LOCKDOWN TOTALE SI’ O NO? GLI ESPERTI SI DIVIDONO – RICCIARDI, CRISANTI E GALLI FAVOREVOLI A UNA CHIUSURA GENERALIZZATA, CONTRARIO IL DIRETTORE SANITARIO DELLO SPALLANZANI DI ROMA FRANCESCO VAIA: "BASTANO MISURE CHIRURGICHE" – LA RACCOMANDAZIONE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’ AD INTERVENIRE PER CONTENERE E RALLENTARE LA DIFFUSIONE DELLA VARIANTE INGLESE - REINHOLD MESSNER: “GIUSTO CHIUDERE GLI IMPIANTI SCIISTICI, SIAMO TUTTI CORRESPONSABILI”

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Viola Giannoli per repubblica.it

 

lockdown lockdown

C'è il fronte del sì, quello del no e anche quello del forse. La proposta di un lockdown totale lanciata dal consigliere dell'ancora ministro Roberto Speranza, Walter Ricciardi, ha scatenato un fiume di reazioni. Non solo quelle politiche, in attese delle mosse del nuovo governo Draghi, ma pure quelle degli esperti, di nuovo divisi tra l'urgenza di chiusure generalizzate e immediate e la necessità invece di rafforzare le misure in campo oggi e di rivedere, in senso restrittivo, i parametri per il declassamento delle Regioni nelle zone rosse o arancioni.

 

E intanto arriva una nuova durissima richiesta dell'Iss: considerata la circolazione nelle diverse aree del paese "si raccomanda di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante VOC 202012/0 (la variante inglese, ndr), rafforzando o innalzando le misure in tutto il paese e modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione, inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto". L'Istituto superiore di sanità indica questa strada nello studio di prevalenza della variante inglese in Italia relativo alla indagine svolta lo scorso 4-5 febbraio.

variante inglese a bollate variante inglese a bollate

 

Non solo. Perché anche l'Europa è preoccupata: l'Ecdc ha aggiornato il livello di rischio attualmente valutato "alto-molto alto". E la direttrice Andrea Ammon scrive in una nota:  "A meno che le misure non farmaceutiche non vengano continuate o addirittura rafforzate, nei prossimi mesi dovrebbe essere previsto un aumento significativo dei casi e dei decessi correlati al Covid-19".

 

Intanto in Italia sulla linea Ricciardi - "un lockdown breve e mirato, di 2, 3 o 4 settimane", ossia il tempo necessario a riportare l'incidenza di Covid-19 al di sotto dei 50 casi per 100mila abitanti - s'è schierato subito il virologo Andrea Crisanti, "l'uomo dei tamponi del Veneto", come veniva chiamato per la sua insistenza sull'importanza e l'efficacia del sistema di tracciamento: piuttosto che pensare a sciare e mangiare fuori - è la sintesi del suo pensiero - anche in Italia dovremmo decidere un lockdown come è stato un anno fa a Codogno, ormai le zone , giudicate "troppo morbide", non bastano più. Anzi, "il lockdown andava fatto già a dicembre, ora - spiega - è fondamentale una chiusura dura per evitare che la variante inglese diventi prevalente e abbia effetti devastanti. D'altronde così è in Germania, Francia e Inghilterra".

massimo galli massimo galli

 

Sono proprio le nuove varianti a far convergere sulla tesi di Ricciardi pure Massimo Galli, direttore di Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano: "Le nuove varianti portano sicuramente più infezioni e più problemi - sottolinea - E purtroppo la conclusione non può che essere la soluzione paventata dal professor Ricciardi. Il sistema della divisione dell'Italia a colori - aggiunge Galli- non sta funzionando. E la prova è nei fatti".

 

Possibilista anche Claudio Mastroianni, direttore del Dipartimento di Malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma: "Non voglio entrare nella polemica - dice - ma siamo in una situazione preoccupante. Ora più che mai serve la massima attenzione e bisogna stare molto accorti e valutare misure più stringenti e anche l'idea di un lockdown. Siamo di fronte a una settimana decisiva".

