leyen draghi euro recovery

BASTA DIVISIONI, MAGNAMOSE 'STO RECOVERY - IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA IL PIANO "NEXT GENERATION EU" E I SOVRANISTI SI SPACCANO - FAVOREVOLI I LEGHISTI, SI ASTIENE LA DELEGAZIONE DI MARINE LE PEN, VOTANO CONTRO I TEDESCHI DI AFD - FRATELLI D'ITALIA SI ASTIENE - COME GESTIREMO NOI I SOLDI DEL RECOVERY? CON TASK FORCE NEI MINISTERI, NEI COMUNI E NELLE REGIONI (SINDACI E GOVERNATORI DOVRANNO GESTIRE QUASI 40 MILIARDI DI FONDI). A GOVERNARE TUTTO IL PROCESSO DALL'ALTO, CI SAREBBE LA STRUTTURA DEL COMITATO INTERMINISTERIALE PER GLI AFFARI EUROPEI…

1 - RECOVERY, L'EUROPA DICE SÌ AL REGOLAMENTO SOVRANISTI SPACCATI OGGI LE STIME SUL PIL

Francesco Basso per il "Corriere della Sera"

 

ITALIA E RECOVERY FUND - VIGNETTA ELLEKAPPA

Il senso dell' approvazione a larga maggioranza da parte del Parlamento europeo del regolamento della Recovery and Resilience Facility, lo strumento principale di Next Generation Eu, lo dà il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni: «L'Europa ha fatto un passo storico. Abbiamo fatto qualcosa di impensabile solo un anno fa: la creazione di uno strumento fondato sul debito comune per raggiungere obiettivi condivisi». I numeri parlano da soli: 582 voti favorevoli, 40 voti contrari e 69 astensioni.

 

Tra i favorevoli c'è anche il voto della Lega, che a Bruxelles ha confermato la svolta europeista del leader Matteo Salvini. Il gruppo sovranista Identità e democrazia, di cui il Carroccio fa parte - è la delegazione più numerosa -, si è spaccato in tre: sì dei leghisti, astensione dei francesi di Marine Le Pen e no dei tedeschi di Afd. Stessa sorte per i conservatori dell'Ecr, con gli eurodeputati di Fratelli d' Italia che hanno scelto l' astensione.

 

MATTEO SALVINI CON MARINE LE PEN A PARIGI

«Questa è l'Europa che corre nella direzione giusta, con soluzioni in forte discontinuità con il passato», ha commentato il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli.

Ora manca un ultimo passaggio formale da parte del Consiglio e con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, attesa per il 18 febbraio come anticipato dal vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, il regolamento entrerà in vigore.

 

A quel punto gli Stati membri potranno presentare le versioni definitive dei Piani nazionali di ripresa e resilienza per accedere ai 672,5 miliardi, di cui 312,5 miliardi in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti. La scadenza ultima è il 30 aprile, ma la Commissione invita a fare il prima possibile perché l'esecutivo comunitario avrà due mesi di tempo per valutare il Piano, cui si aggiungono le quattro settimane a disposizione del Consiglio per dare il via libera. Con l'approvazione sarà possibile chiedere un anticipo pari al 13%, per l' Italia sono circa 27 miliardi.

 

DAVID SASSOLI

I fondi provenienti dall' Ue non hanno solo l' obiettivo di aiutare gli Stati Ue più colpiti dalla crisi scatenata dal Covid, ma anche di trasformare l' economia europea in senso più verde e digitale, e di spingere i governi a realizzare le riforme contenute nelle raccomandazioni Paese 2019 e 2020 che rappresentano dei colli di bottiglia per la crescita.

