TUTTO CAMBIA. TRANNE IL CIBO DELLE FESTE - MARINO NIOLA: “L’ETERNO RITORNO DI COTECHINI E TORTELLINI, TORRONI E SFINCIONI, BACCALÀ E RATAFIÀ DIPENDE DA UN INSIEME DI RAGIONI. RELIGIOSE, SOCIALI E FAMILIARI. È COME SE OGNI ANNO IL CIBO DIVENTASSE IL RICOSTITUENTE DEL LEGAME COMUNITARIO, UN MODO PER RIAFFERMARE LA PROPRIA APPARTENENZA MANGIANDO INSIEME LE COSE DI SEMPRE. ECCO PERCHÉ ANCORA OGGI LE TAVOLE FESTIVE SONO ALL’INSEGNA DELL'OPULENZA: E’ UNO SCONGIURO CONTRO L'INDIGENZA QUOTIDIANA”

-

Condividi questo articolo


Marino Niola per “il Venerdì - la Repubblica”

 

MARINO NIOLA MARINO NIOLA

l nostro modo di mangiare cambia continuamente, ma i cibi delle feste restano sempre gli stessi. Il perché lo spiega l'antropologo Ignazio E. Buttitta in I cibi della festa in Sicilia (pp. 256, euro 18) un bel libro appena uscito in una nuova collana Cleup diretta da Paolo Scarpi e intitolata Homo Edens. Buttitta, professore all' Università di Palermo, affronta una questione che in realtà non ha confini geografici.

 

Perché riguarda tutti i Paesi che si riconoscono nella civiltà cristiana. E che ogni anno ridiventa attuale in questo periodo, quando in prossimità del Natale comincia il dibattito rituale sui menu delle feste. E immancabilmente, tra la voglia di far qualcosa di nuovo e la fedeltà alla tradizione, a spuntarla è quest' ultima.

 

IGNAZIO BUTTITTA IGNAZIO BUTTITTA

Una sorta di eterno ritorno di cotechini e tortellini, torroni e sfincioni, baccalà e ratafià, mandorlati e panpepati. In realtà, secondo l'autore, la ripetitività dei pranzi e cenoni, natalizi e non solo, dipende da un insieme di ragioni. Religiose, sociali e familiari.

È come se ogni anno il cibo diventasse il ricostituente del legame comunitario, un modo per riaffermare la propria appartenenza mangiando insieme le cose di sempre. Ecco perché ancora oggi le tavole festive sono all'insegna dell'opulenza.

 

cotechino cotechino

Perché l'abbondanza, prima dell'era dei consumi, era simbolo di prosperità. E rinnovarla ritualmente, almeno nel dì di festa, era un rito propiziatorio, uno scongiuro contro l'indigenza quotidiana. Un modo di saziare anche lo sguardo che nella tradizione siciliana dà addirittura il nome ad un banchetto specifico, l'Ammarra li ucchi (riempire gli occhi). Un pranzo sontuoso, preparato e consumato collettivamente che trasformava gli individui in commensali. Questa liturgia, fatta di calore e calorie, era ed è il pit stop annuale della comunità. Il suo modo di fare il pieno di energia. Mangiando come dio comanda.

TORRONE TORRONE

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

VANNACCI, MA LI MORTACCI! - È BUFERA NELLA LEGA PER LE CONTINUE MINCHIATE DEL GENERALE AL CONTRARIO, CHE LA DISPERAZIONE DI SALVINI HA CANDIDATO ALLE EUROPEE. OGGI L’INCURSORE PARACADUTATO È ARRIVATO A PROPORRE LE CLASSI SEPARATI PER I DISABILI (FREGANDOSENE CHE IL MINISTRO DELLA DISABILITÀ È LEGHISTA). UNA PROPOSTA TALMENTE ALLUCINANTE DA FAR SBIANCARE PURE CEI E FDI. MA IL PEGGIO DEVE ANCORA ARRIVARE: I LEGHISTI SONO INFATTI CONVINTI CHE UNA VOLTA ELETTO… - ANCHE QUEL SEMOLINO DI GIANCARLO GIORGETTI PRENDE POSIZIONE: "VANNACCI NON È DELLA LEGA. NON CONDIVIDO LE SUE AFFERMAZIONI"

DAGOREPORT - BUM! QUANDO LA PITONESSA STRIZZAVA I CERVELLI! - SU UN ANTICO NUMERO DEL RINOMATO MENSILE DI ARREDAMENTO "AD", SPICCA UN SERVIZIO NEL QUALE SI LEGGE: "DANIELA E PAOLO SANTANCHÈ […] LEI È UNA PSICHIATRA CHE LAVORA NELLA COMUNICAZIONE, LUI È UN CHIRURGO DELLE DIVE" - PARE CHE PER UN CERTO PERIODO, VANTANDO UN’INESISTENTE LAUREA IN PSICOLOGIA, DANIELONA ABBIA RICEVUTO, NELLO STESSO STUDIO MILANESE DELL’ALLORA ANCORA MARITO PAOLO SANTANCHE’, PAZIENTI CHE NON ACCETTAVANO IL PROPRIO ASPETTO - SAREBBE ANCHE L’UNICO PERIODO IN CUI LA PITONESSA AVREBBE USATO IL PROPRIO COGNOME CON TANTO DI TARGA SULLA PORTA, ''DOTTORESSA GARNERO, PSICOLOGA''...