di maio

I 5S NON ESISTONO PIÙ - COME UNA SPIETATA NEMESI, LA PIATTAFORMA ROUSSEAU SI È ABBATTUTA SU CHI HA PRETESO DI MANIPOLARLA OLTRE IL LIMITE TOLLERABILE. MENO DI 28MILA MILITANTI, DAVVERO UN'INEZIA, HANNO DECRETATO LA FINE DI UN'EPOCA E PROBABILMENTE DI UNA CARRIERA POLITICA, QUELLA DI DI MAIO. IL QUALE AVREBBE FATTO MEGLIO AD ANDARE IN GIAPPONE PER IL G20, INVECE DI CONFERMARE AL MONDO CHE L'ITALIA NON HA UN MINISTRO DEGLI ESTERI E, A QUANTO PARE, DA IERI SERA NON HA NEMMENO QUALCUNO IN GRADO DI GUIDARE QUEL CHE RESTA DEI CINQUE STELLE

Stefano Folli per “la Repubblica”

 

LUIGI DI MAIO WANG YI

Come una spietata nemesi, la piattaforma Rousseau si è abbattuta su chi ha preteso di manipolarla oltre il limite tollerabile. Meno di ventottomila militanti - davvero un' inezia anche per gli scarni riti del movimento - hanno decretato la fine di un' epoca e probabilmente di una carriera politica, quella di Di Maio. Il quale avrebbe fatto meglio ad andare in Giappone per il G20, invece di confermare al mondo che l' Italia non ha un ministro degli Esteri e, a quanto pare, da ieri sera non ha nemmeno qualcuno in grado di guidare quel che resta dei Cinque Stelle.

 

di maio ilva

Il 70 per cento (di 28mila) che ha respinto la «pausa di riflessione» proposta dal vertice del M5S, ossia la decisione di non presentare le liste in Calabria ed Emilia-Romagna, ha inteso in realtà rifiutare gli arabeschi romani, i giochi del sottobosco, la ricerca dei piccoli e grandi privilegi che derivano dalla scelta governativa aggravata dalla vocazione al trasformismo.

 

maurizio costanzo e luigi di maio 01

Nel riaffermare la volontà di presentare i propri candidati regionali, perché non si concepisce che un partito di governo rinunci addirittura a esistere per il timore di essere ridimensionato, i 5S tentano in qualche misura di tornare alle origini, alla felice infanzia del movimento nato nel segno dell' anti-politica.

 

VIGNETTA ELLEKAPPA - DI MAIO E LA TERZA VIA

Purtroppo un desiderio irrazionale non cancella la realtà. Un' amara realtà.

Il movimento è vicino all' estinzione e il suo capo carismatico di un tempo, Beppe Grillo, non sa e probabilmente non vuole tornare sul palcoscenico. Anzi, è lui il vero leader dell' ala governista; o almeno lo è stato fino a ieri in quanto interlocutore privilegiato del Pd, cercato e persino invocato da Zingaretti e Orlando quale facilitatore dell' alleanza tra centrosinistra e M5S.

 

Ma i clic dei 28mila hanno sconfessato anche lui. La rivolta della periferia ha affermato l' illusione dell' autonomia: il movimento si spezzetta in tante liste territoriali, si potrebbe dire civiche, ognuna delle quali si gioca la sua partita. Ma da oggi i 5S come li abbiamo conosciuti, non esistono più.

I MEME SULLE REGIONALI IN UMBRIA - DI MAIO - CONTE - SALVINI

 

Ne deriva che a Roma si entra in una fase d' instabilità senza precedenti. Il movimento ormai acefalo avanza come un vascello disalberato: ammesso che superi gli scogli della legge di bilancio e il caso del "salva-Stati", nonché i disastri Ilva e Alitalia, è inevitabile che la sua crisi si rovesci sulla maggioranza.

Di Maio

 

Non a caso la lista "grillina" a Bologna sarà concepita contro Bonaccini e potrebbe danneggiarlo in modo decisivo. Una situazione che equivale ad accendere una miccia sotto la scrivania del presidente del Consiglio. Non è più credibile che Conte possa galleggiare ancora sopra la palude ed è altrettanto logico immaginare che la legislatura sia quasi arrivata al suo epilogo: in modo inevitabile se Bonaccini perderà la sua Regione, ma in fondo anche nel caso che riesca con un colpo di reni a mantenerla.

Ci sarà tempo per valutare tali sviluppi.

 

luigi di maio giuseppe conte

Quel che oggi merita sottolineare è il venir meno di un' alleanza mai nata, se non per convenienze di corto respiro. Il Pd ha accarezzato l' idea di trasformare i 5S in una specie di sua corrente esterna, in nome del nuovo bipolarismo. Magari potrà anche riuscirci in futuro, se sarà abbastanza abile da assorbire una fetta dei loro voti senza regalarli a Salvini e senza inseguire forme di massimalismo anti-riformista. In fondo, il partito di Zingaretti e Franceschini ha tentato di salvare il patto elettorale, avendo come subordinata la desistenza delle liste "grilline". Ma gli eventi sono andati in altra direzione.

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