gianluigi paragone e claudio borghi

L'ONOREVOLE GREEN PASS - APPENA IL GOVERNO HA DECISO DI ESTENDERE LA CERTIFICAZIONE ANCHE PER ACCEDERE A CAMERA E SENATO, NEGAZIONISTI E NO VAX HANNO COMINCIATO A FARE I PAZZI - IL LEGHISTA BORGHI: "MI PREOCCUPANO I DIRITTI DEI LAVORATORI, NON QUELLI DEI PARLAMENTARI" (CERTO, COME NO) - L'EX GRILLINO PARAGONE: "FORZERÒ OGNI BLOCCO, SIAMO AI LIMITI DEL FASCISMO" (CIAO CORE)

1 - LA FRONDA IN PARLAMENTO: «PRONTI A FORZARE I BLOCCHI»

Brunella Bolloli per "Libero Quotidiano"

 

deputati di fratelli d italia contro il green pass

Sono in pochi ma disposti a tutto. Claudio Borghi, deputato leghista di lotta e di piazza, aveva già pronte le carte bollate per il ricorso alla Corte costituzionale e quando si è accorto che il governo ha esteso il Green Pass anche agli organi costituzionali, cioè Consulta, Quirinale, Camera e Senato, non gli è sembrato vero.

 

no green pass in parlamento

«Ho detto enne volte che speravo che l'obbligo di certificato venisse esteso al Parlamento così mi avrebbe dato la possibilità di chiedere una pronuncia in merito alla Corte Costituzionale a difesa del lavoro di tutti», ha scritto su Twitter. «Adesso che pure la Consulta è "intimata", risponderà direttamente».

 

no green pass in parlamento

Nonostante la linea ormai pro-vax del suo partito e del suo leader Matteo Salvini («se il Green Pass vale per i volontari, deve valere anche per i parlamentari», ha detto ieri il segretario del Carroccio) Borghi, che pure ammette la sconfitta ed è isolato tra i suoi colleghi, cavalca la protesta degli scettici perché il certificato verde «lede i diritti dei lavoratori», insiste.

 

Ironico, il deputato comasco ha postato sui social una sua personale riscrittura del primo articolo della Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul Green pass. La sovranità appartiene al governo, che la esercita come gli pare».

 

claudio borghi

Ma per non fare la figura della solita casta che vuole solo privilegi e se ne frega del resto del mondo, ha aggiunto la seguente postilla: «Mi preoccupano i diritti dei lavoratori, non quelli dei parlamentari».

 

Salvini, comunque, ha preso le distanze dai militanti ribelli: ai no-vax preferisce la campagna elettorale per le Amministrative e l'unanimità raggiunta in Consiglio dei ministri sul via libera al lasciapassare sancisce che la linea Giorgetti è prevalsa su tutto.

claudio borghi 9

 

Non a caso il Capitano, ieri, era in Calabria, lontano da Roma, impegnato nei comizi per le Regionali dove il centrodestra risulta in vantaggio. In Senato ribolle Gianluigi Paragone, ex grillino finito nel Gruppo Misto, contrarissimo all'obbligo di Green Pass per entrare a Palazzo Madama.

 

«Forzerò ogni blocco e se mi dovessero mettere le mani addosso, li denuncerò alla procura. Siamo ai limiti del fascismo», ha spiegato all'Ansa l'ex conduttore de La Gabbia. «Così si limita la possibilità di rappresentare il popolo che la pensa diversamente e io sono il rappresentante di tutto il popolo».

 

gianluigi paragone ex m5s

Inoltre, ha attaccato il senatore, «il Parlamento non è un luogo di lavoro, è una delle istituzioni della Repubblica, chi è abusivo al massimo è Mario Draghi che non è stato eletto». Paragone ha tirato in ballo pure il presidente della Repubblica: «Il capo dello Stato sia davvero garante della Costituzione».

 

paragone

A parte il mini-drappello dei contrari al provvedimento, i Fratelli d'Italia della Meloni che sono all'opposizione e gli ex grillini del gruppo L'Alternativa c'è, i partiti sono quasi tutti uniti e vaccinati.

 

GIANLUIGI PARAGONE IN OSPEDALE DOPO L'INCIDENTE IN SCOOTER

Ma l'applicazione del lasciapassare per i membri del Parlamento, per i suoi dipendenti e per chiunque entri in quei palazzi non è automatica come in ogni altro ufficio pubblico in virtù del principio di autodichia di cui gode il Parlamento.

 

Oggi il pass verde serve per entrare in biblioteca, sedersi al ristorante e alla mensa di Camera e Senato. Il problema si pone invece per accedere all'Aula e alle commissioni dove si svolgono i lavori.

 

Ecco perché già mercoledì sia a Montecitorio che a Palazzo Madama il tema sarà esaminato dalle conferenze dei capigruppo, "cuori politici" delle Assemblee legislative. In base a ciò che sarà deliberato, gli uffici di presidenza prenderanno le decisioni. La maggioranza è compatta sul sì al Green Pass, ma il finale non è mai scontato.

 

2 - IL MEA CULPA DEL PALAZZO: "DOVEVAMO FARLO PRIMA", MA I NO VAX NON CI STANNO

Estratto dell'articolo di Emanuele Lauria per "la Repubblica"

 

parlamentari non rispettano il metro di distanza

Uguali e scontenti. Nel cortile di Montecitorio, in un giovedì dal cielo incerto come le opinioni dei pochi che animano il Palazzo, il provvedimento del governo che "invita" il Parlamento ad adottare il Green pass non suscita grandi emozioni.

 

Finirà, a breve, che Camera e Senato si adegueranno a una normativa che riguarda tutti i lavoratori ma gli eletti si dividono sostanzialmente in tre fazioni: chi dice semplicemente che è giusto così, senza salti di gioia, chi ritiene che bisognava pensarci prima senza farsi "commissariare" da Palazzo Chigi, chi non ama il passaporto sanitario e dunque poco tollera una sua estensione fin dentro le aule legislative. In ogni caso, il clima non è quello della soddisfazione sfrenata.

 

deputati lasciano montecitorio

Squilla in continuazione il telefono di Gregorio Fontana, presidente del collegio dei questori della Camera: «Cosa faremo? Applicheremo semplicemente le stesse norme che valgono per tutti gli italiani». D'altronde, ricorda Fontana, «a Montecitorio il Green Pass viene già chiesto per entrare in mensa e in biblioteca. Si tratta di disporre ora i controlli agli ingressi del Palazzo».

 

La misura cautelativa arriva quasi a un anno dal boom di contagi alla Camera che fece esplodere il dibattito sull'opportunità del voto a distanza: «Siamo riusciti a non trasformare questo posto in un cluster, a non fermare mai i lavori e, se permettete, anche a impedire collegamenti video con deputati a casa in mutande e canottiera», prorompe Fontana.

 

aula montecitorio

Forse è così, ma per la medesima esigenza di sicurezza - e per dare l'esempio - non ci si poteva sottoporre prima, in autonomia, all'obbligo del Green Pass? «Sia benedetto questo invito del governo che sicuramente accoglieremo: ma abbiamo indubbiamente perso tempo», dice il deputato segretario Francesco Scoma, di Italia Viva.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HA VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…