 

Lo scenario è ancora incerto a causa dell' andamento della pandemia e delle vaccinazioni ma emergono «motivi di ottimismo», secondo fonti Ue. Le nuove previsioni macro che oggi presenterà il commissario Gentiloni saranno discusse all' Eurogruppo di lunedì e risultano migliori delle aspettative. Quanto basta per cominciare ad affrontare il tema di come passare da misure di emergenza a misure di sostegno mirate.

afd

 

2 - TASK FORCE MINISTERIALI PER GESTIRE IL RECOVERY

Andrea Bassi per "il Messaggero"

 

A Mario Draghi, durante le consultazioni delle parti sociali, la questione l'anno posta un po' tutti. Come fare a programmare e spendere nei tempi stretti dettati dalla Commissione europea i fondi del Recovery senza il rischio per l'Italia di vedersi revocati i finanziamenti per l'incapacità di rispettare i cronoprogrammi. Draghi ha preso atto e non ha anticipato risposte. Ma a nessuno è sembrato particolarmente preoccupato. L'attesa insomma, è che ottenuta la fiducia in Parlamento l'ex governatore della Banca d'Italia possa dare un segnale e tra i primi provvedimenti adottare un sistema di gestione e di esecuzione dei progetti legati al Recovery.

 

afd manifestazione francoforte

Una delle ipotesi che si fa strada è quella proposta di recente da Luisa Torchia, docente universitaria di diritto amministrativo, il cui nome è entrato anche nei listini per la possibile guida di un ministero nel governo Draghi. L'idea sarebbe semplice. Non ci sarebbero grandi strutture di missione, comitati o elefantiache task force guidate da manager esterni come era nei progetti di Giuseppe Conte. Piuttosto si utilizzerebbe il personale che già c'è, anche per evitare che possano nascere resistenze interne al lavoro sul Recovery.

 

Il progetto prevederebbe la creazione di un responsabile del Recovery in ogni ministero, in ogni Regione e nei grandi Comuni. Questi responsabili avrebbero a disposizione un gruppo di funzionari pubblici che dovrebbero affiancarli nell'attuazione dei piani. Inoltre ci sarebbe l'ingresso con contratti a tempo determinato di giovani laureati dotati delle capacità tecniche mancanti all'interno delle amministrazioni.

Mattarella e Mario Draghi

 

A governare tutto il processo dall'alto, rimarrebbe la struttura del Ciae, il comitato interministeriale per gli affari europei, al quale partecipano di volta in volta i vari ministri a seconda dei temi trattati. Le task force nei ministeri, nei Comuni e nelle Regioni (sindaci e governatori dovranno gestire quasi 40 miliardi di fondi), potrebbe rendere superflui anche i commissari con i poteri straordinari per accelerare le opere.

 

SERGIO MATTARELLA MARIO DRAGHI

Il secondo punto sarebbero le semplificazioni. Non intese, però, come eccezioni a regole esistenti, ma come nuove regole scritte settore per settore ex novo per eliminare i colli di bottiglia per gli investimenti. Una sorta di eredità di snellimento burocratico che rimarrebbe anche una volta conclusi i progetti del Recovery. A questo si affiancherebbe una vera e propria riforma della Pubblica amministrazione.

 

LE RESISTENZE

Nel governo Conte il ministro della Funzione pubblica, Fabiana Dadone, si è sempre rifiutata di intraprendere la strada di una nuova riforma organica. Tanto che il dossier a un certo punto sarebbe stato preso in carico direttamente al ministero dell'Economia dal capo di gabinetto del ministro Gualtieri, Luigi Carbone.

 

MARIO DRAGHI E SERGIO MATTARELLA

Un lavoro che affrontava molti dei temi irrisolti del pubblico impiego, da meccanismi selettivi straordinari per far entrare nei ranghi pubblici giovani qualificati, alla ripartenza delle carriere e delle retribuzioni (anche per fare in modo che il pubblico impiego possa diventare una prima scelta dei laureati e non solo un ripiego), fino ai sistemi di valutazione e progressione legati al merito. Senza dimenticare la digitalizzazione e la riduzione a regime degli oneri burocratici. Insomma, una pubblica amministrazione più vicina e meno onerosa per le imprese. Del resto, per la prima volta, ci sono i fondi per mettere mano a un progetto ambizioso.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”