fabio de pasquale

LE PAGINE NERE DI TANGENTOPOLI - FILIPPO FACCI RICORDA IL CASO DELL’ESPONENTE SOCIALISTA MICHELE COLUCCI, FATTO ARRESTARE DAL PM FABIO DE PASQUALE CON L’ACCUSA DI PRESUNTI “FALSI CORSI CEE” ORGANIZZATI DALLA REGIONE LOMBARDIA - FU TENUTO IN CELLA MORIBONDO, TRATTATO COME UN MAFIOSO, ESPOSTO ALLA GOGNA (AL PUNTO DA AVERE UN COLLASSO DURANTE L’ARRESTO-SHOW)  E ALLA FINE ASSOLTO DOPO UN LUNGO CALVARIO…

FILIPPO FACCI - LA GUERRA DEI TRENT ANNI

Filippo Facci per “Libero quotidiano”

 

Questa la non ricordavate: ma accadde lo stesso, e proprio il 28/29 maggio di trent' anni fa, collateralmente all'inchiesta Mani Pulite. Sì, perché il pm Fabio De Pasquale non faceva parte del Pool dei magistrati: non ce lo volevano.

 

Lui e Antonio Di Pietro, poi, erano cane e gatto: nel tardo settembre 1993 un litigio furibondo tra i due risuonò per i corridoi dopo che un latitante, sbarcato a Linate, si era consegnato a Di Pietro nonostante fosse ricercato proprio da De Pasquale; volarono urla, al pm più famoso d'Italia furono ricordate certe sue ambigue frequentazioni e la sua futura moglie, Susanna Mazzoleni, denunciò che un capitano che collaborava con De Pasquale le aveva rivolto insinuanti domande sulle frequentazioni di Di Pietro.

GHERARDO COLOMBO - ANTONIO DI PIETRO - PIERCAMILLO DAVIGO

 

De Pasquale non nascose mai la sua fede di sinistra («il capitalismo è una cosa sporca», disse al Giornale) e sicuramente non ricordate che per l'inchiesta sui fondi neri Assolombarda (1992-93) l'intero Parlamento, sinistre e forcaioli compresi, respinse le richieste di autorizzazione a procedere chieste da De Pasquale per Altissimo e Sterpa (liberali) e per Del Pennino e Pellicanò (repubblicani) perché il loro intento fu giudicato «persecutorio» da tutto l'arco costituzionale.

 

Voi ricordate un'altra cosa: il caso di Gabriele Cagliari, quando lui promise la scarcerazione al detenuto e manager dell'Eni («Lei me l'ha messo in culo, io devo liberarla») ma poi cambiò idea senza neppure avvertire le difese e se ne andò in vacanza in Sicilia, e seguì suicidio. Ma questo deve ancora succedere. Dal raccapricciante episodio di quel fine maggio 1992, tuttavia, prese le distanze anche il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli.

FABIO DE PASQUALE

 

I FALSI CORSI CEE

L'odissea del 60enne Michele Colucci era cominciata il 4 maggio: la notizia del suo arresto l'aveva colto alla clinica Città di Milano dove l'avevano appena operato alla prostata: accusato di presunti «falsi corsi Cee» organizzati dalla Regione Lombardia, la sua convalescenza avrebbe dovuto seguire un certo decorso ospedaliero, ma De Pasquale non fu dello stesso avviso: ordinò che la degenza fosse interrotta e che entro il 14 del mese il detenuto fosse trasferito «in confino» nella sua abitazione di Ruino (provincia di Pavia) agli arresti domiciliari con obbligo di firma.

 

ANTONIO DI PIETRO PIERCAMILLO DAVIGO FRANCESCO GRECO GHERARDO COLOMBO - POOL MANI PULITE

Il confino (ex articolo 283) era una soluzione di norma adottata per i mafiosi. All'arrivo a Ruino trovò un nugolo di giornalisti e degli striscioni che lo bollavano come «ladro», mentre la strada era tappezzata da volantini della Lega stampati col refrain «Benvenuto Colucci, ladro».

 

In questo scenario si giunse alla sera del 28 maggio, giorno in cui fu improvvisato un «manette show» che costringerà il procuratore Borrelli a prendere dei provvedimenti.

 

IL MANETTE SHOW

Una telefonata agli avvocati di Colucci, Domenico Contestabile e Dino Bonzano, li avvertì che il loro cliente era stato prelevato da Ruino e lo stavano portando alla sede milanese della Guardia di Finanza di via Fabio Filzi, assieme a un gruppo di altri arrestati. A esser precisi, quattordici agenti avevano fatto irruzione nella casa di Colucci a mitragliette spianate.

GABRIELE CAGLIARI CRAXI

 

Era sera, e fuori dalla caserma si era già formato una sorta di happening dove in trepidante attesa c'erano amici degli arrestati, parenti, ovviamente giornalisti e fotografi e cameramen, curiosi, un vecchio clochard che cantava, il tutto con la via transennata e illuminata a giorno e circolazione di panini e birra.

 

Un cronista dell'Indipendente, Enrico Nascimbeni, si era portato la chitarra e intonava canzoni di Lucio Battisti. In mezzo alla folla spiccava un signore benvestito che pareva furibondo: era l'avvocato Bonzano, che l'invito allo show aveva ha ricevuto per ultimo: «Ancora una volta nel mirino degli inquirenti sono gli intrecci d'affari tra politici, amministratori e mondo imprenditoriale...», esordiva un comunicato diffuso dalla Guardia di Finanza. Sinché lo spettacolo ebbe a incominciare.

