san vittore carcere carcerati alfonso bonafede francesco basentini

"TRATTATIVA" FOREVER - POSSIBILE CHE NESSUNO STIA INDAGANDO SU CIO’ CHE E' AVVENUTO NELLE CARCERI ITALIANE? - STRANE RIVOLTE CARCERARIE, MISTERIOSE CIRCOLARI MINISTERIALI, SOSPETTI LANCIATI COME SASSI IN TV. MA NESSUNA PROCURA INDAGA SULLO SCANDALO DELLE SCARCERAZIONI DEI DETENUTI MAFIOSI AVVENUTO SOTTO IL MINISTRO BONAFEDE - DALLO STATO DI EMERGENZA PASSANDO PER LA RIVOLTA, L’USCITA DEI BOSS E LE RIVELAZIONI DI NINO DI MATTEO: LA RICOSTRUZIONE DE “LA VERITÀ”

alfonso bonafede

Maurizio Tortorella per “la Verità”

 

Se la giustizia italiana fosse giusta, una Procura avrebbe già aperto un' inchiesta. E i magistrati starebbero scavando nello scandalo delle scarcerazioni dei detenuti mafiosi, avvenute sotto il guardasigilli Alfonso Bonafede. Il materiale per un' inchiesta, del resto, c' è tutto: strane rivolte carcerarie, misteriose circolari ministeriali, sospetti lanciati come sassi in tv...

 

bonafede

Sospettati non ce ne sono, ma il materiale alla base dell' indagine-che-non-c' è ha per lo meno la stessa forza di quello che una decina d' anni fa ha acceso il controverso processo palermitano sulla presunta «trattativa» tra Stato e mafia, oggi in Corte d' appello. In primo grado mafiosi, politici e uomini delle forze dell' ordine sono stati condannati per avere ordito un piano oscuro, indefinito in più passaggi: alleggerire il carcere duro per i boss di Cosa nostra, detenuti in base all' articolo 41 bis della legge sull' ordinamento penitenziario. Voluta dal ministro della Giustizia Claudio Martelli dopo la strage di Capaci del maggio 1992, costata la vita a Giovanni Falcone, quella norma impone ai capi mafiosi un duro regime di sorveglianza e l' impossibilità di comunicare con l' esterno.

di matteo bonafede

 

Secondo l'accusa, sostenuta dai pm antimafia palermitani raccolti attorno a Nino Di Matteo, tra il 1992 e il 1993 la presunta «trattativa» avrebbe visto da una parte i mafiosi, che minacciavano nuove bombe se il 41 bis non fosse stato attenuato, e dall' altra gli uomini dello Stato che facevano di tutto per evitarle.

 

Imbastito su elementi a volte fumosi o inconsistenti, il processo Trattativa ha monopolizzato per anni il dibattito giudiziario e condizionato la vita politica. Al confronto con gli elementi alla base quel processo, paradossalmente, la sequenza dei fatti di questo terribile 2020 è più concreta e coerente. Però nessuno, almeno che si sappia, sta indagando. Il problema, a pensar male, è forse che la vicenda non coinvolge attori di centrodestra.

alfonso bonafede francesco basentini 1

 

Tutto comincia il 31 gennaio, quando il governo di Giuseppe Conte delibera lo stato d' emergenza per coronavirus. Quel giorno, secondo il ministero della Giustizia retto dal grillino Bonafede, le prigioni hanno un preoccupante sovraccarico di detenuti: sono 60.971, contro una capienza «regolamentare» di 50.692 e una disponibilità effettiva di 47.000 posti. Le celle scoppiano, il rischio di contagio è grave. Che cosa fa il ministro?

