AMBASCIATORE PORTA ARMI: STEVENS, UCCISO NELL’ASSALTO A BENGASI, CONSEGNAVA ARMI AI RIBELLI SIRIANI

Leonardo Piccini per "Libero"

Il giallo dell'assalto al consolato americano di Bengasi dell'11 settembre del 2012, in cui morirono l'ambasciatore Chris Stevens e tre componenti del suo staff, si arricchisce oggi di nuovi particolari riferiti a Libero da una fonte diplomatica di primo piano: un agente consolare europeo che ha conosciuto personalmente l'ambasciatore.

Secondo il racconto del diplomatico, la vera natura dell'assalto al consolato americano non avrebbe nulla a che vedere con le false piste del film anti Maometto o con le rivendicazioni della milizia «Ansar al Sharia» per vendicare l'uccisione del terrorista Abu al Libi.

Versioni finora sempre accreditate dalla Segreteria di stato americano e dalla Cia. La fonte diplomatica sostiene invece che, sullo sfondo dell'assalto di Bengasi, si stagli una missione della Cia guidata da Stevens, che ha poco a che vedere con le ragioni della diplomazia e molto, invece, con quelle della «realpolitik» americana.

L'amministrazione Obama ha cercato in ogni modo di sviare i sospetti e i dubbi, evitando di fare luce sulle circostanze misteriose che hanno portato all'assalto del consolato americano. Forse perché questo, avrebbe significato parlare del vero attore protagonista della storia: la Cia, come affermano anche numerose testate americane come il Wall Street Journal e il Daily Beast.

Una verità che oggi lentamente ma inesorabilmente emerge anche dalle audizioni segrete del Congresso, che sottolineano come più che di «missione diplomatica» e di «consolato», espressioni sempre utilizzate dal segretario di Stato, Hillary Clinton per definire i locali presi d'assalto dai miliziani islamici, si dovrebbe invece parlare di «un'operazione della Cia sotto copertura diplomatica».

Un'operazione in cui, secondo la nostra fonte, oltre a Stevens, erano coinvolti almeno 24 agenti americani che avevano a loro disposizione una villa situata a poco più di due chilometri dalla sede consolare statunitense.

Una circostanza quest'ultima, confermata da Charlene Lamb, una delle responsabili dell'Ufficio per la Sicurezza Diplomatica presso il Dipartimento di Stato americano. Seicano. Sempre secondo la fonte, la Cia a Bengasi, «aveva il compito di contrastare in tutti i modi possibili il rischio di attentati terroristici», frenando le infiltrazioni estremiste in un paese già in pieno caos dopo la morte di Gheddafi.

È per questo che il segretario di Stato Hillary Clinton dirama agli agenti Cia un ordine operativo immediato: recuperare il più velocemente possibile migliaia di tonnellate di armi saccheggiate dai miliziani libici e provenienti dagli arsenali di Gheddafi, toglierle dalla circolazione e spedirle in un altro teatro operativo.

Alla Cia viene anche affidato il compito di recuperare una grossa quantità di missili terra- aria. Secondo la nuova versione offerta dal diplomatico, al momento dell'assalto contro il consolato di Bengasi, Chris Stevens era impegnato in un'operazione della Cia per la fornitura di missili SAM-7 ai ribelli siriani.

Una missione che aveva scelto come luogo segreto per la raccolta delle armi, proprio la città di Bengasi e le «case sicure» utilizzate dalla Cia attorno al consolato. Con l'aiuto del governo libico la Cia avrebbe provveduto a spedite in Siria più di 400 tonnellate di armi e munizioni, tra cui i missili terra aria del cui recupero era stata incaricata proprio la cellula sotto copertura guidata da Stevens.

Armi triangolate poi con la Turchia, grazie a un accordo tra l'ambasciatore americano e Abdelhakim Belhadj, il principale contatto di Stevens con i ribelli libici durante la guerra del 2011. Secondo la versione dei fatti raccontati dalla nostra fonte, l'11 settembre del 2012, l'ambasciatore Stevens si trovava a Bengasi, proprio per definire gli ultimi dettagli sull'invio di armi e favorirne la spedizione attraverso un porto situato a sud della Turchia, e non già come sostenuto dalla Clinton per l'inaugurazione di un padiglione dedicato a una iniziativa culturale.

Secondo il racconto del diplomatico, il tentativo di Stevens e della Cia di disarmare i ribelli libici, avrebbe prodotto una vera e propria rivolta culminata poi nell'assalto al consolato: i leader delle milizie libiche che a suo tempo avevano contribuito a rovesciare il regime di Gheddafi, non avevano infatti alcuna intenzione di abbandonare le armi. Con il loro assalto hanno inviato all'amministrazione americana un messaggio molto chiaro: preservare la propria autonomia e condizionare le decisioni della politica ricoprendo il ruolo di «guardiani della rivoluzione».

Un ruolo che non è venuto meno nemmeno in questi giorni, dopo che gruppi di miliziani armati hanno circondato le sedi del ministero degli Esteri, dell'Interno e dell'agenzia di stampa nazionale «Lana». Quanto all'invio in Siria delle armi sottratte ai ribelli libici, se questa versione venisse confermata, sarebbe un duro colpo per la credibilità del presidente Obama, che pubblicamente si è sempre detto contrario all'invio di armi ai ribelli siriani.

 

CHRIS STEVENS CON IL CAPO DEI RIBELLI LIBICI JALILLA MORTE DI STEVENS STEVENS STEVENS HILLARY CLINTON BENGASI BENGASI consolato di bengasi attaccato dagli islamiciIN FIAMME IL CONSOLATO AMERICANO A BENGASI IN LIBIA CHRIS STEVENS MENTRE INAUGURA LA SEDE CONSOLARE DI BENGASI ATTACCATA DAGLI ISLAMICI IL CONSOLATO AMERICANO A BENGASI DATO ALLE FIAMME

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…