 

Di lockdown generale non vuole sentir parlare invece Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, l'ospedale italiano in cui ormai un anno fa venne sequenziato per la prima volta il coronavirus: "Un lockdown totale secondo me non serve - spiega - ma bastano lockdown chirurgici laddove se ne verifichi la necessità. Non si tratta, dunque, di aggravare le misure, ma applicare con severità quelle che abbiamo: non ci fate vedere più assembramenti - è il suo appello - così riguadagneremo in futuro spazi di libertà".

 

tamponi ai bambini tamponi ai bambini

E così pure Pierluigi Lopalco, epidemiologo ma anche assessore alla Sanità in Puglia, secondo il quale la parola "lockdown" ormai dice tutto e non dice niente: "Semmai in questo momento penserei a delle misure selettive, rafforzate, per evitare tutte quelle situazioni in cui virus circola di più e che conosciamo ormai bene".

 

E se c'è chi si è stupito dell'appello alla chiusura totale di Ricciardi in un momento in cui non c'è la percezione di un picco dell'epidemia, il virologo dell'università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco dà ragione dal punto di vista scientifico al consigliere di Speranza, ma dice, "credo che un lockdown totale sia difficile da proporre dal punto di vista dell'opportunità politica e del disagio e della ribellione sociale che si rischierebbe". Per l'esperto, meglio tentare prima una via "più accettabile", provare a "rivedere i parametri di aperture e chiusure, essere più flessibili. Perché, si sa, quando una regione va nella fascia gialla, il rischio di perdere i progressi ottenuti c'è". Un'opzione sono ad esempio, gli "interventi chirurgici, zone rosse come l'Umbria, da far scattare in base a valutazioni più stringenti". Senza bocciare del tutto il "metodo dell'Italia a colori che ci ha permesso ad oggi tutto sommato di mitigare la diffusione di Covid-19 anche se non a controllarla".

 

focolaio tra i giovani focolaio tra i giovani

Anche per Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, "minacciare continuamente il lockdown non serve a nulla. L'Itaia ha fatto una scelta ed è quella di convivere con il virus. Abbiamo una situazione epidemiologica di stallo, in cui i numeri si stanno mantenendo costanti. Questo può essere letto in modo positivo da una parte e negativo dall'altro, perché è partita anche la campagna vaccinale e fare le immunizzazioni mentre il virus circola aumenta la capacità delle varianti di resistere. È quindi obbligatoria una cautela, ma ridiscutere oggi di fare o meno un lockdown nazionale non serve a nulla".

 

 

Per Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, parlare di lockdown è addirittura come sentire un disco rotto: "Servirebbe un modo di comunicare più univoco, una voce unica. Invece parlano tutti: Cts, Ricciardi, Crisanti. Poi l'Iss. Chiaramente così c'è disorientamento nella popolazione. Se c'è bisogno di mettere un'area in zona rossa va fatto rapidamente, ma evitiamo di continuare a parlare di lockdown nazionale perché c'è qualcuno che è diventato un disco rotto". "Non siamo alla soglia di un nuovo lockdown - afferma poi Bassetti spiegando la sua posizione - Dobbiamo avere un po' di pazienza e di ordine, e le boutade non aiutano. I numeri dicono che abbiamo il 5% dei positivi, le ospedalizzazioni sono calate e la situazione non è di emergenza. Se c'è aumento dei casi e dei ricoveri, si dovrà intervenire a livello locale con le chiusure""

 

VARIANTE INGLESE CORONAVIRUS VIRUS COVID VARIANTE INGLESE CORONAVIRUS VIRUS COVID

Parte dai numeri, e non potrebbe essere diversamente, anche il fisico e comunicatore Giorgio Sestili che lavora da inizio pandemia al progetto Coronavirus - Dati e analisi scientifiche: "I numeri ci dicono che da quattro settimane in Italia la situazione è stabile, come numero di casi, di tamponi, di ingressi in terapia intensiva e di decessi. Stabilità non significa però che vada tutto bene. Ci stiamo abituando ad avere 2-300 vittime al giorno, che sono moltissime, prima di poter vedere l'effetto della vaccinazione. Inoltre, dai dati nazionali non è visibile la ripresa della curva che invece si osserva dai dati locali: la provincia autonoma di Bolzano, quella di Trento, l'Umbria".

