renzi calenda zingaretti

AVVISATE ZINGARETTI! IL PD FESTEGGIA MA RISPETTO ALLE EUROPEE DEL 2014 HA PERSO 6 MILIONI DI VOTI E 100MILA ELETTORI RISPETTO ALLE DISASTROSE POLITICHE DEL 2018  (ALLE POLITICHE HANNO VOTATO MOLTI PIÙ ITALIANI RISPETTO ALLE EUROPEE) – IL PARTITO DEMOCRATICO NON E’ RIUSCITO A RECUPERARE I DELUSI DEI 5 STELLE (SOLO IL 4% HA SCELTO IL PD) – I RENZIANI ANZALDI E GIACHETTI MENANO DURO – “ARRIVARE SECONDI NON BASTA” – E CALENDA, IL CANDIDATO PIÙ VOTATO DELLA LISTA UNITARIA, PARLA DI UNA NUOVA FORZA…

europee 2019 nicola zingaretti e paolo gentiloni festeggiano il sorpasso del pd sul movimento 5 stelle con una foto sfocata

Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera

Come sempre più spesso accade da quando si è messo a far politica, tocca a Carlo Calenda mettere a fuoco, senza troppi giri di parole, il tema su cui una parte del centrosinistra sta dibattendo in queste ore e indicare come unica prospettiva la nascita di un nuovo partito.

 

Il candidato più votato della lista unitaria (secondo solo a Salvini come preferenze ottenute in una circoscrizione) sgombra innanzitutto il campo dai facili entusiasmi. Per carità per il Pd e «Siamo Europei» è stato un successo, «ma non dobbiamo dimenticare che la lista non ha neanche raggiunto il numero di voti delle Politiche». Per evitare di pendere solo a sinistra perdendo i moderati c' è una sola cosa da fare, avverte l' ex ministro: «Dobbiamo creare un' ampia alleanza che coinvolga il Pd, i Verdi, che andranno però rifondati, e un vero partito libdem-Siamo Europei. Un partito che nasca sul serio. E un' alleanza, non una lista unica».

 

luigi di maio nicola zingaretti

Calenda non lo esplicita ma è chiaro che, forte di un ottimo risultato elettorale, lui ha tutte le carte in regola per guidare un nuovo soggetto politico liberaldemocratico. E comunque, l' ex ministro, come molti anche nel Pd, ritiene che il Partito democratico non sia in grado da solo di attirare i voti dei moderati. Non più almeno, benché a suo tempo fosse nato anche per questo. Anche il sindaco di Milano Beppe Sala, del resto, è convinto che «il Pd da solo non basti» e che servano «forze nuove».

 

RENZI CALENDA

Il dibattito sulla conquista del centro era stato aperto da Renzi alla vigilia delle Europee. Ma dopo il voto, con il Pd che non guadagna consensi rispetto al 4 marzo («si sono persi 100 mila voti», sottolinea Calenda) quella discussione si è fatta più accesa. Soprattutto tra i renziani. Il cui leader ufficialmente non interviene nel dibattito, ma lascia capire quello che pensa con un tweet: «La vittoria della Lega è netta. È altrettanto evidente che la risposta più forte a questa vittoria arriva oggi da Firenze grazie a Nardella». Non un commento sul risultato del Pd, non una parola sul segretario...

 

Ma si diceva dei renziani.

Secondo Roberto Giachetti i voti persi rispetto al 4 marzo, calcolando i consensi arrivati dagli scissionisti, sono 200 mila: «Il presunto campo largo non è più largo di allora e i risultati sono anche peggiori». Per Giachetti è «grave» che il Pd non sia praticamente riuscito a captare i voti in uscita dai 5 Stelle e da Forza Italia.

nicola zingaretti e paolo gentiloni festeggiano i risultati del pd alle europee

 

Questi, aggiunge, «sono numeri, non opinioni»: «Ci ostiniamo a rivolgerci al bacino della sinistra che, come abbiamo visto, oltre il Pd non esiste» e non ci «concentriamo su quello enorme dell' astensione dove si collocano i delusi e i moderati».

 

renzi calenda 1

Più soft, com' è nella sua natura, il commento di Lorenzo Guerini, che con Luca Lotti capeggia l' altra componente renziana del partito. Senza forzare la mano, mette però i puntini sulle «i»: «Arrivare secondi non basta. L' elettorato moderato non può essere consegnato in modo rassegnato alla destra». Guerini immagina che il recupero di quei consensi sia lavoro del Pd. Calenda ritiene di no. Zingaretti non ha ancora deciso quale strada intraprendere però ammette: «Dobbiamo essere aperti alle forze moderate che non si riconoscono in questo governo». In attesa di capire quale direzione prenderà il Pd, non si può fare a meno di registrare come la «novità Calenda» ormai sia in campo. D' intesa con Renzi, sostiene più d' uno nel Pd.

