serena mollicone franco mottola

TUTTI I DEPISTAGGI DEL CASO MOLLICONE – SECONDO LA RICOSTRUZIONE DEI PM IL MARESCIALLO FRANCO MOTTOLA AIUTÒ IL FIGLIO MARCO A UCCIDERE SERENA NELLA CASERMA DI ARCE. ALLORA PERCHÉ SOLO DOPO 21 ANNI È ARRIVATA UN’ACCUSA CONCRETA CONTRO LA FAMIGLIA? SEMPLICE, ERA LO STESSO MOTTOLA SENIOR A OCCUPARSI DEL CASO: DOVEVA INDAGARE SU SE STESSO E AVEVA “AMPIA MANO PER DEPISTARE LE INDAGINI”. FALSI ORDINI DI SERVIZIO, INDAGINI INCONSISTENTI: SPUNTA ANCHE UNA RELAZIONE IN CUI I SUPERIORI BOCCIAVANO IL SUO OPERATO, PARLANDO APERTAMENTE DI “INCOMPATIBILITÀ AMBIENTALE”

1 - DAL TELEFONINO ALLA NOTA DEL DENTISTA. MOLLICONE, I DEPISTAGGI DEL MARESCIALLO

Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera”

SERENA MOLLICONE

 

Indagini «lacunose» e «inconsistenti», mosse da una «incompatibilità ambientale» tale da rendere necessario il trasferimento del suo autore. Nel processo per il delitto di Serena Mollicone, spunta una relazione con la quale i superiori dell'ex maresciallo Franco Mottola - all'epoca comandante della stazione dei carabinieri di Arce - bocciavano le sue «indagini» sul caso prima ancora di sapere che il collega ne fosse direttamente coinvolto.

 

Un giudizio sul piano professionale molto negativo, dunque: Mottola riuscì a evitare l'onta di un trasferimento d'ufficio solo grazie a una furba mossa d'anticipo sui suoi superiori.

 

«Indagini su sé stesso»

La circostanza è stata rievocata venerdì in corte d'assise a Cassino dal pm Beatrice Siravo. Secondo la Procura, l'omicidio della 18enne avvenne proprio nella caserma diretta da Mottola per mano di suo figlio Marco.

FRANCO MOTTOLA 2

 

Il maresciallo in prima persona contribuì poi a far morire la ragazza imbavagliandola anziché soccorrerla e ne portò il corpo in un bosco assieme alla moglie Anna Maria. Ebbene, se solo dopo 21 anni si è arrivati a concretizzare l'accusa contro la famiglia Mottola, il motivo risiederebbe proprio nei depistaggi messi in piedi dallo stesso maresciallo, definito dal pm «una anomalia su scala mondiale di un assassino che indaga su sé stesso con ampia mano per depistare le indagini».

 

L'ordine di servizio

SERENA MOLLICONE

L'elenco è lungo ed è stato ripercorso nella requisitoria durata sei ore e non ancora conclusa. Secondo la Procura, subito dopo aver sbattuto la testa di Serena contro una porta dell'appartamento in uso ai Mottola, Marco fu fatto uscire di casa per farsi vedere in giro. Il padre Franco tornò invece in sede, ma sostenne di essere uscito subito dopo poggiando su un ordine di servizio pieno di incongruenze e imprecisioni, dunque sostanzialmente falso.

 

Testimoni ignorati

Il maresciallo raccolse il giorno dopo le testimonianze della barista Simonetta Bianchi e del carrozziere Carmine Belli (poi processato e assolto per il delitto) che davano chiare indicazioni sulla presenza di Serena in auto con Marco Mottola quella mattina. Solo dopo 25 giorni le registrò però agli atti e nel frattempo ne alterò il contenuto (anziché una Autobianchi Y10 bianca diramò la segnalazione per una Lancia Y rossa). Nascondendo quell'avvistamento, inoltre, il maresciallo riuscì secondo il pm a tenere ad Arce le indagini anche se per territorio sarebbe stata competente Isola Liri.

CASERMA DI ARCE

 

Anche la collocazione del corpo nel bosco di Anitrella non fu una scelta casuale ma mossa dall'idea di allontanare l'attenzione da quel passaggio del figlio al bar con la vittima.

Crescendo di coperture Citati nell'informativa del comando provinciale dei carabinieri su cui si regge l'accusa ci sono poi gli episodi del ritrovamento del telefono di Serena a distanza di giorni in casa del padre o quello della nota con l'appuntamento dal dentista dove Serena era stata quella mattina, spuntato nella carrozzeria di Belli.

Franco Mottola

 

Molto altro viene aggiunto sul clima di depistaggi che caratterizzavano la gestione della caserma e le prime indagini condotte da Mottola: «Risalta maggiormente il comportamento del padre Franco nei confronti del figlio Marco», scrivono i militari del nucleo investigativo, definendolo «un crescendo di coperture».

 

In un episodio non collegato all'omicidio, ad esempio, Mottola non registra una segnalazione per droga del figlio, incappato in un controllo stradale dei suoi sottoposti. La stessa droga (hashish) che il 20enne consumava e addirittura custodiva abitualmente in caserma e che sarebbe stata alla base della lite con Serena.

