huawei george w. bush

SPIONAGGIO, QUESTO CONOSCIUTO - IL GENERALE RAPETTO RACCONTA LA STORIA DELLE SCORRIBANDE DI SPIONAGGIO INDUSTRIALE DI HUAWEI IN USA: “COMINCIA NEL 2003, QUANDO ALLA CASA BIANCA ABITAVA GEORGE W. BUSH JR. E NESSUNO IPOTIZZAVA COMPLOTTI ECONOMICO-FINANZIARI” – LA SENTENZA DI QUELL’ANNO IN TEXAS E LE AMMISSIONI DEI CINESI DI AVER VIOLATO CINQUE BREVETTI...

 

 

Umberto Rapetto per www.infosec.news

 

LA GUERRA DI DONALD TRUMP A HUAWEI

Non mi si venga a raccontare che la guerra a Huawei è un capriccio del Presidente Trump. E nemmeno si pensi che io creda all’innocenza del colosso cinese, quasi la storia dello spionaggio industriale fosse una recente boutade per azzoppare un pericoloso produttore concorrente.

xi jinping con il ceo di huawei ren zhengfei

 

Tutti parlano (e molti si impegnano per farlo a vanvera) della grande azienda di Shenzen senza conoscere una serie di precedenti storici che potrebbero consentire una più serena lettura dei recenti eventi del braccio di ferro tra Stati Uniti e Repubblica Popolare.

 

UMBERTO RAPETTO

Chi si è svegliato ieri esperto di cyber security (come Alberto Sordi nel film “Troppo forte” un giorno medico, quello dopo avvocato e quindi ballerino classico…) probabilmente non conosce qualche antefatto che può risultare quanto meno suggestivo. La storia delle scorribande di spionaggio industriale di Huawei e della sua Futurewei, che ha sede a Santa Clara in California, comincia nel 2003.

george w bush

 

La collocazione temporale è sufficiente per dichiarare per obiettive e insindacabili questioni cronologiche l’estraneità sia di Donald Trump sia di Barack Obama. La vicenda primigenia, infatti, ha avuto luogo quando alla Casa Bianca abitava George W. Bush jr. e nessuno ipotizzava complotti economico-finanziari.

 

huawei a shenzhen 1

L’ormai storica causa presso la Corte di Giustizia per il Distretto orientale del Texas per violazione di segreti produttivi e di opere dell’ingegno tutelate dal diritto è etichettata “266 F. Supp. 2d 551” e chi vuole approfondire la questione senza pregiudizi di sorta ne può leggere le carte.

 

huawei a shenzhen

Chi reputa la vicenda infondata, può invece dare un’occhiata ad un articolo di marzo 2003 uscito sul Wall Street Journal, in cui si legge (ma lo si trova anche altrove) che il colosso cinese avrebbe ammesso di aver copiato “un pochino”… Quel “cicinino” che sarebbe stato sottratto si tradurrebbe nella violazione di cinque brevetti di Cisco e nella copia abusiva del codice sorgente dell’Internetwork Operating System (IOS) sempre di proprietà della azienda americana.

 

huawei

In aula la società di Shenzen ha ammesso che un dipendente (naturalmente impossibile da identificarsi) avrebbe “inavvertitamente” inserito nel software VRP trentamila righe di codice (poche ma magari fondamentali nel milione e mezzo di quelle complessive) scopiazzate dal programma dell’impresa statunitense. Il maltolto era stato memorizzato su un disco che è ripetutamente passato di mano in mano da un dipendente ad un altro, rendendo impraticabile qualsivoglia ricostruzione dell’accaduto e ancor meno l’auspicata individuazione delle responsabilità.

george w. bush 2001:2008

 

Tralasciando questioni ataviche e querelle che ormai hanno quasi raggiunto la maggiore età, vale la pena segnalare che Huawei (in compagnia dell’altra realtà cinese ZTE) ha appena ricevuto un’altra pesante “mazzata” (termine d’obbligo vista l’identità del giudice che l’ha sferrata).

 

george w bush

Amos Mazzant, questo il nome del magistrato, martedì 18 ha dichiarato l’infondatezza del ricorso presentato da Huawei e con cui si rappresentava l’incostituzionalità della messa al bando. Il provvedimento (qui disponibile per chi ha giustamente il vizio di conoscere le fonti e di sincerarsi dell’attendibilità di quel che si racconta) è la risposta all’azione legale di Huawei che aveva considerato lesivo dei diritti fondamentali il provvedimento normativo che vieta la vendita dei suoi apparati all’Amministrazione pubblica USA. Il giudice ha ritenuto che la presunta penalizzazione era da intendersi invece come legittimo limite commerciale ancorato ad insormontabili problematiche di sicurezza nazionale.

zte huawei

 

Come Berlusconi rappresentava l’aggressività della Procura milanese nei suoi confronti, qualche tifoso del produttore cinese potrebbe richiamare l’attenzione dicendo che anche stavolta è lo stesso Tribunale del Texas ad occuparsi delle faccende in questione.

 

Ad ogni buon conto, secondo Mazzant, la legislazione americana ha lasciato a Huawei molte altre opportunità come quella di vendere i propri dispositivi a soggetti privati negli Stati Uniti, nonché a migliaia di potenziali clienti, pubblici e privati, in ogni angolo del mondo.

 

george w bush

Comunque la si pensi, le forniture per infrastrutture e servizi strategici non possono essere affidati a interlocutori su cui non veleggino dubbi di qualsiasi sorta. Ripescando lo slogan di una importante industria casearia italiana, serve trovare qualcuno il cui nome “vuol dire fiducia”. Perché come diceva il Carosello “la fiducia è una cosa seria che si dà alle cose serie”.

IL CASO GOOGLE HUAWEI BY OSHO

 

Ultimi Dagoreport

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA") 

salvini calenda meloni vannacci

DAGOREPORT – LA ''SUGGESTIONE'' DI GIORGIA MELONI SI CHIAMA “SALVIN-EXIT”, ORMAI DIVENTATO IL SUO NEMICO PIU' INTIMO A TEMPO PIENO - IN VISTA DELLE POLITICHE DEL 2027, SOGNA DI LIBERARSI DI CIO' CHE E' RIMASTO DI UNA LEGA ANTI-EU E VANNACCIZZATA PER IMBARCARE AL SUO POSTO AZIONE DI CARLO CALENDA, ORMAI STABILE E FEDELE “FIANCHEGGIATORE” DI PALAZZO CHIGI - IL CAMBIO DI PARTNER PERMETTEREBBE DI ''DEMOCRISTIANIZZARE" FINALMENTE IL GOVERNO MELONI A BRUXELLES, ENTRARE NEL PPE E NELLA STANZA DEI BOTTONI DEL POTERE EUROPEO (POSTI E FINANZIAMENTI) - PRIMA DI BUTTARE FUORI SALVINI, I VOTI DELLE REGIONALI IN VENETO SARANNO DIRIMENTI PER MISURARE IL REALE CONSENSO DELLA LEGA - SE SALVINI DIVENTASSE IRRILEVANTE, ENTRA CALENDA E VIA A ELEZIONI ANTICIPATE NEL 2026, PRENDENDO IN CONTROPIEDE, UN'OPPOSIZIONE CHE SARA' ANCORA A FARSI LA GUERRA SUL CAMPOLARGO - LA NUOVA COALIZIONE DI GOVERNO IN MODALITÀ DEMOCRISTIANA DI MELONI SI PORTEREBBE A CASA UN BOTTINO PIENO (NUOVO CAPO DELLO STATO COMPRESO)....