 

zingaretti

 

LEGA PIGLIATUTTO

 

D.Pir. per il Messaggero

I dati parlano chiaro: rispetto alle politiche 2018 la Lega ha guadagnato 3,4 milioni di voti (+59%) ed è passata da 5,7 milioni a 9,1 milioni di preferenze. I 5Stelle hanno subito un deflusso devastante perdendo ben 6,3 milioni di voti. nel 2018 i consensi pentastellati erano a quota 10,8 milioni, domenica sono scesi a quota 4,5 milioni. L' affermazione del Pd è notevole sul piano delle percentuali ma molto meno brillante su quella dei numeri assoluti. Rispetto al 2018 i Dem sono stati votati da 100.000 italiani in meno. La cosa si spega perché alle politiche hanno votato molti più italiani rispetto alle europee. Un anno fa 34 milioni di elettori hanno deposto le schede nelle urne mentre alle europee sono stati solo 27,6 milioni.

 

Il bottino di 9 milioni di voti per Matteo Salvini da dove è arrivato? Innanzitutto dai 5Stelle ma anche da Forza Italia che ha dimezzato i voti rispetto al 2018 perdendone per strada ben 2,3 milioni.

 

 I dati di analisi dei flusso di voto (formulati da SWG), dei mutamenti nei blocchi sociali e delle motivazioni di scelta elettorale, aiutano a tratteggiare il quadro.

Come detto M5S perde 6 milioni e 180mila voti (1 milione e 700mila al Sud, più di 1 milione a Nordovest, Nordest e Centro Italia e 944mila nelle Isole). Rispetto al 2018 il partito di Di Maio ha ottenuto la riconferma della fiducia solo dal 38% dei votanti. Un altro 38% opta per l' astensione, il 14% trasloca sulla Lega e il 4% sceglie il Pd.

 

NICOLA ZINGARETTI

Lo smottamento elettorale è maturato su tutta la linea. «M5s perde al Sud e lungo tutto lo stivale, ma, soprattutto, perde per strada pezzi importanti del suo blocco sociale - spiega Enzo Risso, direttore della SWG - Lascia sul campo, ad esempio, i giovani: lo abbandonano il 15% dei Millennials (in parte conquistati da Lega e Pd) e il 25% dei ragazzi della Generazione Z. Perde parte degli operai (con un meno 20%) e vede assottigliare i consensi nei ceti sociali medio-bassi. In uscita anche una parte di quella middle class urbana e professionale che aveva scelto M5s per la sua spinta antisistema (-14%)».

 

MATTEO RENZI E CARLO CALENDA COME AL BANO E ROMINA

Fin qui il crollo M5S. ma cosa ha determinato lo sofndamento della Lega?

In primo luogo c' è il ruolo di indubbio traino del suo leader: il 76% di quanti hanno votato per la Lega sottolinea l' importanza e il ruolo di Salvini (il ruolo di Di Maio sul voto a M5s è del 46%).

La Lega conquista il 17% dei nuovi voti da M5s, mentre sottrae a Forza Italia il 10% dei consensi. Il partito di Salvini, rispetto al 2018, conquista tre milioni di voti (7,4 milioni di votanti in più rispetto al 2014), aumentando i consensi in tutte le aree del Paese: + 897mila a Nordovest, + 686mila a Nordest, + 810mila al Centro, + 828mila a Sud e + 236mila nelle Isole.

matteo renzi e carlo calenda sul rooftop dell hotel bernini a roma

 

La Lega, con questa tornata elettorale, diviene un partito nazionale, con il suo centro propulsore al Nord (40% dei consensi in media), un peso importante al Centro (33,5%), al Sud (23,5) e nelle Isole (22,4%).

nicola zingaretti foto di baccoCARLO CALENDA MATTEO RENZI

Per il Pd, il quadro è quello di una sostanziale tenuta rispetto al 2018 (è il partito con il maggior tasso di riconferme di voto: 68%). In termini di flussi di voti, il partito guidato da Zingaretti, ha recuperato il 7% dei consensi da M5s, il 10% dall' astensione, il 6% dai partiti di sinistra e il 4% da quanti avevano votato per +Europa. Il Pd ha riconquistato un po' di Millennials (+6%) e di giovanissimi della generazione Z (+9%). Continua a non parlare con il mondo operaio (solo il 13% vota per il Pd), mentre ha ricominciato a ritessere il dialogo con i ceti poveri (+6%) e medio-bassi (+3%).

 

calenda renzi

 

anzaldi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?