FUNERALI DI SERENA MOLLICONE NEL 2001

 

«Incompatibile»

Quando l'indagine sul delitto viene presa in gestione dal comando provinciale emerge per la prima volta il possibile coinvolgimento del comandante della stazione di Arce. Il rapporto stilato sul suo operato, letto in aula dal pm, parla di «inconsistente apporto informativo alle indagini», accertamenti «piuttosto lacunosi», per i quali «la ammissione di superficialità è una spiegazione insoddisfacente».

 

«Mottola sapeva che il figlio frequentava pusher e consumava droga - è scritto ancora nella relazione - e questo fa sussistere una incompatibilità ambientale che rende necessari provvedimenti disciplinari (il suo trasferimento, ndr )». Il comando provinciale ascrive al maresciallo Mottola la responsabilità diretta di questi «errori». Il comandante, secondo il pm Siravo, fu però informato del provvedimento in arrivo e riuscì a prevenirlo presentando lui in tutta fretta una domanda di trasferimento che fu presto accettata.

 

 

2 - OMICIDIO SERENA MOLLICONE, LO ZIO ANTONIO: «PER 21 ANNI SIAMO STATI IMPOTENTI DAVANTI AI DEPISTAGGI»

Fulvio Fiano per www.corriere.it

 

ANTONIO MOLLICONE - ZIO DI SERENA

Antonio Mollicone ha raccolto l’eredità morale di suo fratello Guglielmo nella ricerca della verità per Serena, sua nipote. Venerdì in corte d’Assise a Cassino ha riempito di appunti un bloc notes formato large durante le sei ore di requisitoria del pm Beatrice Siravo, che domani completerà l’intervento con le richieste di condanna.

 

Che cosa ha segnato tra tutte le parole dette?

«Quello del pm è stato un lavoro meticoloso, certosino, analitico e soprattutto sincero, appassionato. Meraviglioso, io e gli altri familiari ne siamo pienamente soddisfatti e le siamo grati».

 

SERENA MOLLICONE E IL PADRE GUGLIELMO

È possibile riacciuffare il filo della verità a distanza di 21 anni?

«Dobbiamo fare un paragone con la ricostruzione post bellica. Per 21 anni siamo stati impotenti davanti alle macerie lasciate dalle indagini precedenti, dai depistaggi, da tutte le false verità. Oggi possiamo dire: ecco quello che è successo».

 

Le difese daranno battaglia sui dati scientifici e sulle testimonianze, come sempre fatto finora. Come fa a essere certo di essere alla fine di questa vicenda giudiziaria?

LE IENE - SPECIALE SERENA MOLLICONE

«La procura ha fatto un lavoro di grande qualità scientifica ed etica, ha verificato tutti i fatti, le circostanze, gli orari, le parole dei testimoni con precisione. Non sono indizi ma prove raccolte dopo 20 anni ad annaspare. Cose drammaticamente e tragicamente vere. E noi come parti civili, con i nostri avvocati, daremo il nostro contributo non di rabbia ma di verità».

 

Non era mai stato detto con così tanta chiarezza che fu Marco Mottola a sbattere la testa di Serena contro una porta della caserma, non era mai stato descritto così nel dettaglio il presunto ruolo dei genitori nel far morire Serena imbavagliandola e nel trasportarla di notte nel bosco di Fonte Cupa che oggi si chiama Fonte Serena. Che ha provato a sentirlo dire davanti ai giudici?

serena mollicone 7

«La cosa che mi ha reso più contento è stato sentir dire la verità su Serena, che era una ragazza che aveva sogni e progetti, che aveva un piano di studi ed era pronta a faticare per completarlo, che non era andata in caserma per provocare, che non aveva altri pensieri per la testa se non quelli di tornare ad Arce dalle amiche dopo aver perso il pullman di ritorno dal dentista da Sora, che - lo dicono gli esami scientifici - non era incinta, non aveva assunto sostanze, che non aveva nessun rapporto con Marco Mottola ma ha solo accettato un suo passaggio in auto perché il suo fidanzato col quale stava da due anni non era arrivato all’appuntamento».

 

Il pm ha detto molto anche sui presunti depistaggi del maresciallo Mottola, sempre sostenuti da suo fratello Guglielmo

serena mollicone 6

«Anche sui depistaggi il pm è stata puntualissima recuperando dall’oblio dove erano finiti tanti elementi che messi in sincronia tra loro rivelano una strategia, combaciano svelando una trama. Mottola indagava “a modo suo” con irregolarità penalmente rilevanti».

 

E del brigadiere Santino Tuzi, morto suicida dopo aver rivelato a distanza di sette anni di aver visto Serena in caserma la mattina di quell’1 giugno, che idea si è fatto?

SERENA MOLLICONE

«Che intanto, come detto dal pm, è tutto provato anche senza la sua testimonianza. Poi che ha detto la verità come dimostrato dal sopralluogo fatto in caserma (in una delle ultime udienze, ndr), perché solo dalla sua scrivania poteva vedere quello che ha detto e ha descritto nei dettagli la borsa di Serena mai ritrovata.

 

Hanno provato a distruggere anche lui, il suicidio dice quali fossero i suoi tormenti. Poteva parlare prima? Dopo 21 anni c’è ancora gente che continua a mentire, non possono essere un problema i sette anni che ha aspettato lui per dire la verità, come non sarà un problema dover attendere un’altra udienza per ascoltare le conclusioni del pm».

 

Che si aspetta per le richieste di condanna?

«Non penso alle pene, non spetta a noi quantificarle. A noi interessa che sia fatta giustizia e che la verità sia stata finalmente raccontata a tutti».

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