 

controlli variante inglese controlli variante inglese

Che fare? "Io credo ci sia una misura intermedia tra lockdown generalizzato e 14 Regioni in giallo, come la chiusura di tutte le attività più a rischio, scuole comprese. Sarei favorevole al lockdown solo se in paralello ci fosse una campagna vaccinale di massa: allora ne usciremmo con una curva al minimo e immuni. Ma così non è perché mancano i vaccini e allora penso che vadano inaspriti i parametri di rischio delle Regioni e le misure".

 

 

MESSNER

GIANMARCO AIMI per rollingstone.it

 

Lo stop agli impianti sciistici di risalita che ne ha bloccato la ripartenza ha mandato su tutte le furie i presidenti di regione interessati e i gestori, oltre che tutto l’indotto. Il divieto del ministro della Salute Roberto Speranza a poche ore dalla riapertura è arrivato per il timore che il ceppo inglese del virus possa diffondersi in modo incontrollato rendendo vani gli sforzi sulla somministrazione dei vaccini. E così, nonostante le proteste, niente scarponi e racchette fino al 5 marzo. Ma c’è anche chi è d’accordo con questa decisione e da sempre rappresenta la montagna più di chiunque altro.

la variante inglese in italia la variante inglese in italia

 

 

Parliamo del leggendario alpinista Reinhold Messner, che non solo ha lanciato un appello affinché tutti rispettino le regole, ma si è poi augurato che quando sarà possibile tornare in montagna si scelga di favorire un turismo più consapevole.

 

Messner, per lei la montagna non ha segreti. Con che spirito ha preso la decisione del governo di tornare a chiudere gli impianti?

Per uscire da questa pandemia, e avere la possibilità di tornare in montagna, bisogna frenare. Da noi in Sud Tirolo è tutto chiuso come nel resto d’Italia e sono d’accordo. Anche a me piacerebbe andare a sciare e finire un film che ho in lavorazione, però accetto quello che dicono gli scienziati.

 

francesco vaia 1 francesco vaia 1

Solo così abbiamo la possibilità di uscirne, se stiamo a casa per un certo periodo. Meglio così, che aprire e chiudere continuamente, perché non è possibile riorganizzare in questo modo un turismo invernale.

 

In queste ore c’è anche chi sfida le restrizioni e riapre. A queste persone esasperate, cosa si sente di dire?

Il problema è che in questa pandemia siamo tutti corresponsabili. La politica ha la grande responsabilità e deve ascoltare i virologi, che però a loro volta sanno molto ma non tutto. Scienza non vuol dire sapere tutto, avere il 100% di sicurezza su cosa fare, ma è il tentativo di dare risposta a certe domande. Sul Covid mi pare che siamo ancora nella fase di ricerca delle risposte. Il vaccino va troppo a rilento, non ne abbiamo ancora abbastanza per tutti, e anche se riusciremo a farlo sicuramente si riaprirà dopo Pasqua.

 

Lei ha sofferto queste restrizioni?

francesco vaia francesco vaia

Io sono fortunato, abito a mille metri, fuori c’è la neve, sono su una collina di roccia che è un nido d’aquile e posso fare delle piccole escursioni, ma non vado dove c’è altra gente. Mi tengo lontano da tutti, perché non voglio prendere il virus e mi sento corresponsabile per gli altri.

 

Spero che un dopo ci sarà in questa pandemia, però si si riesca a tornare in montagna con un altro atteggiamento. Più lento, nel silenzio, a scoprire la natura selvaggia ma non tutti nello stesso posto.

 

La prossima sfida è il turismo di massa?

walter ricciardi walter ricciardi

Gli influencer sui social sono dannosi, perché fanno pubblicità per concentrare il turismo solo in alcuni posti, che per loro sono i più belli, ma fanno perdere di vista il vero valore della montagna. Bisogna e tutto invece apprezzare tutto l’arco alpino, avendo la possibilità di godere di tutti gli aspetti della montagna. L’industria turistica deve riuscire a dare la possibilità a tutte le vallate di lavorare.

 

Anche le sue attività hanno risentito delle restrizioni?

Negli ultimi 30 anni ho portato a termine una struttura museale raccontando la montagna, che non è solo l’attività, ma anche la cultura che ci sta dietro. La narrativa che ne facciamo serve per capire la relazione gente-montagna. E anche noi siamo chiusi da un anno e senza sovvenzioni, per cui sarà difficile tornare e speriamo che in estate si possa lavorare o saremo costretti a chiudere per sempre.

messner messner

 

 

 

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