STRAGE IN UNA SCUOLA ELEMENTARE A UVALDE, IN TEXAS: UN KILLER AMMAZZA 19 BAMBINI, UN’INSEGNANTE E POI VIENE UCCISO. IL RESPONSABILE DELL’ATTACCO È SALVADOR RAMOS, 18 ANNI, EX STUDENTE DELLA SCUOLA. PRIMA DI COMPIERE LA STRAGE, IL GIOVANE HA SPARATO ALLA NONNA CHE VOLEVA FERMARLO: LA 66ENNE SI TROVA IN GRAVI CONDIZIONI – COSA AVEVA SCRITTO SUI SOCIAL PRIMA DI COMPIERE IL MASSACRO (PEGGIORE ANCHE DI QUELLO DI COLUMBINE, NEL 1999) - IN DIECI ANNI NEGLI USA OLTRE 900 SPARATORIE NELLE SCUOLE – BIDEN E OBAMA TUONANO CONTRO LA LOBBY DELLE ARMI – VIDEO

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Giuseppe Sarcina per corriere.it

 

 

strage texas strage texas

Venti morti, diciotto bambini e due insegnanti. Un numero non precisato di feriti, compresi due poliziotti. Alcuni in gravi condizioni. È il bilancio di una nuova sparatoria, una nuova strage americana. Questa volta è accaduto in una scuola elementare a Uvalde, un villaggio rurale del Texas, a metà strada tra San Antonio e il confine messicano.

 

La polizia ha ucciso il killer, Salvador Ramos, uno studente di diciotto anni. Il governatore del Texas, Greg Abbott, ha detto che l’assassino era un abitante della piccola cittadina. Un altro giovane, quindi, protagonista di una vicenda agghiacciante, a pochi giorni di distanza dalla carneficina in un supermercato di Buffalo, nello Stato di New York.

 

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La comunità di Uvalde è sotto shock. I genitori dei bambini si sono immediatamente precipitati verso la scuola, altri verso l’ospedale dove sono stati trasferite le vittime. Le autorità cittadine hanno subito aperto un centro di raccolta dove sono stati portati gli scolari, in modo da consegnarli alle madri e ai padri in attesa.

 

Gli investigatori stanno ricostruendo la dinamica della sparatoria. Intorno a mezzogiorno il giovane aveva parcheggiato l’auto poco distante dalla Robb Elementary School, un grande complesso che ospita circa 600 studenti. Una telecamera lo inquadra mentre entra nell’edificio, protetto da una felpa nera con il cappuccio sollevato sulla testa. Sembra imbracciare un mitragliatore semi automatico, anche se Abbott ha detto che «impugnava una pistola e probabilmente un fucile».

 

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Ha cominciato a sparare nel mucchio. Le pattuglie hanno raccolto immediatamente l’allarme, si sono precipitate in forze. Hanno affrontato il killer. Due poliziotti sono rimasti feriti, gli altri hanno ucciso Salvador. Prima della strage, il giovane aveva sparato anche a sua nonna, una donna di 66 anni che, secondo i media americani, sarebbe morta.

 

Adesso si cerca di capire quali siano le ragioni di una tale follia. Uvalde è una cittadina di 15 mila abitanti, per due terzi latinos. E chiaramente anche la Robb Elementary è frequentata in gran parte da figli di immigrati. Inevitabile, dunque, pensare a un’azione motivata, ancora una volta, dall’odio razziale. C’è il precedente di El Paso, dove nel 2019 un uomo uccise 23 persone in un supermercato meta abituale degli americani di origine ispanica.

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Ma potrebbe esserci anche un’altra pista. Ramos era un ex alunno dell’istituto colpito. E nella lunga scia di sangue, ci sono altri episodi simili. In ogni caso la strage di ieri è la più grave tra quelle consumate in una scuola. Viene dopo la carneficina nella Sandy Hook Elementary School a Newton, nel Connecticut. Era il 2012: 26 morti, 20 bambini tra i 6 e i 7 anni. Dieci anni dopo siamo ancora qui a contare i corpi senza vita delle vittime più innocenti, nel mezzo di un fallimento politico e culturale collettivo. Il Congresso degli Stati Uniti da decenni non riesce ad approvare una legge almeno per rafforzare i vincoli sulle armi. E il Texas è uno degli Stati in cui i controlli sono una formalità. Basta avere un documento e qualche centinaio di dollari per acquistare un revolver o un fucile. Il presidente Joe Biden che ha rivolto un appello alla politica americana, l’ennesimo, per fermare questo incubo.

