRUMP VUOLE ESSERE IL "PACIFICATORE GLOBALE" E CHIUDERE GUERRE IN GIRO PER IL MONDO? NON PER SPIRITO CARITATEVOLE, MA PER GUADAGNARE CONSENSI E VOTI IN VISTA DELLE ELEZIONI DI MIDTERM DEL 2026: IL PRESIDENTE USA NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE IL CONTROLLO DEL CONGRESSO - SISTEMATA GAZA E PRESO ATTO DELLA INDISPONIBILITÀ DI PUTIN AL COMPROMESSO IN UCRAINA, HA DECISO DI AGGIRARE "MAD VLAD" E CHIEDERE AIUTO A XI JINPING: L'OBIETTIVO È CONVINCERE PECHINO A FARE PRESSIONE SU MOSCA PER DEPORRE LE ARMI. CI RIUSCIRÀ? È DIFFICILE: LA CINA PERDEREBBE UNO DEI SUOI POCHI ALLEATI....

fabio tagliaferri arianna meloni

FLASH! FABIO TAGLIAFERRI, L’AUTONOLEGGIATORE DI FROSINONE  CARO A ARIANNA MELONI, AD DEL ALES, CHE DOVREBBE VALORIZZARE IL PATRIMONIO CULTURALE DEL PAESE, PUBBLICA SU INSTAGRAM UNA FOTO DELLA PARTITA LAZIO-JUVENTUS IN TV E IL COMMENTO: “LE ‘TRASMISSIONI’ BELLE E INTERESSANTI DELLA DOMENICA SERA” – DURANTE IL MATCH, SU RAI3 È ANDATO IN ONDA UN’INCHIESTA DI “REPORT” CHE RIGUARDAVA LA NOMINA DI TAGLIAFERRI ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ IN HOUSE DEL MINISTERO DELLA CULTURA… 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

DAGOREPORT – OCCHIO ELLY: TIRA UNA BRUTTA CORRENTE! A MILANO, LA FRONDA RIFORMISTA AFFILA LE LAME: SCARICA QUEL BUONO A NIENTE DI BONACCINI, FINITO APPESO AL NASO AD APRISCATOLE DELLA DUCETTA DEL NAZARENO – LA NUOVA CORRENTE RISPETTA IL TAFAZZISMO ETERNO DEL PD: LA SCELTA DI LORENZO GUERINI A CAPO DEL NUOVO CONTENITORE NON È STATA UNANIME (TRA I CONTRARI, PINA PICIERNO). MENTRE SALE DI TONO GIORGIO GORI, SOSTENUTO ANCHE DA BEPPE SALA – LA RESA DEI CONTI CON LA SINISTRATA ELLY UN ARRIVERÀ DOPO IL VOTO DELLE ULTIME TRE REGIONI, CHE IN CAMPANIA SI ANNUNCIA CRUCIALE DOPO CHE LA SCHLEIN HA CEDUTO A CONTE LA CANDIDATURA DI QUEL SENZAVOTI DI ROBERTO FICO - AD ALLARMARE SCHLEIN SI AGGIUNGE ANCHE UN SONDAGGIO INTERNO SECONDO CUI, IN CASO DI PRIMARIE PER IL CANDIDATO PREMIER, CONTE AVREBBE LA MEGLIO…

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…