 

nino di matteo alfonso bonafede

Nulla. Che cosa fa il capo del Dipartimento dell' amministrazione penitenziaria Francesco Basentini, il magistrato che Bonafede ha scelto per quell' incarico nel giugno 2018, poco dopo il suo insediamento? Niente. Per tutto febbraio, ministro e capo del Dap non agiscono. Il 18 di quel mese, Basentini spedisce alle 189 carceri italiane le «Linee programmatiche per il 2020»: su 12 pagine, due sono dedicate al tema «La sanità negli istituti penitenziari», ma le parole «epidemia», «coronavirus» o «Covid-19» non compaiono nemmeno di striscio. Possibile non si capisca che le prigioni scoppiano e che il virus inevitabilmente le coinvolgerà?

 

A fine febbraio i detenuti aumentano ancora: 61.230. Intanto l' onda della pandemia è montata, è uno tsunami. La paura del contagio si fa terrore, il malumore ribolle. Ai primi di marzo qualche protesta scoppia fuori dai cancelli. La risposta del ministero è così irrazionale da lasciare interdetti: vengono sospesi permessi-premio e visite dei familiari. Il risultato è inevitabile.

 

alfonso bonafede francesco basentini

Tra il 7 e il 9 marzo, in 26 prigioni, scoppia la più violenta rivolta degli ultimi 40 anni. Lascia 14 morti tra i detenuti (ufficialmente per overdose da metadone, rubato nelle infermerie), 50 agenti feriti, una settantina di evasi, danni per 35 milioni. C' è chi scrive che è tutto «organizzato», che c' è «una regia», ma anche quel tema stranamente evapora. Di certo i rivoltosi incontrano magistrati, ufficiali delle forze dell' ordine, e consegnano loro rivendicazioni e richieste.

 

La protesta finisce. Passano dieci giorni, e il 21 marzo ecco altre anomalie. Il Dap invia un' irrituale circolare ai direttori delle prigioni: chiede di comunicare «con solerzia all' autorità giudiziaria» i nomi dei detenuti in condizioni di salute ed età tali da esporli al rischio di contagio. Il risultato dell' indagine servirà «per le eventuali determinazioni di competenza» dei Tribunali di sorveglianza, cioè per le possibili scarcerazioni.

RIVOLTA IN CARCERE A BARI

 

Mistero nel mistero, a firmare la circolare non è Basentini, né un direttore subordinato, ma l' addetta stampa Assunta Borzacchiello. Nessuno ne ha mai capito il perché. Il vero mistero, comunque, è la circolare, che subito viene letta come la chiave per aprire le celle. Non per nulla, il documento specifica che, «oltre alla relazione sanitaria» di ogni detenuto a rischio, devono essere allegate altre informazioni, tra cui «la disponibilità di un domicilio». E difatti i ritorni a casa cominciano: in sordina, a decine.

 

rivolta al carcere santa maria maggiore di venezia

Piano piano, escono di cella 376 detenuti pericolosi. Lo scandalo esplode solo a metà aprile, quando i giudici di sorveglianza spediscono ai domiciliari una serie di «pezzi da 90», fino a quel momento reclusi al 41 bis. Personaggi come Francesco Bonura, boss di Cosa nostra condannato a 23 anni; o come Pasquale Zagaria, fratello di Michele e mente finanziaria del clan camorristico dei Casalesi, condannato a 20 anni. Lo segnalano alcuni giornali, tra cui La Verità, e la polemica si fa rovente. Si scopre che il Dap non ha fornito ai giudici soluzioni alternative per i boss, che non ha saputo cercare posti nelle «strutture sanitarie protette».

RIVOLTA AL CARCERE DI SAN VITTORE - DETENUTI SUL TETTO

 

Il Dipartimento ha perso tempo, ha perfino spedito e-mail agli indirizzi sbagliati. Un' inconcludenza mai vista prima, nella struttura. Basentini vacilla. A fine aprile il guardasigilli decide di sacrificarlo, e il capo del Dap si dimette.

 

Ma ai primi di maggio la polemica ha un ritorno di fiamma perché in tv Nino Di Matteo accusa Bonafede di avergli offerto e precipitosamente negato la guida del Dap che nel giugno 2018 ha poi affidato a Basentini. La rivelazione è quasi grottesca: due anni dopo la sua mancata nomina, Di Matteo - che, ricordiamolo, è uno dei pm del processo «Trattativa» - ipotizza che il ministro abbia fatto retromarcia sul suo nome per le proteste di «importantissimi boss mafiosi detenuti», preoccupati che il suo arrivo al Dap potesse produrre una stretta del 41 bis.