salvador ramos salvador ramos

 

 

Biden: «Sparatoria nella scuola in Texas atto di violenza senza senso»

«Un atto di violenza senza senso». Così il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha commentato la strage nella scuola Uvalde. Il presidente americano ha ordinato che le bandiere della Casa Bianca, degli edifici federali e delle postazioni militari sventolino fino a sabato a mezz’asta per le vittime.

 

CHI ERA SALVADOR RAMOS

Giuseppe Sarcina per corriere.it

 

 

Il Killer è un ragazzo di 18 anni. Si chiamava Salvador Ramos e aveva frequentato la stessa scuola elementare dove è tornato da assassino , da stragista, prendendo di mira bambini tra i 7 e i 10 anni. Lo conosciamo ancora poco. Le notizie sono frammentarie. Abbiamo, però, una sua foto: capelli lunghi corvini, occhi puntati sul cellulare. La pelle con i segni di qualche impurità. Il viso di un ragazzino che sta per diventare un uomo.

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E poi un’altra traccia: il suo account su Instagram. Un’altra immagine, postata quattro giorni prima dell’attacco alla scuola. Si vedono due fucili i semiautomatici, con il caricatore innestato. Abbiamo anche lo spezzone di un dialogo che una giovane donna ha pubblicato ieri, pochi minuti dopo aver saputo della strage alla Robb Elementary School. La conversazione era cominciata il 12 maggio scorso: i due non si conoscevano. Venerdì scorso, Salvador condivide il fotogramma con questa ragazza, avvertendola: «rispondimi entro un’ora perché voglio rivelarti un segreto».

 

Dopo aver visto le armi, la ragazza chiese a quell’inquietante interlocutore: «Che cosa hanno a che fare i tuoi fucili con me?». Ramos risponde: «Volevo solo condividere le immegine con te e sapere se le posterai». Ora la ragazza commenta: «L’unico motivo per cui gli avevo risposto era perché mi faceva paura. Adesso mi resta il rammarico di non essere rimasta sveglia a parlare con lui per cercare di evitare questo crimine».

 

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Toccherà agli investigatori mettere insieme i pezzi di una personalità evidentemente ossessionata dai mitragliatori, dalle munizioni. In ultima analisi dalla forza, dalla violenza. Capire se era una personalità disturbata, con problemi mentali. Oppure se intossicata dai veleni, dalle teorie cospirative che scorrono indisturbate sui Social. Purtroppo è un profilo fin troppo comune, in un Paese dove le reti di prevenzione e di assistenza per le persone in difficoltà sono di fatto inesistenti. Non abbiamo ancora elementi per capire se Salvador volesse «punire» la comunità dei latinos, degli immigrati, di cui forse, a giudicare dal cognome, faceva anche parte.

 

Si scaverà nella sua vita famigliare. Prima di uscire per la sua folle missione, Salvador ha sparato anche a sua nonna, per uccidere. La donna, 66 anni, è ricoverata in un ospedale di San Antonio: non si hanno ancora informazioni precise sulla sua condizione.

 

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Il ragazzo, probabilmente, aveva preparato uno schema. Forse la nonna aveva capito le sue intenzioni. Forse lo aveva visto uscire con le armi. Salvador è salito in macchina, con sconcertante freddezza. Ha guidato fino alla sua vecchia scuola elementare. Una telecamera di sicurezza lo riprende, mentre sta per entrare nell’edificio. È vestito di nero. Sembra voler nascondere il volto con il cappuccio di una felpa. La clip, che circola sui Social, è sgranata.

 

 

Ma sembra di intravedere un mitragliatore semi automatico. Il governatore del Texas, Greg Abbott, ha dichiarato che l’assassino «impugnava una pistola e forse un fucile». Ma un fatto è chiaro: questa è un’altra strage studiata a tavolino, premeditata. Un diciottenne si trasforma in killer, pronto a mettere sul piatto anche la sua vita. Salvador ha ucciso 18 bambini e due adulti, prima di essere abbattuto dal fuoco dei poliziotti.

 

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