C'ERAVAMO TANTO SOPPORTATI - I DUELLI TRA CONTE E FRANCESCHINI, RIUNIONI DI GOVERNO SEMPRE PIÙ TESE. TRA I DUE ALL'INIZIO C'ERA UN BUON FEELING, MA ORA SU-DARIO PER NON PERDERE IL CONTROLLO DEL PARTITO DEVE PUNGOLARE IL PREMIER CHE VUOLE RIMANDARE TUTTO ALL'INFINITO: ''UNA NAVE SENZA TIMONE RISCHIA DI AFFONDARE''. GIUSEPPI SI SENTE SICURO DEL FATTO CHE UN'ALTERNATIVA PER ORA NON C'È…

-

Condividi questo articolo


Maria Teresa Meli per il ''Corriere della Sera''

giuseppe conte dario franceschini giuseppe conte dario franceschini

 

Erano partiti bene, come una coppia affiatata. Dario Franceschini, più esperto e avvezzo alle traversie della politica, Giuseppe Conte sempre affabile e gentile. I due parevano avere un buon feeling, anche perché il capo delegazione del Pd è uomo di notevoli doti diplomatiche e la sua premura era quella di non far entrare in frizione i dem con il premier e con gli alleati. Ma nei mesi la situazione è cambiata. Conte, mano mano che macinava sondaggi soddisfacenti, sembrava fare volentieri a meno dell'aiuto del ministro della Cultura, accentrando l'agenda di governo nelle sue mani. Ed è proprio questa tendenza del premier che ha creato i primi malumori nel Pd, con Franceschini in mezzo, ma sempre meno propenso a mediare.

 

Anche perché (e in questo il partito è d'accordo) pensa che all'accentramento non corrisponda poi una reale capacità decisionale. «Troppi rinvii», si lamenta con i colleghi di governo che gli danno ragione. Sia chiaro, il ministro della Cultura non punta a scalzare Conte. È convinto che «non ci sia un'alternativa» all'attuale premier e che in caso di crisi «non sarebbe facile ricomporre il quadro».

 

conte di maio franceschini conte di maio franceschini

Però teme che «una nave senza timone corra il pericolo di affondare». Il premier, che si sente assediato, ha preso a lamentarsi di lui, anche con gli esponenti del Pd. L'ultima divergenza (perché di scontro stavolta non si può parlare) si è registrata sul decreto per le semplificazioni. O, meglio, sul condono. Conte lo ha difeso quasi fino all'ultimo. Franceschini, però, è stato categorico: «Bisogna farne sparire ogni traccia da quel testo, sennò invece di chiamarlo decreto semplificazioni lo chiameranno decreto condono».

 

 L'ha avuta vinta anche perché tutti gli alleati erano con lui. Però a sera da palazzo Chigi si sono presi la loro rivincita facendo filtrare la notizia che le norme sulle assunzioni nella pubblica amministrazione (stralciate al pari del condono) riguardavano soprattutto il ministero della Cultura. Come a dire che Franceschini voleva procedere con una marea di assunzioni nel suo dicastero ma Conte lo aveva bloccato. La verità è che l'esponente del Pd (come anche Nicola Zingaretti, peraltro) ritiene che nella Pa «vadano fatte entrare le nuove generazioni digitali».

 

nicola zingaretti giuseppe conte nicola zingaretti giuseppe conte

Le prime divergenze tra i due risalgono all'inizio di marzo, quando Franceschini avvertì Conte: «Non sottovalutare il coronavirus». In quei giorni convulsi i due si scontrarono spesso. Come quella volta in cui Franceschini impose al premier la linea dura sulla chiusura delle scuole. Ma pubblicamente lo ha sempre difeso, per non minare il governo. Anche quando tutti lo attaccavano: «Voglio dire pubblicamente che il presidente Conte va ringraziato per il suo lavoro senza sosta, con sulle spalle una responsabilità che nessun predecessore ha mai dovuto portare». Il che non gli ha impedito in aprile di criticare riservatamente Conte che non voleva accedere al Mes: «Il tuo è un no pregiudiziale».

 

Ma si è sentito rispondere così: «Non ha senso parlarne ora». Lo scontro più acceso è stato sugli Stati generali. Conte li ha proposti senza avvertire né Zingaretti né Franceschini. «Non hai condiviso questa iniziativa con nessuno, hai deciso tutto tu», lo ha attaccato il capo delegazione pd. E proprio in quei giorni Franceschini ha incalzato Conte in Consiglio dei ministri. Prima sul caso Regeni: «Va presa una posizione pubblica». Poi sul decreto Salvini: «Deve essere modificato subito». Ma se ne parlerà a settembre, perché Conte non ha voglia di assecondare il Pd per mettersi contro i 5 Stelle.

 

Altro capitolo della saga Franceschini-Conte è la legge elettorale. Il primo era riuscito a trovare una quadra sul sistema proporzionale. Ma pare che ora il premier, con Renzi e i grillini, nutra qualche riserva su quell'intesa. Chi conosce entrambi però assicura che i due non arriveranno mai a una plateale rottura.

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - BUM! QUANDO LA PITONESSA STRIZZAVA I CERVELLI! - SU UN ANTICO NUMERO DEL RINOMATO MENSILE DI ARREDAMENTO "AD", SPICCA UN SERVIZIO NEL QUALE SI LEGGE: "DANIELA E PAOLO SANTANCHÈ […] LEI È UNA PSICHIATRA CHE LAVORA NELLA COMUNICAZIONE, LUI È UN CHIRURGO DELLE DIVE" - PARE CHE PER UN CERTO PERIODO, VANTANDO UN’INESISTENTE LAUREA IN PSICOLOGIA, DANIELONA ABBIA RICEVUTO, NELLO STESSO STUDIO MILANESE DELL’ALLORA ANCORA MARITO PAOLO SANTANCHE’, PAZIENTI CHE NON ACCETTAVANO IL PROPRIO ASPETTO - SAREBBE ANCHE L’UNICO PERIODO IN CUI LA PITONESSA AVREBBE USATO IL PROPRIO COGNOME CON TANTO DI TARGA SULLA PORTA, ''DOTTORESSA GARNERO, PSICOLOGA''...

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…