 

gaspare mutolo

A quel punto, mentre l' opposizione chiede le sue dimissioni, l' imbarazzatissimo Bonafede vara due decreti in pochi giorni: il primo subordina le scarcerazioni dei boss al Sì delle Procure antimafia; il secondo impone ai Tribunali di sorveglianza di verificare di continuo la salute dei boss trasferiti a casa. Intanto, nel silenzio di tutta la stampa italiana, La Verità riporta la sconcertante denuncia del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo. L' ex boss di Cosa nostra, che si è pentito con Falcone nel 1992 e da 28 anni viene ritenuto affidabile, dice che le scarcerazioni dei boss «fanno parte della Trattativa tra Stato e mafia, che non è mai finita», e aggiunge che «è inutile che adesso il ministro annunci in pompa magna che li fa tornare in carcere: ormai sono fuori, i buoi sono scappati dal recinto». Anche il suo j' accuse cade nel vuoto.

 

la parente di un detenuto sulla macchina della polizia davanti a san vittore

L' ultimo capitolo della storia riguarda la visita che Basentini ha fatto a Michele Zagaria, boss dei Casalesi recluso al 41 bis nel carcere dell' Aquila. Secondo quanto rivela oggi un cronista napoletano esperto di camorra, Paolo Chiariello, nel novembre 2018 il capo del Dap sarebbe entrato nella cella di Zagaria con il direttore della prigione e con una terza persona. Incontrare i detenuti è tra le facoltà del capo del Dipartimento. Intercettato poco dopo, però, il boss confida a un compagno di cella di aver parlato con «uomini delle istituzioni», che gli hanno fatto capire che il suo 41 bis non si può allentare solo per l' opposizione della Procura di Napoli. Se l' avesse saputo Di Matteo, una decina d' anni fa, chissà quali indagini ci avrebbe imbastito.

arresto di michele zagaria 3

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)

2025agnoletti

CAFONAL ''AGNOLETTI & TORTELLONI'' – AL CIRCOLO CANOTTIERI ANIENE, PER IL PARTY DI “JUMP COMUNICAZIONE” DI MARCO AGNOLETTI, EX PORTAVOCE DI RENZI, E "SOCIAL COM" DI LUCA FERLAINO, UNA MARIA ELENA BOSCHI IN MODALITA' PIN-UP SI PRESENTA CON LA SUA NUOVA FIAMMA, L'AVVOCATO ROBERTO VACCARELLA, CHE QUI È DI CASA (SUA SORELLA ELENA È LA COMPAGNA DI MALAGÒ, GRAN VISIR DEL CIRCOLO DELLA “ROMA BENISSIMO”) – UN GRAN MISCHIONE ALLA ROMANA DI DESTRA E SINISTRA E TIPINI INTERMEDI HA BRINDATO AL NATALE, STARRING: LUCIO PRESTA, PEPPE PROVENZANO, ANTONELLA GIULI, FITTIPALDI, ALESSIA MORANI, FAUSTO BRIZZI, PAOLO CORSINI, NELLO MUSUMECI, SIMONA SALA, ALBERTO MATANO, SALVO SOTTILE, MYRTA MERLINO E MARCO TARDELLI, MICHELA DI BIASE, ITALO BOCCHINO, LAURA TECCE CON VESTITUCCIO SBRILLUCCICANTE CHE NON AVREBBE SFIGURATO AL MOULIN ROUGE, GIORGIA CARDINALETTI IN LOVE... 

