giuseppe conte giorgia meloni

L'ITALIA E' COME SANREMO: DIVISO TRA RICCHI E POVERI – ILVO DIAMANTI: “MELONI HA CONVINTO GLI IMPRENDITORI DEL NORD CON UN MESSAGGIO SEMPLICE: NON UTILIZZEREMO I VOSTRI PROFITTI PER PAGARE IL REDDITO DI CITTADINANZA AL SUD. CONTE È ANDATO MEGLIO NELLE AREE CHE HANNO GODUTO DEL MAGGIOR GETTITO DEL SUSSIDIO” – “IL PD ORMAI È IL PARTITO DELLE AREE METROPOLITANE E DEI CENTRI STORICI…”

Paolo Griseri per “la Stampa”

 

ilvo diamanti

Il Nord ha paura. Non si fida più nemmeno della Lega. Cerca protezione. È passato dal "vaffa" alla richiesta di aiuto. Giorgia Meloni ha risposto «sono pronta». Ilvo Diamanti, docente dell'Università di Urbino, presidente dell'istituto Demos ed editorialista di Repubblica, legge così la vittoria di Fratelli d'Italia nel Settentrione fino a ieri dominato dalla Lega.

 

Diamanti, di che cosa ha paura Il Nord?

«Ha paura di impoverirsi, ha paura delle conseguenze che potranno arrivare nei prossimi mesi dalla tante crisi che stiamo attraversando».

 

CONTE REDDITO

Diciamo la verità: il Nord non è certo l'area che sta peggio nel Paese

«È vero ma è quella che ha più da perdere».

 

E come può rispondere Giorgia Meloni a quella paura?

«Presentandosi come il partito fuori da Roma, che è stato all'opposizione e che può rappresentare la novità».

 

Fuori da Roma? Fratelli d'Italia? Qualcuno si rivolta nella tomba.

«Roma in questo caso non è la città di Roma. È la metafora del potere, quel potere che il Nord giudica ostile».

 

Perché ostile?

GIORGIA MELONI COME ILARY BLASI MEME

«Perché le aree periferiche del Nord, soprattutto nel Nord-Est, pensano di avere un grande ruolo nel sistema economico italiano ma di non avere un peso analogo nel sistema politico nazionale».

 

Perché la Lega, che ha tradizionalmente rappresentato questo punto di vista, ha perso nei confronti di Fratelli d'Italia?

«Con Salvini la Lega ha subito una mutazione genetica. Fino a Maroni era un partito di popolo nel Nord. Dopo è diventata un partito del capo a vocazione nazionale».

 

E questo che cosa cambia?

«Guardiamo il simbolo. C'è scritto: "Lega per Salvini premier". Il Nord è sparito e tutto sembra risolversi con il successo personale del leader».

 

Non era così anche negli altri partiti? Non era così alle regionali del 2019 quando la Lega ebbe un notevole successo?

«Quel successo alle regionali è soprattutto il successo dei governatori. Ma la Lega nazionale, modellata da Salvini sulla falsariga del vecchio Front National di Marine Le Pen è quella che ha governato con il Conte I e con Draghi».

 

Basta governare per perdere le elezioni?

ilvo diamanti foto

«Meloni ha vinto, anche nel Nord, perché non ha governato».

 

Cosa chiedono oggi gli elettori del Nord che hanno votato Meloni?

«Protezione di fronte alla crisi (basta pensare all'aumento dei costi dell'energia per le imprese) e più autonomia».

 

Non è paradossale chiedere l'autonomia al partito nazionalista per definizione?

«Può certamente apparire paradossale ma si chiede autonomia a chi si ritiene sia stato in questi anni fuori dai giochi».

 

Meloni ha convinto il Nord con una particolare ricetta economica?

«Lo ha fatto con un messaggio molto semplice: noi non utilizzeremo i profitti generati dalle piccole e medie imprese del Nord per pagare il reddito di cittadinanza al Sud.

Messaggio chiarissimo».

 

Ma è così?

giuseppe conte luigi di maio e la card per il reddito di cittadinanza

«Mai come in queste elezioni è evidente il rapporto diretto tra il voto ai 5 stelle, che del reddito di cittadinanza hanno fatto la loro bandiera, e la distribuzione del sussidio alla popolazione. Le aree del Sud dove Conte è andato meglio o è diventato maggioranza sono quelle che hanno goduto del maggior gettito legato al reddito di cittadinanza».

