ADDIO AI 70 MILIARDI CHE LO STATO DEVE AI CREDITORI: L’EUROPA NON VUOLE (E IL RILANCIO DELL’ECONOMIA VA A PUTTANE)

Alberto D'Argenio per "La Repubblica"

Per Monti e Grilli lo stop della Commissione europea al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione è una doccia gelata. Premier e ministro hanno bisogno di qualche ora per capire cosa stia succedendo.

Dopo la dichiarazione del portavoce di Olli Rehn, responsabile Ue agli Affari economici, partono le telefonate verso Bruxelles per ottenere chiarimenti su quella che viene vista come un'incomprensibile retromarcia: dal via libera di Rehn e Tajani (Industria) ai pagamenti della P.A. sono passati solo sette giorni. E dopo i colloqui riservati con i servizi comunitari, Roma si prepara allo scontro per far riaccendere quel semaforo verde ritenuto fondamentale per rilanciare l'economia.

Le imprese vantano un credito monstre di circa 70 miliardi verso lo Stato la cui liquidazione avrebbe un impatto sui conti di un Paese non ancora al riparo dalle tempeste finanziarie. Come dimostra la paura di downgrade firmato Moody's in una fase di debolezza dovuta all'ingovernabilità, tanto che i ministri di Monti temono che in caso di nuovo voto a giugno l'Italia venga investita da una tempesta finanziaria a base di spread. Anche per questo il governo vuole sbloccare subito i soldi per le imprese che ridarebbero fiato alla crescita, vero scudo a lungo termine sui mercati.

Monti e Grilli vogliono pagare 20 miliardi nel 2013 e 20 nel 2014. La prima tranche da saldare quest'anno prevede una decina di miliardi da reperire con l'emissione di titoli di Stato il cui impatto sul debito è autorizzato da Bruxelles e il resto, 8-10 miliardi, che pagherebbero i Comuni grazie a un allentamento del Patto di stabilità interno. Operazione che a fine anno porterà il deficit italiano dal 2,4 al 2,9%. E il problema è qui: «Temiamo - spiegano da Bruxelles che se oggi dicono 2,9% domani ci ritroviamo con un disavanzo superiore al 3%, sopra il tetto di Maastricht».

Insomma, l'Europa non si fida. Per questo è scattata la dichiarazione che congela l'operazione Monti: per non avere brutte sorprese la Commissione vuole che l'Italia paghi meno nel 2013 tenendo un margine di sicurezza sul deficit altrimenti si rimangerà il via libera della scorsa settimana e a maggio non chiuderà la procedura per deficit eccessivo aperta ai tempi di Berlusconi.

Il timing dello stop Ue non è casuale, visto che proprio ieri il governo ha mandato al Parlamento la nota con il programma di pagamento chiedendo un voto delle Camere per poi approvare, al più tardi la prossima settimana, il decreto che farebbe allargare i cordini della borsa. Ma Monti e Grilli (che nei giorni avevano informato Rehn) non vogliono cedere. E mentre da Bruxelles Tajani prova a gettare acqua sul fuoco dicendo che «non c'è nessuna inversione di rotta da parte della Commissione», Roma si prepara a convincere la Ue ad abbandonare la diffidenza e ad autorizzare i pagamenti facendo cadere la minaccia di tenere aperta la procedura sul deficit.

Minaccia non da poco, visto che senza l'agognata chiusura dell'infrazione l'Italia non potrà usare la Golden rule strappata a fatica da Monti (l'ok agli investimenti pubblici che generano crescita ritenuto vitale per rilanciare l'economia) e l'accesso allo scudo antispread nel caso l'Italia dovesse tornare a tremare sui mercati.

Per sbloccare la partita Monti e Grilli ripeteranno a Rehn che non si tratta di nuove spese, ma del saldo di quelle pregresse e ricorderanno quanto scritto nel documento inviato al Parlamento: se paghiamo questi 40 miliardi nel 2014 ci sarà una crescita «decisamente superiore all'1%» che farà scendere il deficit. E se non basterà sono pronti allo scontro: «Dobbiamo rischiare, non ha senso pagare una somma inferiore rispetto allo 0,5% del deficit, per allentare il patto di stabilità interno solo in parte dovremmo negoziare i tetti di spesa con ogni comune perdendo mesi mentre le imprese hanno bisogno i soldi subito», ragionavano tra Chigi e Via XX Settembre.

D'altra parte Monti sul via libera ai pagamenti ci ha puntato tantissimo investendo più di un anno di negoziati europei. Per questo garantirà a Bruxelles che «abbiamo fatto i conti bene, oltre il 2,9% non andremo. E in caso contrario l'Italia farà un intervento compensativo con altri tagli meno depressivi per l'economia in modo da tenere il deficit sotto il 3%».

 

Mario Monti MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegolli rehntajani foto mezzelani gmt logo moody Commissione Europea

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."

consiglio supremo difesa mattarella meloni fazzolari bignami

DAGOREPORT - CRONACA DI UN COMPLOTTO CHE NON C’È: FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, CONSIGLIERE DEL QUIRINALE, SI SARÀ ANCHE FATTO SCAPPARE UNA RIFLESSIONE SULLE DINAMICHE DELLA POLITICA ITALIANA IN VISTA DELLE ELEZIONI 2027. MA BELPIETRO HA MONTATO LA PANNA, UTILE A VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ E A DARE UN ASSIST A FRATELLI D’ITALIA, SEMPRE PRONTA ALLA LAGNA VITTIMISTA – A QUEL TORDO DI GALEAZZO BIGNAMI È SCAPPATA LA FRIZIONE. E DOPO IL SUO ATTACCO AL COLLE, IL SOLITAMENTE CAUTO GIOVANBATTISTA FAZZOLARI È INTERVENUTO PRECIPITOSAMENTE PER SALVARGLI LA FACCIA (E LE APPARENZE CON IL COLLE) - BELPIETRO ESONDA: "ISTITUZIONALMENTE SCORRETTA LA REPLICA DEL QUIRINALE"