mario draghi ue europa unione europea

AUSTERITÀ, MA PER CARITÀ! – DRAGHI PUNTA A CAMBIARE IL PATTO DI STABILITÀ, COME CONFERMATO DA PAOLO GENTILONI A CERNOBBIO: “NON SI RIPRESENTERÀ NELLA STESSA FORMA DI PRIMA” – VISTO CHE MODIFICARE IL TRATTATO È UN’UTOPIA PERCHÉ SERVIREBBE L’UNANIMITÀ, LA TRATTATIVA SI GIOCA SULLE REGOLE DI CONTORNO:  LASCIARE FORMALMENTE IN PIEDI IL TOTEM DEL 60% PER FAR CONTENTI I RIGORISTI DEL NORD EUROPA E I FRUGALI, MA SVUOTARLO DALL’INTERNO, ABOLENDO IL RIENTRO DI UN VENTESIMO DEL DEBITO PUBBLICO IN ECCESSO OGNI ANNO, TAGLIOLA CHE UCCIDEREBBE QUALSIASI RIPRESA ECONOMICA – MA PRIMA BISOGNERÀ CAPIRE CHI GOVERNERÀ A BERLINO…

Francesco Bei per "la Repubblica"

 

mario draghi in conferenza stampa

Quanto possano cambiare in fretta regole che sembravano scolpite nella pietra, come quelle alla base del Patto di Stabilità citato da Paolo Gentiloni, lo dimostra un retroscena gustoso raccontato ieri dal ministro dell'economia francese, Bruno Le Maire, parlando a porte chiuse agli imprenditori radunati a Cernobbio. «Ricordo quando andai a Berlino la prima volta a incontrare il mio collega Schauble. Prima della conferenza stampa mi disse: "puoi usare tutte le parole che vuoi, ma dimenticati la parola eurobond". Per i rigoristi tedeschi era un tabù.

 

PAOLO GENTILONI E MARIO DRAGHI

Quattro anni dopo abbiamo varato il debito comune!». L'aneddoto che ha deliziato la platea blindatissima di Villa d'Este rende bene quale potente acceleratore di novità sia stata la crisi del Covid sulle regole europee. Specie quelle fiscali. Il totem del Patto di Stabilità è stato abbattuto nel 2020, ma c'è chi prova a rialzarlo nel 2023 tale e quale. Gentiloni lavora perché non accada. Mario Draghi è convinto che ci riuscirà. «Il Patto - ha assicurato il premier prima dell'ultimo Consiglio Ue di giugno - non si ripresenterà nella stessa forma di prima».

 

draghi merkel

L'uscita di Gentiloni di ieri in realtà non portava una notizia, piuttosto offriva un ragionamento sul percorso teorico alla base del cambiamento. Visto che le regole sono state scritte nel 2012, in un altro mondo, è inutile escogitare sotterfugi per non applicarle. Meglio cambiarle, ha spiegato il commissario Ue, per adeguarle alla realtà. Visto il clamore suscitato, dagli uffici di Bruxelles si sono affrettati a ridimensionare la portate delle parole dell'ex premier, ma la sostanza non cambia.

 

Quello che cambia è invece l'oggetto del negoziato che è appena iniziato: non il Trattato Ue, ma tutte le regole di contorno. Ovvero, l'obiettivo del fronte del cambiamento - oltre all'Italia, include la Francia e i Paesi del Mediterraneo ad alto debito - non è toccare la regola che impone un tetto del 60% di debito sul Pil, quanto modulare diversamente le norme sul rientro sotto quella tagliola. Come spiega chi sta lavorando sul dossier, «pensare di modificare il Trattato è un'utopia, servirebbe l'unanimità. Per intervenire invece sul "six pack" basta una maggioranza qualificata ed è politicamente più agevole».

DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI

 

Al di là dei tecnicismi, il fine della trattativa sarebbe quello di lasciare formalmente in piedi il totem del 60% per far contenti i rigoristi del Nord Europa e rassicurare le opinioni pubbliche nei Paesi cosiddetti frugali. Ma sarebbe un totem svuotato dall'interno, perché di fatto verrebbe abolita l'imposizione draconiana di un rientro di un ventesimo del debito pubblico in eccesso ogni anno, tagliola che ucciderebbe qualsiasi ripresa economica. Dopo aver individuato la meta finale, si tratta ora di iniziare il vero negoziato.

 

mario draghi emmanuel macron a marsiglia

All'inizio gettando i semi di un'alleanza con altri Paesi interessati. Anche se la cena con Macron a Marsiglia è stata largamente centrata sull'Afghanistan e sull'immigrazione, Draghi con il presidente francese ha accennato anche a questo tema. Tuttavia la prima fase di "scouting" diplomatico è stata affidata al ministro Daniele Franco. E già all'Ecofin di Lubiana del prossimo venerdì la questione delle "Eu fiscal rules", ovvero della riforma del Patto di Stabilità, entrerà nei bilaterali a margine del summit. I tempi però non saranno brevi. Tra qualche settimana anche la commissione Ue inizierà a muoversi con delle prime bozze di proposta, ma le carte non usciranno fuori prima dell'inizio del 2022.

 

MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO

Il motivo di tanta cautela è semplice: le elezioni in Germania. «Capire chi governerà a Berlino è fondamentale - spiega una fonte di palazzo Chigi - perché la Germania è l'interlocutore imprescindibile in questa discussione. Anche se dovesse vincere il candidato della Spd si dovrà comunque capire che tipo di coalizione faranno». E soprattutto chi andrà al ministero dell'Economia. Si prevedono tempi lunghi per la formazione del governo, anche fino a dicembre. Nel frattempo al ministero dell'Economia italiano si lavora su quello che c'è.

 

mario draghi a cena al ristorante petit nice di marsiglia con emmanuel macron 2

Bisogna scrivere la Nota di aggiornamento al Def e presentarla entro il 20 settembre. Poi naturalmente c'è la legge di Bilancio da approvare e mandare a Bruxelles il 15 ottobre. Due documenti per dettagliare il percorso di rientro dal debito pubblico monstre creato dal governo Conte II per far fronte alla pandemia: 2.696 miliardi, nuovo record. Intanto l'ostilità dei "frugali" non è diminuita, anzi. Ieri è stato Geert Wilders, il "Salvini" olandese, a suonare a Cernobbio lo spartito del rigore nordico. «Il governo italiano è povero ma i cittadini italiani sono ricchi, mediamente il triplo più ricchi dei miei concittadini olandesi. Prima di chiedere soldi agli altri dovreste cominciare a far pagare le tasse in Italia». Come dice un proverbio italiano, il convento è povero ma i frati sono ricchi.

mario draghi in conferenza stampa 3MARIO DRAGHI E ANGELA MERKELmario draghi in conferenza stampa 2gerald passedat emmanuel macron mario draghi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…