 

Insomma, i dati economici dell'Italia sono una somma algebrica con il Nord in positivo e il Sud negativo. Il voto per Meloni al Nord è la rivolta del più contro il meno. Così?

«In parte è così. Nel Nord-Est sette elettori su dieci mettono l'autonomia al primo posto tra le richieste da fare al governo nazionale. Questo significa che la richiesta viene da un arco molto vasto, non solo da leghisti e da chi ha votato Fdi».

 

E come si spiega questo, oltre che con la paura del futuro?

giorgia meloni francesco lollobrigida

«Il Nord-est ha due esempi di autonomismo regionale ai suoi confini: il Friuli e il Trentino. E chiede da tempo di essere messo nelle stesse condizioni di chi abita quelle regioni. La richiesta di autonomia si spiega anche dall'esempio dei vicini».

 

Queste non erano a suo tempo le richieste della Lega?

«L'origine della Lega è nella Liga veneta. Anzi nelle lighe. La protesta inizia a Treviso e si espande presto in diverse aree del Nord. Non tanto nelle campagne quanto nelle aree pedemontane. Treviso, Padova, Vicenza, Verona. Bergamo, Brescia: piccole città che vivevano sulle piccole imprese».

 

E che si sentivano ingiustamente trascurate a Roma?

GIORGIA MELONI

«Diciamo non adeguatamente rappresentate. La Lega per molti anni è servita da collante, da rete di riferimento a questo popolo che viveva alla periferia del potere. Quella funzione è venuta meno con la svolta di Salvini.

 

E non per caso dopo la sconfitta di queste elezioni politiche anche dentro il partito è avanzata la richiesta di tornare al vecchio modello. Come propongono Bossi e Maroni».

 

In tutto questo il centrosinistra è scomparso. Per quali ragioni?

«Da anni ormai il Pd è diventato il partito delle aree metropolitane. Sempre più dei loro centri storici. Gli operai hanno smesso, in buona parte, di votare il centrosinistra. Votano per altre aree politiche o si astengono».

 

Eppure anche il Pd ha avuto il periodo in cui era diventato il partito del capo

«Certo, con Renzi. Aveva raggiunto il 41 per cento. L'avevo soprannominato il PdR, il partito di Renzi. Poi quello schema non ha retto e gli elettori gli hanno rapidamente voltato le spalle».

 

Si attendeva il risultato del partito di Letta?

«Finora, nonostante gli alti e bassi, il Pd era l'unico partito rimasto in piedi mantenendo una struttura e un radicamento sul territorio. Ora mi pare che anche quella certezza sia venuta meno. Scendere sotto il 20 per cento è stato un grave colpo».

giuseppe conte.

 

Certo. Ma Meloni, universalmente riconosciuta vincitrice, non è andata oltre il 24 per cento. Come si spiega?

«Si spiega con la polverizzazione dei partiti, spesso leggeri. Che vivono sui social più che nella realtà. Che hanno scarse occasioni di incontro continuativo con i cittadini. I 5 stelle sono passati dal 33 per cento del 2018 al 16 del 2022. La Lega dal 31 all'8 per cento. E tutto questo in pochissimi anni».

 

 Quali fattori hanno accelerato questo processo?

«Credo che abbia giocato molto la scomparsa dei corpi intermedi, delle associazioni. Il virus e il lockdown hanno avuto questa conseguenza indiretta. Le persone si incontrano meno e chattano di più. E internet favorisce le onde emotive in politica.

 

ilvo diamanti 3

E poi da decenni in Italia si vota contro. Quella di Berlusconi era la battaglia dell'imprenditore contro l'establishment. Quella di Grillo la sfiducia contro il Palazzo che diventa ideologia. Ora non c'è più la sfiducia del Vaffa.

 

C'è, al suo posto la democrazia della paura e della richiesta di aiuto. Il Nord chiede quella protezione: usa Meloni come un ombrello per ripararsi dalla pioggia che verrà nei prossimi mesi».

GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI

Ultimi Dagoreport

giulio berruti maria elena boschi

L’INIZIO DELLA STORIA TRA L’ONOREVOLE MARIA ELENA BOSCHI E GIULIO BERRUTI, DENTISTA-ATTORE, È STATO FELICE, ALLIETATO DI SGUARDI ADORANTI SOTTO I FLASH DI “CHI”. L’INTRECCIO È CONTINUATO PER CINQUE ANNI TRA QUADRETTI FAMILIARI LIALESCHI PIENI DI BUONA VOLONTÀ MA SEMPRE PIÙ CARICHI DI TENSIONI. SAPPIAMO CHE NON C'È PIÙ GRANDE DOLORE, A PARTE I CALCOLI RENALI, DI UN AMORE FALLITO. QUINDI, ANNUNCIAMO COL DOVUTO RISPETTO, CHE È SCESO DEFINITIVAMENTE IL SIPARIO SULLA COPPIA BOSCHI E BERRUTI. BUONA FORTUNA A TUTTI...

conte appendino taverna bettini fassino roberto fico lorusso

INVECE DI COMPORTARSI DA "LADY MACBETH DEI MURAZZI", QUALCHE ANIMA PIA RICORDI A CHIARA APPENDINO CHE DIVENTÒ SINDACA DI TORINO GRAZIE NON SOLO AI GRILLONZI MA SOPRATTUTTO ANCHE AI TANTI VOTI DEL CENTRODESTRA CHE, DETESTANDO FASSINO, VOTARONO LA SPILUNGONA - QUELLA MIRACOLATA DELLA APPENDINO SI DEVE SCIACQUARE LA BOCCA PRIMA DI PARLARE DI GOFFREDO BETTINI COME “IL MALE DEL M5S” PERCHÉ, COME DICE CONTE, MERITEREBBE “UN MONUMENTO”– LO SCAZZO CON LA TAVERNA CHE LE HA RICORDATO COME SE FOSSERO STATE IN VIGORE LE REGOLE DI GRILLO “LEI NON AVREBBE AVUTO CARICHE…”

cdp cassa depositi e prestiti giovanbattista fazzolari fabio barchiesi giorgia meloni giancarlo giorgetti dario scannapieco francesco soro

DAGOREPORT - QUALCOSA DEVE ESSERE SUCCESSO IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE. CHE VIRUS HA COLPITO PALAZZO CHIGI PER PASSARE DA AMATO E LETTA A TALE GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI, UN TIPINO CHE FINO AL 2018, RICOPRIVA IL RUOLO DI DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA ALLA REGIONE LAZIO? - CHE È SUCCESSO A CASSA DEPOSITI E PRESTITI (CDP), HOLDING PUBBLICA CHE GESTISCE I 300 MILIARDI DI RISPARMIO POSTALE DEGLI ITALIANI, PER RITROVARCI VICEDIRETTORE GENERALE, CON AMPIE DELEGHE, DAL PERSONALE E GLI INVESTIMENTI ALLA COMUNICAZIONE, IL 43ENNE FABIO BARCHIESI, CHE ORA ASSUME ANCHE LA CARICA DI AD DI CDP EQUITY, LA PIÙ IMPORTANTE SOCIETÀ DEL GRUPPO? - COME SI FA A RICOPRIRE DI RUOLI NEVRALGICI DI POTERE L’EX FISIOTERAPISTA DI MALAGO' CHE NON HA MAI RICOPERTO IL RUOLO DI AMMINISTRATORE NEMMENO NEL SUO CONDOMINIO, CHE BALBETTA UN INGLESE APPENA SCOLASTICO E HA ALLE SPALLE UNA LAUREA IN ECONOMIA OTTENUTA, PRESSO LA SELETTIVA UNIVERSITÀ TELEMATICA UNICUSANO, A CUI SI AGGIUNGE UNA CATTEDRA, A CONTRATTO, ALLA LINK, L’ILLUSTRISSIMA UNIVERSITÀ DI VINCENZO SCOTTI? - ALL’ANNUNCIO DELLA NUOVA CARICA DI BARCHIESI, LO SCONCERTO (EUFEMISMO) È PIOMBATO NELLE STANZE DEL MEF, PRIMO AZIONISTA DI CDP, MENTRE PER LE FONDAZIONI BANCARIE L’ULTIMA PRESA DI POTERE DEL DUPLEX FAZZO-BARCHIESI, IN SOLDONI, E' “IL PIÙ GROSSO SCANDALO POLITICO-FINANZIARIO MAI VISTO NEL BELPAESE...”

