carola rackete

''LITI A BORDO E TELECAMERA ROTTA'': CAROLA SPIEGA AI PM L'ATTRACCO PROIBITO - MA PARLA ANCHE DI SÉ: ''VIVO DAI MIEI PER MOTIVI FISCALI, NON HO UN REDDITO, LAVORO A UN PROGETTO SULLA CONSERVAZIONE DELLA NATURA''. MA LA CAPITANA RACCONTA ANCHE LA DINAMICA DELL'INCIDENTE CON LA GUARDIA DI FINANZA, ALLA BASE DI UNO DEI CAPI DI IMPUTAZIONE…

Fabio Tonacci per “la Repubblica

 

«Nome?»

«Carola Rackete».

«Ha una residenza?»

CAROLA RACKETE

«Sono registrata a casa dei miei genitori, per motivi di tasse».

 

«Qual è la sua dimora abituale?»

«Da otto anni non ho una residenza né un appartamento».

«Come sta dal punto di vista economico?»

 

«Non ho un reddito, in questo momento. Sono una lavoratrice indipendente ».

«Qual è il suo lavoro oggi?»

 «Sto lavorando a un mio progetto sulla conservazione naturale, ho raccolto interviste sull' argomento».

 

carola rackete

La notte dell' attracco forzato al molo di Lampedusa è passata da quarantotto ore, quando la Capitana Carola affronta l' interrogatorio davanti alla giudice per le indagini preliminari Alessandra Vella, chiamata a decidere della convalida del suo arresto. Sono le 15.29 del primo luglio. La trentunenne tedesca ha passato due giorni ai domiciliari, il ministro Salvini va dicendo che è una criminale e che la vuole espellere a tutti i costi, la Sea-Watch 3 sotto sequestro sta navigando verso il porto di Licata. Nell' aula del Tribunale di Agrigento ci sono gli avvocati difensori, Leonardo Marino e Alessandro Gamberini, una interprete e due pm. Deve spiegare tanto, Carola: l' urto con la motovedetta della Finanza, la decisione di violare il divieto di ingresso, le condizioni a bordo. «Voglio rispondere».

 

La promessa dei finanzieri

CAROLA RACKETE

Dopo aver ripercorso le fasi del salvataggio dei 53 naufraghi in zona Search and Rescue della Libia («Siamo stati informati da un aereo della Sar che c' era una barca in difficoltà. Era un gommone in condizioni precarie, nessuno aveva il giubbotto di salvataggio, non avevano abbastanza benzina per raggiungere qualsiasi posto. Chi guidava il gommone non aveva alcuna esperienza e nessuno strumento di navigazione»), e dopo aver ricostruito i contatti via mail con la guardia costiera libica, a Carola Rackete viene chiesto di dare conto di ciò che è successo tra il 28 e il 29 giugno. L' approdo notturno e senza permesso, dopo 17 giorni di stallo in mare.

 

«Stavo aspettando la soluzione politica che mi era stata promessa». Da chi?, chiede la giudice Vella. «Dalla stessa Guardia di finanza, che mi diceva: "Comandante, si calmi, presto ci sarà una soluzione". Tramite il governo tedesco, dovevano prendere i migranti e dividerseli (...). La mattina seguente mi sono alzata presto e ho chiesto ai parlamentari a bordo (erano saliti in cinque, ndr): non c' era alcuna soluzione».

CAROLA RACKETE CON DAVIDE FARAONE

 

La tensione tra i migranti

Intanto, sotto il tendone di poppa dove erano tenuti i migranti, la situazione si era fatta complicata. «C' era il rischio di auto-lesioni, di suicidi e di atteggiamenti ostili verso l' equipaggio ». Il pm Salvatore Vella le domanda se qualcuno avesse mai perso il controllo. «So di una lite tra migranti. La cosa mi fu trasmessa con una chiamata di sicurezza via radio interna». Intervennero il mediatore culturale e un altro membro dell' equipaggio. «Li hanno fatti parlare e sono riusciti a calmarli, risolvendo la lite. I migranti erano stanchi e quindi non ero più sicura di poter controllare un' eventuale lite».

 

La manovra della discordia

E si arriva alla famosa manovra. «Ho deciso di entrare in porto alle 23, perché non c' era più alcuna opzione rimasta. Dopo tre tentativi mi ha risposto un canale radio, "Lampedusa Traffic", quindi ho cercato di comunicare la mia intenzione, ma non parlavano inglese. Allora ho spiegato all' equipaggio che le manovre dovevano essere fatte molto lentamente, perché eravamo stanchi ed era la prima volta che attraccavo a Lampedusa ». Da terra le autorità la ammoniscono.

 

CAROLA RACKETE

«Dicevano: "Non hai il permesso, non sei autorizzata". Mi sono resa conto che non potevo navigare e parlare con loro. Come quando guidi la macchina, non dovresti usare il telefono. Ho detto per l' ultima volta che stavo andando al molo, che non potevo utilizzare la radio e che dovevano rimanere in stand-by». La motovedetta dei finanzieri, invece, ha provato a bloccarla.

 

«Si sono messi davanti a me, io stavo procedendo a velocità molto bassa. Poi ho girato e loro sono andati al molo. Dal ponte non puoi vedere cosa succede lateralmente. Di solito c' è una videocamera, però era rotta dall' inizio del viaggio. Mi sono spostata fuori dal ponte, per vedere se potevo andare indietro o in un altro posto del molo.

CAROLA RACKETE

Ero sicura che si sarebbero spostati loro, perché sapevano che avevo bisogno di ormeggiare».

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