alfredo mantovano papa leone xiv italia agenti servizi segreti

OGGI ALLE 11 ALFREDO MANTOVANO E I VERTICI DELL’INTELLIGENCE ITALIANA SONO STATI RICEVUTI IN UDIENZA DA PAPA LEONE XIV, A CITTÀ DEL VATICANO – SARANNO PRESENTI I COMPONENTI COPASIR, IL DIRETTORE GENERALE DEL DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA (DIS), VITTORIO RIZZI, I DIRETTORI DELLE AGENZIE INFORMAZIONI E SICUREZZA ESTERNA (AISE), GIOVANNI CARAVELLI, E INTERNA (AISI), BRUNO VALENSISE. È LA PRIMA VOLTA DI UN PAPA TRA GLI SPIONI (DI CERTO NON E' LA PRIMA VOLTA DI SPIE INTORNO A UN PAPA...) - PREVOST: "MAI USARE INFORMAZIONI PER RICATTARE" (SI VEDE CHE L'INTELLIGENCE NON È IL SUO FORTE)

brunello cucinelli giorgia meloni mario draghi massimiliano di lorenzo giuseppe tornatore nicola piovani

DAGOREPORT - L’AUTO-SANTIFICAZIONE DI BRUNELLO CUCINELLI È COSTATA CARA, NON SOLO AL “SARTO CESAREO” DEL CACHEMIRE, MA ANCHE ALLE CASSE DELLO STATO - IL CICLOPICO DOCU-FILM “IL VISIONARIO GARBATO”, DIRETTO DAL PREMIO OSCAR GIUSEPPE TORNATORE E BATTEZZATO CON TANTO DI PARTY ULTRACAFONAL IN UNO STUDIO DI CINECITTÀ ALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI, È COSTATO LA SOMMETTA DI 9.987.725 MILIONI DI EURO. DI QUESTI, I CONTRIBUTI RICEVUTI DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON IL MECCANISMO DEL TAX CREDIT RAGGIUNGONO LA CIFRA DI 3.955.090 MILIONI - DA PARTE SUA, PEPPUCCIO TORNATORE AVREBBE INTASCATO 2 MILIONI PER LA REGIA E 500 MILA PER SOGGETTO E SCENEGGIATURA – A PRODURLO, OLTRE A BRUNELLO STESSO, LA MASI FILM DI MASSIMILIANO DI LUDOVICO, CHE IN PASSATO HA LAVORATO SPESSO CON IL PRODUTTORE MARCO PEROTTI, COINVOLTO NEL CASO KAUFMANN (FU LUI A INOLTRARE LA DOMANDA DI TAX CREDIT PER IL FILM “STELLE DELLA NOTTE” DEL FINTO REGISTA-KILLER) - IL MONUMENTO A SE STESSO GIUNGE AL MOMENTO GIUSTO: DUE MESI FA, UN REPORT DI ''MORPHEUS RESEARCH'' ACCUSO' L'AZIENDA DI CUCINELLI DI VIOLARE LE SANZIONI UE ALLA RUSSIA…

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin valery zaluzhny

DAGOREPORT - ZELENSKY, FINITO NELLA TENAGLIA PUTIN-TRUMP E SOSTENUTO SOLO PARZIALMENTE DA UNA UNIONE EUROPEA BALCANIZZATA, CERCA LA MOSSA DEL CAVALLO PER SPARIGLIARE LE CARTE E SALVARE IL SALVABILE: PORTARE L’UCRAINA A ELEZIONI NEL GIRO DI 2-3 MESI. SAREBBE UNA VITTORIA DI PUTIN, CHE HA SEMPRE CHIESTO DI RIMUOVERE IL PRESIDENTE (DEFINITO “DROGATO”, “TOSSICOMANE”, “MENDICANTE”). IN CAMBIO “MAD VLAD” DOVREBBE ACCONSENTIRE A UNA TREGUA PER PERMETTERE IL VOTO, SOTTO ATTENTO CONTROLLO DEGLI OSSERVATORI OCSE – IN POLE POSITION L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE, VALERY ZALUZHNY. MA SIAMO SICURI CHE UN INTEGERRIMO GENERALE COME LUI SIA DISPOSTO A METTERE LA FACCIA SULLA RESA?