macron

LA RIVOLTA DEI GILET GIALLI E LE RESPONSABILITA’ DI MACRON – NON E’ IL ’68 MA LA BATTAGLIA DEI PERDENTI DELLA GLOBALIZZAZIONE – SECONDO I SONDAGGI, IL 75% DEI FRANCESI APPROVA LA PROTESTA. A UN ANNO DALLA SUA ELEZIONE ‘LE PRESIDENT’ HA DILAPIDATO IL CONSENSO INIZIALE – INTANTO L’ELISEO COMUNICA CHE L'AUMENTO DELLE TASSE SUL CARBURANTE È ANNULLATO PER TUTTO L'ANNO 2019

1 - NON È IL '68 MA LA BATTAGLIA DEGLI INVISIBILI

Stenio Solinas per “il Giornale”

 

parigi gilet gialli

Cinquant' anni dopo il Joli Mai che incarnò il Sessantotto, la Francia si ritrova a fare i conti con una contestazione di novembre dal sapore acre dell' insurrezione non dichiarata, ma praticata. Non c' è la rabbia e insieme la goliardia studentesca, non ci sono le pure e semplici rivendicazioni salariali, ma qualcosa di più profondo e inedito, che non parte dal centro parigino, ma dalle periferie dell'Hexagone, che ha a che fare con una crisi (...) (...) di rappresentanza politica e un malessere socio-identitario trasversale: piccoli commercianti e imprenditori, agricoltori e operai, giovani e anziani, i cosiddetti perdenti della globalizzazione che non ci stanno a essere condannati all' invisibilità sociale. I gilet jaune indossati come simbolo vogliono dire proprio questo: sono fermo sulla strada per un guasto, ma esisto, non mi si può investire impunemente.

parigi gilet gialli

 

È significativo che un loro collettivo abbia chiesto l'apertura degli «Stati generali della fiscalità». Le parole, si sa, hanno un senso e in Francia poi pesano come pietre quando rimandano alla sua storia nazionale. Gli Stati generali del 1789 diedero il via alla Rivoluzione e segnarono la fine dell' Ancien Régime, raccontano l' eguaglianza di fronte allo Stato, la scomparsa dei privilegi.

 

donald trump ed emmanuel macron

Due secoli dopo, Emmanuel Macron corre il rischio di ritrovarsi nei panni di un Luigi XVI complice e vittima di una corte tecnocratica ignara, come quell' aristocrazia che l'ha preceduta, di quali siano i reali bisogni dei suoi cittadini-sudditi. Conferenza sociale nazionale, dibattito regionale sui problemi della mobilità e del territorio, adozione dello scrutinio proporzionale per le elezioni legislative, aumento dello Smig, il salario minimo garantito, questi alcuni dei temi posti sul tappeto dal collettivo: come si vede, non è una pura e semplice questione di qualche centesimo in più sul prezzo della benzina.

Chi se la prende, deprecandola, con «l' ondata populista» dimostra una miopia politica sconfortante.

 

parigi gilet gialli

Stando ai sondaggi, il 75 per cento dei francesi approva la protesta e a un anno dalla sua elezione il quarantenne presidente della Repubblica ha dilapidato quel consenso iniziale che in fondo non era altro se non un' apertura di credito verso una politica riformista nei confronti dei ceti più deboli che impedisse il salto nel buio di una radicalizzazione troppo violenta. Per tutta risposta, Macron ha soppresso l' imposta sulle grandi fortune, ha aumentato il costo del carburante in nome dell' emergenza ecologica, è entrato in rotta di collisione con il pubblico impiego, il mondo della scuola, quello dei trasporti, ha visto il suo esecutivo sfarinarsi a colpi di dimissioni.

 

parigi gilet gialli

La Francia periferica non è il sud o il mezzogiorno del Paese, non ha cioè a che fare con una regione eternamente in ritardo quanto a sviluppo economico. È periferica rispetto alle metropoli, lì dove il ceto medio-alto globalizzato gira in bicicletta, ma ha il Suv per andare nella casa in campagna, predica l'accoglienza dei migranti, ma non la pratica, delocalizza le fabbriche mentre mangia cibo fusion, si sente cittadino del mondo e però si compiace dei prodotti costosi a chilometro zero, un tempo prodotti normali di una filiera alimentare.

 

Dietro i gilet jaune, insomma, c'è una maggioranza ferita, ma non rassegnata, la maggioranza di chi ha fatto grande un Paese con il suo lavoro e non ci sta a essere messa da parte, a vedere considerato il proprio stile di vita obsoleto, non più al passo con la modernità, reazionario. Non lo vuole modificare proprio perché è il suo, gli è costato lacrime e sangue, è parte integrante di un sistema di idee e di valori. È popolo contro élite, un' élite però che non conosce più il suo popolo e insieme pensa di poterne fare a meno, confondendo il gusto sano del pane con il profumo-contentino delle brioche. Si sa com' è andata a finire.

parigi gilet gialli

 

2 - I GILET GIALLI SONO IL FRUTTO DI MACRON

Francesco Saraceno per il “Fatto quotidiano”

macron-baguette-2

 

La rivolta dei Gilet gialli è esplosa a causa degli aumenti del prezzo del carburante, che hanno colpito in particolare le famiglie rurali e gli agricoltori; ma il malessere ha radici più profonde e diffuse, nella società francese. L’economia sente, dopo dieci anni, tutto il peso di una crisi che ha colpito le classi medie e inferiori.

