MASCHERINE O NON MASCHERINE, È QUESTO IL DILEMMA - GLI ESPERTI FRENANO SULLA FINE DELL'USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE, MA PALAZZO CHIGI VORREBBE MANDARE UN MESSAGGIO DI RITORNO ALLA NORMALITÀ AL PAESE. ANCHE PERCHÉ CON L'ALTA CONTAGIOSITÀ DELLE NUOVE VARIANTI È QUASI IMPOSSIBILE CONTENERE IL COVID - WALTER RICCIARDI INVOCA LA PRUDENZA: "MI SEMBRA MOLTO DIFFICILE POTERLA TOGLIERE DAL PRIMO MAGGIO" - MA GLI ITALIANI SEMBRANO D'ACCORDO: IL 63% PENSA SIA ANCORA TROPPO PRESTO…

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Paolo Russo per “la Stampa”

 

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Se dipendesse dagli scienziati e dai super esperti del ministro Speranza le mascherine al chiuso, ultimo totem dell'era pandemica, le terremo tirate su ancora per un bel po'. Ma Palazzo Chigi vorrebbe mandare un nuovo e definitivo messaggio di ritorno alla normalità al Paese. Anche perché gli stessi esperti hanno da tempo spiegato al premier che con l'alta contagiosità di Omicron, ancora più infettiva nella sua seconda versione, è praticamente impossibile contenere il virus.

 

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E quindi, è il ragionamento portato avanti da più di un esponente del governo, tanto vale iniziare a conviverci. Come del resto stanno facendo buona parte dei Paesi europei, dove le mascherine al chiuso sono già un ricordo o stanno per diventarlo. A costo di far esplodere i contagi, come è successo in Gran Bretagna, dove i ricoveri nei reparti ordinari sono 20 mila e i morti circa 200 al giorno.

 

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Un prezzo che da noi in tanti non sono disposti a pagare. Il ministro Speranza ha detto che in base ai numeri dell'epidemia il 20 aprile si deciderà se prorogare o meno l'obbligo di mascherina al chiuso, che scadrebbe dieci giorni dopo. Me è sulla soglia del liberi tutti che si preannuncia un braccio di ferro tra l'ala aperturista del governo e gli esperti. Per questi ultimi infatti l'attuale incidenza di 811 casi settimanali ogni 100 mila abitanti è troppo distante da quel limite di sicurezza fissato a «quota 50», che consente di riprendere a fare in piena efficienza il contact tracing e di isolare sul nascere ogni nuovo focolaio.

 

E discese precipitose al momento non se ne vedono, perché da giorni i contagi camminano su un plateau dal quale faticano a scendere. Ancora ieri di casi se ne sono contati 30.630, gli stessi di una settimana fa, mentre i morti sono saliti un po', da 118 a 125. E se nelle terapie intensive il tasso di occupazione è sotto il 5% ed è sostanzialmente stabile, nei reparti di medicina i ricoveri stanno via via aumentando: ieri altri 224 in più che portano il totale a 10.241.

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Con questi numeri è difficile trovare scienziati disposti a caldeggiare l'addio definitivo alle mascherine. Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e docente di Igiene pubblica alla Cattolica, è stato chiaro: «Nel piano del governo quella di togliere l'obbligo di indossare i dispositivi di protezione al chiuso dal 1° maggio è un'ipotesi. Questo mese monitoreremo con molta attenzione la curva dei contagi. Ma mi sembra molto difficile poterla togliere dal primo maggio».

 

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Sulla stessa lunghezza d'onda è il virologo Roberto Burioni che su Twitter ha cinguettato: «Voi fate quello che volete, io se sono al chiuso in un ambiente affollato continuerò a portare la Ffp2». E al post ha aggiunto un grafico dei Cdc americani, dove si evidenzia che con la Ffp2 al chiuso la possibilità di contagio si riduce dell'83%, con la chirurgica del 66% e con quelle di tessuto del 56%. Mentre nessuna protezione c'è ovviamente per chi è a volto scoperto.

 

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Ma che una parte del governo, non è detto minoritaria, la pensi diversamente lo dicono le parole del sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che nei giorni scorsi ha detto «ci sono le condizioni per abrogare l'obbligo dal 1° maggio». Gli italiani invece sembrano ancora voler seguire la via della prudenza. Un sondaggio di Demopolis rivela infatti che il 63% pensa sia ancora troppo presto per farne a meno ovunque. E chissà che questo non induca a qualche riflessione in più anche Palazzo Chigi.

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