maurizio landini giorgia meloni

IL SESSISMO È NELLA CONVENIENZA DI CHI GUARDA – LA SINISTRA DIFENDE LANDINI CHE HA DEFINITO “CORTIGIANA” GIORGIA MELONI: PENSATE COSA SAREBBE SUCCESSO NEL "CAMPO LARGO" E NEI GIORNALI D'AREA SE L’AVESSE DETTO SALVINI DI UNA BOLDRINI QUALSIASI. AVREMMO AVUTO PAGINATE SUL SESSISMO DEL BIFOLCO PADANO. MA IL SEGRETARIO DELLA CGIL È "UN COMPAGNO CHE SBAGLIA", E ALLORA VA DIFESO: “È SOLO UN EQUIVOCO” – NON CHE LA DESTRA DIFETTI DI IPOCRISIA: GIORGIA MELONI SI INDIGNA PER "CORTIGIANA" EPPURE E' LA MIGLIORE ALLEATA DI TRUMP, UNO CHE SI VANTAVA DI "AFFERRARE TUTTE LE DONNE PER LA FICA”

flavio cattaneo ignazio la russa giorgia meloni carlo calenda matteo salvini

DAGOREPORT - IL CONTESTO IN CUI È ESPLOSO LO SCONTRO-CON-SCAZZO TRA CARLO CALENDA, E L’AD DI ENEL, FLAVIO CATTANEO, HA COLPITO GLI HABITUÉ DEI PALAZZI ROMANI - IL DURO SCAMBIO NON È AVVENUTO IN UN TALK DE LA7, BENSÌ A UN GALLONATISSIMO CONVEGNO DI COLDIRETTI, LA FILO-GOVERNATIVA ASSOCIAZIONE CHE RAGGRUPPA 1,6 MILIONI DI IMPRENDITORI AGRICOLI (LA PRIMA USCITA PUBBLICA DI MELONI PREMIER FU A UN CONVEGNO COLDIRETTI) - L’INVITO AL CALENDA FURIOSO, DA MESI SMANIOSO DI ROMPERE LE OSSA A CATTANEO, È STATO “LETTO” NEI PALAZZI ROMANI COME UN SEGNO DI “DISTACCO” TRA LA STATISTA DELLA SGARBATELLA E L’AD DI ENEL, IL CUI MANDATO SCADE LA PROSSIMA PRIMAVERA DEL 2026 – E QUANDO IN UN SUCCESSIVO TWEET CALENDA COINVOLGE I GRAN MENTORI DELL'INARRESTABILE CARRIERA DI CATTANEO, LA RUSSA E SALVINI, SI ENTRA IN QUEL LUNGO E SOTTERRANEO CONFLITTO DI POTERE CHE FECE SBOTTARE ‘GNAZIO: “GIORGIA VUOLE CONTROLLARE TUTTO: PALAZZO CHIGI, IL SUO PARTITO, QUELLI DEGLI ALTRI, MA È IMPOSSIBILE’’ -  ORA IL DESTINO CINICO E BARO VUOLE CHE SUL CAPOCCIONE DI CATTANEO, OLTRE ALLA MANGANELLATA DI CALENDA, SIA ARRIVATO UNO SGRADITO OSPITE, UN NON IDENTIFICATO SPYWARE CHE L’HA SPIATO NOTTE E DÌ... - VIDEO - LA VIGNETTA ANTI-CALENDA DI "OSHO": "A PROPOSITO DE UTILI, VOLEMO PARLA' DELL'UTILITÀ DI AZIONE?"

chiara appendino roberto fico giuseppe conte vincenzo de luca elly schlein

DAGOREPORT - GENTILE CHIARA APPENDINO, È CONSAPEVOLE CHE IN POLITICA, COME NELLA VITA, ‘’NON SI PUÒ AVERE LA SIRINGA PIENA E LA MOGLIE IN OVERDOSE”? MA E' DAVVERO CONVINTA CHE, CON UN M5S “PIÙ AUTONOMO DAL PD”, IL PARTITO DI CONTE SAREBBE RIUSCITO A SVENTOLARE LE CANDIDATURE DI TRIDICO IN CALABRIA E DI FICO IN CAMPANIA, DOVE NEL 2020 M5S HA PRESO IL 9,9% MENTRE DE LUCA INTASCÒ IL 69,4%? – OGGI LA VITTORIA DI FICO, FINO A IERI DATA PER SICURA, STA TROVANDO UNA STRADA ACCIDENTATA - A SALVARE LA BARACCA CI DOVRÀ PENSARE LO SCERIFFO DI SALERNO – COME ELLY, CHE DOPO AVERLO DISPREZZATO, E' SCESA A MITI CONSIGLI, ANCHE FICO DEVE ACCETTARE LE “PRIORITÀ” DI DE LUCA OPPURE VERRÀ ABBANDONATO AL SUO DESTINO DI PERDENTE, FACENDO FELICE IL CANDIDATO DI FRATELLI D’ITALIA, EDMONDO CIRIELLI...