"ZI' LELLO", LA LATITANZA FINISCE QUI - ARRESTATO A DUBAI RAFFAELE IMPERIALE, IL 46ENNE CEO DELLA “CAMORRA SPA”: CONSIDERATO IL PRINCIPALE NARCOTRAFFICANTE AL SERVIZIO DI MOLTI CLAN, SPECIALIZZATO NEL RICICLAGGIO DI DENARO, HA UNA PASSIONE PER L’ARTE, TANTO CHE A CASA AVEVA DUE VAN GOGH RUBATI – ANCHE GRAZIE A LUI GLI SCISSIONISTI SONO RIUSCITI A DEMOLIRE L’IMPERO DEI DI LAURO MENTRE MANTENEVA CONTATTI CON I BOSS DI MEZZO MONDO...

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Antonio E. Piedimonte per “la Stampa”

 

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Preso a Dubai il ceo della camorra spa. La notizia dell'arresto di Raffaele Imperiale, che risale a diversi giorni fa ma è trapelata solo ieri, ha messo a soqquadro gli ambienti criminali di mezzo mondo, dalla Colombia all'Olanda passando per il Cile, la Spagna e ovviamente l'Italia. Nonostante i risibili soprannomi - «O cumpagno», «Lelluccio Ferrarelle», «Zi' Lello» - l'uomo, 46 anni a ottobre, era una sorta di «ad» di una delle grandi holding mafiose europee.

 

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Unanimemente considerato il principale narcotrafficante al servizio di molti clan della camorra (in sinergia con le 'ndrine calabresi), specializzato anche nel riciclaggio di denaro. La sintesi migliore l'ha offerta un pentito: «È lui che gestisce tutto, lui è la mente». Figura apicale e personaggio fuori dal comune, amante dell'arte al punto da comprare due Van Gogh rubati; e anche degli animali, per un suo pastore tedesco fece venire dagli Usa un addestratore molto apprezzato dai vip sborsando 100mila euro.

 

Il numero uno dei supermanager del crimine organizzato era da tempo nel mirino di tutte le polizie d'Occidente - compresa la Dea statunitense, l'Interpol e l'Europol - sia per la sua straordinaria capacità di mantenere un profilo basso ai limiti dell'invisibilità (solo un paio di foto ne mostrano le fattezze) sia per le sue capacità professionali, a cominciare dalle «triangolazioni» che garantivano il regolare approvvigionamento della droga dalla Colombia a Scampia, passando per la Spagna (centro di smistamento), Paese dove si stabilì (lo chiamavano «Rafael Empire») e dove ebbe modo di investire fiumi di denaro in ristoranti e società insieme ai suoi soci napoletani, cioè le famiglie del cartello degli Scissionisti che anche grazie a lui riusciranno a demolire l'impero dei Di Lauro.

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Un debito di gratitudine che i camorristi condividono con gli altri «amici» di Imperiale: il boss irlandese Daniel Kinahan (che organizzerà il proprio matrimonio negli Emirati), il padrino cileno Richard Riquelme Vega (in galera dal 2017 ma ancora in servizio), i feroci capi del «Cartello del Golfo» colombiano e la famiglia calabrese 'ndranghetista dei Mammoliti (attiva tra la Piana di Gioia Tauro, la Val d'Aosta e la Germania).

 

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E soprattutto il potente boss olandese-marocchino Ridouan Taghi (estradato nel 2019 proprio da Dubai), coinvolto nell'omicidio del giornalista investigativo Peter de Vries, massacrato con 5 colpi di pistola un mese fa ad Amsterdam a pochi passi dalla sua redazione. Per una singolare coincidenza l'Olanda riveste un ruolo speciale nella storia di Imperiale, la cui scarna biografia dice che è nato a Castellammare di Stabia nel 1974, figlio di un ricco costruttore che per hobby acquista la locale squadra di calcio. Da bambino è rapito ma poi riesce a scappare, un episodio rimasto avvolto nel mistero. Da ragazzo cerca di trovare la sua strada, per un periodo lavora nel campo della diffusione dell'acqua minerale (da lì uno dei soprannomi), poi la svolta, nel 1996, ad Amsterdam, quando eredita dal fratello un coffee shop. Il giovane si lancia nel ricco mercato della droga.

 

i van gogh comprati da raffaele imperiale i van gogh comprati da raffaele imperiale

E incontra la persona giusta, Rick Van de Bunt, e finché non sarà ucciso (a Madrid nel 2008) sarà il suo punto di riferimento, facendolo entrare in contatto con i narcos sudamericani. Ora può attivare le sue «dirette», ovvero le spedizioni senza intermediari: il grande salto è fatto. Zì Lello si rende invisibile ma senza perdere i contatti, né con i ras colombiani né con i rappresentanti di grandi banche e dell'alta finanza.

 

Ci vorranno quasi 10 anni e un pentito per consentire agli investigatori di indicarlo come uno dei massimi signori della droga. Arriva la prima condanna: 18 anni poi ridotti grazie alla restituzione dei Van Gogh trovati (nascosti) in una sua villa nello Stabiese, 2 quadri che, come terrà a precisare, gli erano costati 100 milioni di dollari (anche se la vicenda conserva dei punti oscuri). Sempre braccato, il manager dei boss è infine costretto a trasferirsi a Dubai con la famiglia, decide di sacrificarsi e si rassegna alle ristrettezze delle super suite del grande albergo «Burj Al Arab» (quello a forma di vela), risicato rifugio da 30mila dollari a notte.

 

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In seguito, con i soci napoletani, acquista diversi appartamenti (dove portare le collezioni d'arte) nella stessa Dubai che anche per questo è entrata suo malgrado nel novero dei paradisi delle mafie. Ora però, con l'operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotta dal Gico e dalla Mobile, la straordinaria carriera della «mente» sembra davvero finita. «Un risultato eccellente», ha commentato la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese. Un successo che si aggiunge al recente arresto della «regina nera» Maria Licciardi, e che fa entrare il 2021 nei libri di storia della lotta alla camorra.

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