 

PARIGI GILET GIALLI

La disoccupazione che ha tardato a ridursi (costando la rielezione a François Hollande); l' austerità che, sia pure meno marcata che nei Paesi della "periferia" della zona euro, ha ridotto perimetro e copertura dei servizi pubblici; e infine, la riduzione delle allocazioni familiari e del welfare che ha colpito le categorie più disagiate. Tutto questo ha condotto a quella che Julia Cagé ha chiamato "la crisi del potere d' acquisto", che ha a lungo covato prima di esplodere in occasione dell' ultima legge di Bilancio.

 

Emmanuel Macron ha un'enorme responsabilità per l' infiammarsi della crisi. A sua difesa si potrebbe notare che l'aumento del carico fiscale è dovuto soprattutto a Hollande (sotto l'impulso di un ambizioso sottosegretario, e poi ministro dell' Economia, di nome Emmanuel Macron).

Macron

 

Anzi, con la legge di Bilancio per il 2019 il trend è invertito, visto che la riduzione di alcune imposte (in particolare la soppressione dell' Imu per la maggioranza delle famiglie, e la flat tax sui redditi da capitale) ha più che compensato la riduzione delle prestazioni sociali. Perché, allora, il malcontento esplode proprio adesso? La spiegazione sta nell' orientamento di politica economica perseguito fin dall' inizio dal presidente francese.

Come Donald Trump, Macron crede nella teoria dello "sgocciolamento": ridurre il carico fiscale per i ricchi rilancerebbe la crescita, perché questi sarebbero produttivi e investirebbero il maggiore reddito in attività innovative.

 

PARIGI GILET GIALLI

I frutti della maggiore crescita poi andrebbero a beneficio di tutti. Macron ha cercato quindi di dare della Francia un' immagine pro-business, riducendo drasticamente le tasse sui più ricchi e rendendo l' imposizione fiscale, per la parte alta della distribuzione, regressiva. L'ultima legge di Bilancio ne è la manifestazione più evidente.

 

L'Istituto per le Politiche pubbliche ha mostrato che, pur in presenza di una riduzione complessiva del carico fiscale, il 20% più povero e la classe medio-superiore vedono la propria posizione peggiorare, le classi medie hanno un modesto miglioramento, mentre la maggior parte dei benefici vanno all' 1 per cento più ricco (con i ricchissimi che vedono il loro potere d' acquisto aumentare del 20 per cento).

 

MACRON TRA I SOLDATI

Il problema è che, anni di ricerche lo provano, la teoria dello sgocciolamento non funziona: favorire i più ricchi non porta più crescita. I manifestanti in questi giorni ce lo ricordano. La necessità di mettere la fiscalità al servizio della transizione ecologica avrebbe probabilmente ricevuto ben altra accoglienza in una società come quella francese, in cui la sensibilità ecologista è radicata, se non fosse stata accompagnata dal sentimento di crescente ingiustizia sociale.

 

La stampa ha dato del movimento una visione distorta: un gruppo di ricercatori di Tolosa ha mostrato, tramite l' analisi lessicografica di migliaia di documenti, come si sia affermata una narrazione che privilegia la ribellione fiscale, la rivolta contro le tasse, in contraddizione con la richiesta di servizi pubblici migliori. Secondo i ricercatori, invece, dai social legati al movimento emerge una prevalenza di temi legati all' ingiustizia sociale, alla rabbia verso le élite che si arricchiscono e lasciano il conto da pagare agli altri; una richiesta di società più coesa e solidale.

 

macron davos

Il movimento ha ottenuto una parziale vittoria, con il congelamento della tassa sul diesel. Ma è improbabile che si assista a un cambiamento radicale di politica economica. La domanda di giustizia sociale che emerge dal movimento dei Gilet gialli, quindi, rimarrà inevasa, lasciando intatta la tensione che percorre la società francese (e non solo). Occorrerebbe, per rispondere a queste esigenze, una proposta politica che mettesse al centro la redistribuzione delle risorse in un mondo globalizzato e ritrovare quello Stato regolatore che negli anni d' oro della socialdemocrazia (e della destra sociale) garantiva stabilità e poneva le basi per l' investimento, l'innovazione e la crescita.

PARIGI GILET GIALLIgilet gialli 9gilet gialli 8

 

Quel ruolo è più difficile da definire in un mondo globalizzato in cui i singoli Stati hanno margini di manovra ristretti, e in cui quindi la cooperazione internazionale, per quanto difficile, è ormai l' unica via percorribile. Ma non si può evitare questa sfida, se non si vuole che movimenti come quello dei Gilet gialli finiscano preda del qualunquismo o di tentazioni sovraniste.

theresa may e macron 6macronselfie may macronMACRON TRA I SOLDATI

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...