L’ERGASTOLO “VIOLA” I DIRITTI UMANI? - SE OGGI LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO DOVESSE RESPINGERE IL RICORSO DELL'ITALIA SUL CASO MARCELLO VIOLA 957 CRIMINALI (MAFIOSI, EX BRIGATISTI, MA ANCHE CONDANNATI PER TRAFFICO DI DROGA) POTREBBERO USCIRE E LA LOTTA ALLA MAFIA E AL TERRORISMO VERREBBE DEPOTENZIATA

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Claudia Guasco per “il Messaggero”

 

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Al momento sono 957 i detenuti in regime di ergastolo ostativo. Mafiosi, ex brigatisti, ma anche condannati per traffico di droga, prostituzione minorile, pedopornografia. Se oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) dovesse respingere il ricorso dell'Italia contro la sentenza del 13 giugno 2019 con cui i giudici di Strasburgo hanno dato ragione al boss Marcello Viola - affermando che l'ergastolo ostativo sia contrario all'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani che vieta la tortura, i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti - la lotta alla mafia e al terrorismo verrebbe depotenziata. «L'Europa continua a mostrare indifferenza per le mafie, salvo poi sdegnarsi per stragi al di fuori dei confini italiani come Duisburg», è l'attacco del presidente della commissione Antimafia Nicola Morra.

 

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DELEGITTIMAZIONE

«Si dovrebbe lavorare affinché la nostra legislazione antimafia venga recepita da altri ordinamenti nazionali in attesa di una normativa europea contro la mafia. Invece la Cedu vuole impedire che l'ergastolo, senza possibilità di alcun alleggerimento, di alcun beneficio, di alcuno sconto di pena, possa indurre mafiosi ad accettare la possibilità di collaborare con lo Stato, diventando fonti informative importanti per sconfiggere i sodalizi mafiosi». Il timore concreto, sottolinea Morra, è che bocciando l'ergastolo ostativo «si delegittimi il 41 bis, che è un regime carcerario che impedisce al detenuto di continuare a relazionarsi con l'organizzazione di cui era parte». Insomma, per il presidente della Commissione antimafia bocciare l'ergastolo ostativo «sarebbe un colpo anche alla memoria di Falcone e Borsellino».

 

 

Intanto le prime conseguenze della sentenza di giugno si sono già verificate: altri dodici condannati hanno depositato il loro ricorso davanti alla Corte europea, sullo stampo di quello di Viola, mentre 250 ergastolani hanno presentato ricorso al Comitato delle Nazioni unite. Se l'azione dell'Italia venisse respinta, sarebbe un terremoto per l'intero sistema: dovranno essere risarciti tutti i detenuti che ne faranno richiesta e ripensato il sistema del 41 bis, regime di carcere duro approvato nell'ambito della legge Gozzini il 10 ottobre 1986 e più volte criticato dalla Corte di Strasburgo.

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Oggi sono 1.150 i collaboratori di giustizia e 4.592 i soggetti (compresi i familiari) sotto protezione, tra il 2017 e il 2018 sono stati 111 i membri di associazioni mafiose e 7 i testimoni che hanno scelto di collaborare. Per sperare di ottenere qualsiasi tipo di beneficio, dai permessi al lavoro esterno, i condannati devono non solo dimostrare di essersi incamminati sulla strada della riabilitazione, ma anche di aver tagliato i ponti con gli ambienti criminali di riferimento e collaborare fattivamente con la giustizia.

 

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Per la Cedu ciò costituisce un «trattamento inumano ai sensi dell'art. 3», mentre la Consulta si è più volte pronunciata sul tema ribadendo la costituzionalità ma aprendo la strada a una rivisitazione, tant'è che vi sono stati casi di detenuti che hanno ottenuto la liberazione condizionale per effetto di un percorso rieducativo virtuoso. Adesso però la Corte europea potrebbe forzare la mano e per questo il governo italiano ha presentato il ricorso alla Grande Camera ricordando come il fenomeno mafioso sia la principale minaccia alla sicurezza non solo italiana, ma anche europea e internazionale.

 

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