silvia romano

E VEDIAMO SE ADESSO LE ONG HANNO CAPITO COME MUOVERSI - CI SONO 22 MILA COOPERANTI ITALIANI ALL’ESTERO E, DOPO IL CASO DI SILVIA ROMANO, LA FARNESINA PENSA ALL'OBBLIGO DI UN PROTOCOLLO DI SICUREZZA PER TUTTI - SONO 225 LE ORGANIZZAZIONI ISCRITTE AL REGISTRO DELL'AGENZIA ITALIANA PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO, MA ALTRE 500 NE RESTANO FUORI. ESSERE ACCREDITATI PERMETTE DI ESSERE FINANZIATI DAL MINISTERO, MA IMPONE ANCHE DEGLI OBBLIGHI…

SILVIA ROMANO

Federico Capurso per “la Stampa”

 

Quando si abbandona l' Occidente e si entra nelle periferie del mondo, si lascia alle spalle la propria vita, regolata dal diritto, per mettere piede dove il "non diritto" è quotidianità. Ai 22 mila cooperanti italiani all' estero, dunque, non si può più chiedere di essere animati solo da uno spirito di fratellanza, ma serve anche preparazione e professionalità.

Lo ha reso evidente il caso di Silvia Romano, che ha acceso in questi giorni un riflettore sulla sicurezza di chi opera nelle zone a rischio.

 

lilian sora

Così, dal fondo della pila di dossier che giace sul tavolo del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è tornata in superficie anche questa riflessione e con essa delle proposte, ancora in fase di studio, per provare ad illuminare alcune zone d' ombra del mondo della cooperazione allo sviluppo. Insomma, si sta studiando una stretta sul mondo del volontariato. Necessaria - ragionano Di Maio e il viceministro Emanuele Del Re, che ha la delega alla Cooperazione allo sviluppo - per mettere al primo posto la formazione dei volontari e la loro sicurezza, senza che però questo diventi un cappio al collo per chi vuole fare del bene.

 

AFRICA MILELE

Il primo spartiacque per comprendere questa enorme e variegata realtà è quello che divide le organizzazioni iscritte a un apposito registro della Farnesina - obbligate per operare all' estero a seguire una serie di protocolli di sicurezza e costantemente monitorate - da quelle associazioni non iscritte, che non devono dare conto, né al ministero né all' ambasciata del Paese in cui operano, dei propri progetti di sviluppo e dei protocolli di sicurezza adottati per i loro cooperanti. La Africa Milele Onlus, all' interno della quale operava Silvia Romano, è tra queste ultime.

 

«Non rientra tra le organizzazioni accreditate presso la Farnesina - sottolinea infatti Di Maio durante un' interrogazione alla Camera - e la sua attività, dunque, non è stata sostenuta dalla cooperazione italiana, ma ha operato in autonomia senza informare la Farnesina ed eludendo qualsiasi potere di indirizzo associato ai profili di sicurezza per l' onlus e per i propri collaboratori».

 

AFRICA MILELE SILVIA ROMANO

Questo è il primo problema che si vuole risolvere. Sono 225 le organizzazioni iscritte al registro dell' Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, ma altre 500, approssimativamente, ne restano fuori. Essere accreditati permette di presentare i propri progetti per essere finanziati dal ministero, ma impone anche degli obblighi.

 

«Quando mandiamo un cooperante o un volontariato - spiega Silvia Stilli, portavoce dell' Aoi, Associazione delle Organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale che riunisce più di 100 associazioni - siamo monitorati e dobbiamo attenerci a mille procedure: ogni due anni dobbiamo presentare una corposa relazione delle nostre attività, dimostrare che non abbiamo pendenze con il fisco o cause giudiziarie aperte, dobbiamo poi pubblicare alcuni requisiti, avere protocolli di sicurezza e quando entrerà in vigore il registro unico del terzo settore saremo anche tenuti a esporre il nostro codice etico, il bilancio sociale, la relazione di missione».

Lilian Sora della Onlus Africa Milele

 

Da questo mare magnum di doveri navigano più o meno al largo le realtà di volontariato non iscritte al registro della Farnesina, come quella di Africa Milele. «Imporre l' iscrizione sarebbe però impossibile», ragionano al ministero. Per problemi organizzativi ed economici, tante realtà non potrebbero far fronte agli impegni burocratici previsti e scomparirebbe così un pezzo importante del volontariato italiano.

 

IL COMPROMESSO

Simona Pari e Simona Torretta

Si sta quindi ipotizzando di arrivare a metà strada e rendere obbligatorio per tutti solo un protocollo di sicurezza da far sottoscrivere al volontario e un corso di formazione in cui lo si prepari a gestire situazioni di pericolo nelle aree a rischio. Sul tavolo ci sono attualmente varie possibilità: organizzare corsi online o seminari gestiti direttamente dalla Farnesina o, ancora, da parte del ministero, destinare una quota del proprio bilancio su progetti di formazione per la sicurezza presso altre strutture come l' istituto superiore Sant' Anna di Pisa, che già collabora con alcune realtà di volontariato più solide..

 

La preparazione qui in Italia non basterebbe, però, ad attenuare sufficientemente alcuni rischi che si corrono sul posto. È per questo che Di Maio e Del Re vorrebbero risolvere la questione legata al monitoraggio dei cooperanti da parte delle ambasciate del Paese in cui si trovano, estendendo anche alle realtà non accreditate alcuni obblighi previsti da un accordo di collaborazione stilato con l'Unità di crisi della Farnesina nel 2015 al quale le altre 225 realtà associative hanno già aderito. Si dovrebbero quindi comunicare le generalità del cooperante, le date di arrivo e di partenza, gli spostamenti e le coordinate dei campi, sia al sito dovesiamonelmondo.it sia all'ambasciata di riferimento, oltre ad avere un referente di base per ogni comunicazione.

greta e vanessa atterrano a roma gentiloni le accoglie 5

 

Ultimo punto, quello che riguarda le assicurazioni per chi si reca nelle zone a rischio, che dal Pd vorrebbero estendere non solo alle onlus non iscritte al registro, ma anche a giornalisti free lance e agli studenti universitari, sulla scia del caso di Giulio Regeni. Il principio viene accolto con un «se ne può ragionare» dalla Farnesina, ma sul punto non ci sono ancora proposte sul tavolo. La direzione generale, però, sembra ormai tracciata: più sicurezza e più formazione. Con l' obiettivo di rendere i cooperanti «delle vere e proprie professionalità, senza - sottolineano dalla Farnesina - snaturare la vocazione che li anima».

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