FABIO DE PASQUALE

 

IL COLLASSO

Di lontano s'intravidero le auto delle Fiamme Gialle che fecero la loro parte: rallentarono a una cinquantina di metri dal bivacco di gente, per dar modo alla stampa di prepararsi, e poi ripartirono a sirene spiegate senza neppure passare - come sarebbe stato normale - dal passo carraio, ma bloccandosi davanti alle scalinate dell'ingresso pedonale così che gli arrestati fossero costretti a sfilare uno ad uno: per i giornalisti, una manna.

 

E fu subito ressa: flash, spintoni, risse tra parenti e fotografi, le telecamere che scivolarono fin dentro la caserma, sin quando da un auto ecco scendere anche il Michele Colucci prelevato a Ruino, malfermo sulle gambe e trascinato a braccia nella calca. Dopo quel trambusto, una volta dentro, durante le operazioni di identificazione, Colucci crollò a terra secco.

San Vittore

 

Chiamarono un cardiologo, che diagnosticò un edema polmonare e dispose l'immediato ricovero. I finanzieri, imbarazzati, optarono per infermeria di San Vittore.

Pochi minuti dopo ancora sirene, ma era solo l'ambulanza che era venuta a prendere Colucci: ma neanche quella fu fatta passare dall'ingresso carraio, e Colucci a sua volta venne fatto ripassare in barella tra le forche caudine dei giornalisti.

 

LA BARELLA E LE TV

La ressa si strinse attorno a un corpo che venne fatto sfilare in barella coperto da un sudario e privo di sensi, e un cronista della Fininvest alzò addirittura il lenzuolo che copriva il volto per facilitare le riprese e demenzialmente infilò il microfono davanti alla maschera dell'ossigeno. Le immagini sarebbero state trasmesse l'indomani.

 

GHERARDO COLOMBO E ANTONIO DI PIETRO NEL 1992

«Tutto il regime in manette» titolerà L'Indipendente: su una macrofoto, raffigurante Colucci trascinato da due agenti, la scritta «Il vero volto dei partiti»; Avvenire - il giornale dei vescovi- pubblicherà direttamente le foto segnaletiche; il quotidiano pomeridiano La Notte proporrà un paginone di sole foto con didascalie ragionate.

 

COME UN MAFIOSO

Fabio de Pasquale dispose che Colucci non dovesse incontrare nessuno per sette giorni. Neppure i suoi legali. La salute di Colucci, tra continui interrogatori e trasferimenti dal carcere al Tribunale sempre ammanettato- non farà che peggiorare sinché i medici saranno costretti a disporne il ricovero in una struttura più attrezzata dell'infermeria del carcere.

 

Il 7 agosto i termini del trasferimento inclusero le seguenti raccomandazioni: manette dal carcere all'unità dell'ospedale Niguarda; piantonamento giorno e notte da parte di poliziotti in divisa, armati; vietato ricevere visite; il detenuto non può alzarsi dal letto; non può parlare con altri degenti e neanche con le guardie; non può andare in bagno senza l'autorizzazione di quest' ultime.

 

MANETTE

Nei fatti fu una detenzione, o anche peggio. Una relazione dell'Università di Milano non fu presa in considerazione, anche se spiegava che nel cranio di Colucci c'erano due ematomi che rischiavano, muovendosi, di schiacciare un'altra parte del cervello. Il 20 settembre Daniela Colucci, giornalista Rai e figlia di Michele, lanciò un appello: «In tutta la mia vita non avevo mai visto piangere mio padre, mentre da quattro mesi non l'ho più visto sorridere. Mi chiedo a cosa possa servire l'eventuale risarcimento quando questa detenzione mette a rischio il bene insopprimibile della vita. I mali che stanno distruggendo mio padre sono veri e dimostrati... Non chiediamo nient' altro se non la possibilità di salvarlo».

tribunale 2

 

Sempre agli arresti, mesi dopo giunse finalmente la data di un cosiddetto incidente probatorio che in Tribunale doveva far luce sulle reali condizioni di Colucci. Durò sette ore. De Pasquale sostenne con durezza che l'anziano socialista doveva tornare a San Vittore a basta. Il gip Fabio Paparella invece ritenne che le perizie non fossero acqua fresca e autorizzò perlomeno gli arresti domiciliari col permesso d'incontrare i conviventi: moglie e fratello.

 

La figlia, Daniela, ottenne il permesso di vederlo solo in dicembre. Alla madre residente in Puglia, ottantaseienne, venne concesso un permesso d'eccezione: telefonare.

Inquisito anche per violazione del finanziamento pubblico dei partiti, il 28 ottobre scaddero i sei mesi di carcerazione preventiva ma gliene rifilarono altri tre, in quanto- sostennero - poteva inquinare le prove. Non da solo, probabilmente: per alzarsi abbisognava di robusti infermieri.

tribunale 1

 

BUCO NELL'ACQUA

L'inchiesta sui falsi corsi Cee coinvolse in tutto 48 persone, ma undici mesi di indagine porteranno a escludere la responsabilità di 20 degli indagati iniziali: archiviazione. Il 28 gennaio 1999 la settima sezione del Tribunale assolse trentatré posizioni, tra le quali quelle dell'ex presidente regionale Giuseppe Giovenzana e gli ex assessori Giuseppe Adamoli, Claudio Bonfanti, Francesco Rivolta, Ugo Finetti, Maurizio Ricotti e Pietro Sarolli.

 

Assolto anche Serafino Generoso, ex assessore che, nel caso, raggiunse l'assoluzione numero quattro su quattro processi. Risulta che la posizione di Colucci per i reati di finanziamento illecito dei partiti sia stata stralciata per motivi di salute, e che sia finita in niente. Risulta che, per i corsi Cee, Michele Colucci sia stato assolto in Cassazione. E non abbiamo citato il caso del regista Giorgio Strehler, accusato di truffa e malversazione e assolto con formula piena l'anno prima di morire.

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