LA POLONIA METTE IL NASO NELLE OVAIE - DOPO AVER VIETATO L’ABORTO NEL 2021, ADESSO “SCHEDERÀ” LE DONNE INCINTE: SI TRATTA DI UN MODO PER MONITORARE I TENTATIVI DI ABORTIRE ALL’ESTERO O CLANDESTINAMENTE – IL GOVERNO SI È AFFRETTATO A PRECISARE CHE I DATI SARANNO ACCESSIBILI SOLO AI MEDICI, MA LA DECISIONE HA SCATENATO L’IRA DELLE FEMMINISTE CHE INVITANO A NON FIDARSI DELLE RASSICURAZIONI SULLA RISERVATEZZA - LA POSSIBILE CONSEGUENZA DEL “REGISTRO” È CHE MOLTE DONNE INCINTE EVITERANNO GLI…

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Irene Soave per il “Corriere della Sera”

 

Polonia proteste contro aborto 2 Polonia proteste contro aborto 2

La Polonia, dove da gennaio 2021 l'aborto è già vietato in quasi tutti i casi, registrerà le gravidanze. Così, paventano femministe e deputati di opposizione, saranno usati i dati personali che un decreto di venerdì del ministero della Salute impone ai medici di schedare. In un database centralizzato del ministero finiranno, per ogni cittadino, allergie, gruppo sanguigno, condizioni croniche.

E gravidanze. La previsione è che il governo polacco, ultraconservatore, intenda usare la «schedatura» per monitorare i tentativi di abortire all'estero o clandestinamente (lo fanno, si stima, in 4 mila al mese).

 

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Il portavoce del ministero della Salute, Wojciech Andrusiewicz, si è affrettato a dichiarare che i dati saranno accessibili solo ai medici - cioè non ad altri pubblici ufficiali - e che la «schedatura» serve solo a recepire una direttiva Ue. «Nessuno sta creando un registro delle gravidanze», ha ripetuto al tg nel weekend. Ma in un Paese che è già il più severo d'Europa in materia la «schedatura» ha il sapore di una nuova stretta sui diritti delle donne.

 

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A ottobre 2020 la Corte Costituzionale polacca ha definito incostituzionali anche gli aborti per gravi malformazioni del feto, che a quel punto erano già il 98% delle interruzioni di gravidanza praticate nel Paese, dopo altre leggi restrittive in materia. La sentenza è effettiva da gennaio 2021, e da allora interrompere una gravidanza è possibile solo se la madre è a rischio di vita, o se è frutto di stupro o incesto.

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L'attivista Marta Lempart, volto del movimento femminista polacco e leader del movimento Women's Strike, che dal 2016 anima le proteste di piazza sull'aborto in Polonia - proprio le proteste impedirono, nel 2016, l'approvazione di una legge simile a quella in vigore - dice ai media nazionali di «non fidarsi della promessa del governo di mantenere la riservatezza su quei dati»: lei stessa, quando aveva contratto il Covid nel 2020, aveva visto la notizia direttamente sulla tv di Stato.

 

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«Un partner scontento», ha denunciato, «può già informare la polizia che la propria compagna è incinta, e la polizia può interrogarla». La possibile conseguenza degli effetti di un «registro» è che molte donne incinte eviteranno gli ospedali pubblici: le più ricche, prosegue Lempart, potranno cercare cure private o andare all'estero; le più povere eviteranno i medici.

 

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Per abortire clandestinamente, in Polonia, oggi ci sono due modi: rivolgersi a ginecologi che operano nell'ombra, o a reti come WHW (Women Help Women) che spediscono dall'estero farmaci abortivi, offrendo assistenza via Skype. Le proteste non cessano e mobilitano folle che si erano viste solo dopo la caduta del comunismo.

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A gennaio di quest' anno, dopo la morte di una 37enne a cui i medici non avevano praticato un aborto nonostante evidenti complicanze, sono scese in piazza, di nuovo, in migliaia. Anche le rifugiate ucraine vittime di stupri di guerra, arrivando in Polonia, vengono accolte da psicologi antiabortisti. Interrompere una gravidanza, nel Paese più conservatore d'Europa, è impossibile anche per loro.

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