carlo calenda a l'aria che tira
1 - IL BOOM DI RENZI E CALENDA È UNA BALLA: VALGONO LO 0,5%
Lorenzo Giarelli per “il Fatto quotidiano”
Sostiene Carlo Calenda: "Esiste un'area riformista che porta la gente a votare e vale dal 10 fino al 25 per cento". Secondo il senatore del Pd Andrea Marcucci, dopo i risultati di domenica, i dem dovrebbero guardare "ad Azione, Italia Viva e liberali di Forza Italia".
"Vuole dialogare con noi o vuole limitarsi ai grillini?", chiede uno spazientito Matteo Renzi a Enrico Letta, di cui giornali e centristi non comprendono la masochistica testardaggine nel continuare ad allearsi col Movimento 5 Stelle invece che con la galassia - si fa per dire - riformista. Peccato che il grande boom elettorale di Azione e Italia Viva esista solo sui giornali e nelle chiacchiere dei leader, capaci di millantare enormi vittorie in giro per l'Italia in evidente contraddizione con i fatti.
Basta mettere in fila i numeri per smontare il teorema del grande partito riformista di cui Letta non può fare a meno. Già, perché al di là della propaganda, Azione ha presentato una propria lista soltanto in 24 Comuni su quasi 1000 al voto. Italia Viva ha fatto ancora peggio, correndo nella miseria di 9 città. I successi sbandierati da Renzi e Calenda sono in realtà vittorie di qualcun altro: a Genova, per esempio, Iv esulta per Bucci, ma il suo simbolo non era sulla scheda; così come nessun elettore di Parma ha barrato il simbolo di Azione, nonostante l'ex ministro rivendichi il buon risultato del civico Enrico Costi. Miracoli della mimetica.
Come risulta dalle elaborazioni di Youtrend, se si calcolano i voti di lista su base nazionale tra i Comuni con più di 15 mila abitanti (ed escluse le città di Sicilia e Friuli-Venezia Giulia, i cui risultati non sono caricati sulla piattaforma online del ministero dell'Interno), Azione vale un deprimente 0,4 per cento.
Ancor più irrisoria la percentuale di Iv, inchiodata allo 0,1. Limitando la media ai Comuni dove hanno corso, Azione sale al 4,4 e Iv resta all1,1.
carlo calenda a l'aria che tira
Numeri su cui incide lo scarso numero di liste presentate (oltre allo stralcio di Palermo, dove l'8 per cento preso da Azione alzerebbe un po' la percentuale nazionale), ma che appunto rendono bene l'idea di come sia azzardato dare per certo che esista un'area centrista da doppia cifra: "Trattasi di dato totalmente mistificatorio - protesta Calenda - in quanto non considera le civiche". Civiche che però, non avendo nome e simbolo di Azione, pare azzardato accomunare alle liste del partito.
La situazione di Calenda e Renzi non migliora poi molto sfogliando i risultati delle liste nei capoluoghi. Azione ha corso in 9 dei centri più importanti: Verona, Palermo, Piacenza, Gorizia, L'Aquila, Alessandria, Asti, Frosinone e Monza. Detto del buon 8,1 per cento ottenuto in Sicilia, solo ad Alessandria (5,67 per cento) il dato è in linea coi sondaggi nazionali.
Tolta la sufficiente performance a L'Aquila (4,8 per cento), il resto è una Caporetto: 1,05 per cento a Verona; 1,2 ad Asti; 2,8 a Gorizia; 1,5 a Piacenza; 1,58 a Frosinone; 2,16 a Monza.
Sempre meglio di Renzi, certo, presente soltanto in tre capoluoghi, ovvero Monza, Parma e Barletta. Con risultati molto rivedibili: sotto al 2 per cento in Brianza (1,67) e in Puglia (1,59), percentuale da prefisso telefonico (0,96 per cento) nella città che pure ha visto il candidato di centrosinistra Michele Guerra, sostenuto da Renzi, andare ben oltre il 40 per cento.
Tutto ciò non solo fa a pugni con il notevole sforzo mediatico da parte dei leader, ma dovrebbe allarmare ancor di più i riformisti se si pensa che in più di un Comune le percentuali di cui sopra sono state ottenute apparentandosi con Più Europa (nel caso di Calenda) o altri cespugli (tipo Partito socialista e Centro democratico nel caso di Italia Viva). Eppure "c'è un terzo polo che avanza con concretezza", annuncia euforica dall'Udc Paola Binetti. Tradendo un commovente ottimismo sia per il concetto di "avanzata" sia per quello di "concretezza".
2 - CALENDA SI INVENTA IL TERZO POLO MA STA SOLO GIOCANDO CON I NUMERI
Carlo Tarallo per “La Verità”
Carlo Calenda fa il fenomeno, ma la politica è fatta, oltre che di numeri, anche di analisi di questi stessi numeri, e la cruda realtà per il leader di Azione è che le sue dichiarazioni post amministrative sono tanto trionfalistiche quanto basate sul nulla.
È bastato qualche consigliere comunale eletto per far salire in cattedra il professor Calenda, che ieri ha imperversato sui media con dichiarazioni che sembrano quelle del leader del primo partito italiano.
Affermazioni che vanno tutte in una unica direzione: esisterebbe in Italia un «terzo polo» che si ispira a Mario Draghi, formato da Azione e Più Europa (ma non da Italia viva) pronto a correre da solo alle politiche: «Il Paese», ha proclamato ieri Calenda, «ha bisogno di un baricentro liberal progressista.
mario draghi alla bocconi all evento in memoria di alesina 3
In Italia il problema è che si alternano coalizioni che non governano, vogliamo costruire un'area terza che vada da sola, che possa costruire una larga coalizione con il Pd, Forza Italia... Spero che la Lega», ha aggiunto Calenda, «alla fine metta alla porta Salvini e abbia una linea da destra conservatrice europea.
Legge elettorale o no, se riusciamo a prendere sopra l'8% non si forma un governo e allora si deve costruire una larga coalizione con Draghi premier. Questo», ha sottolineato Calenda a Sky Tg24, «è il nostro progetto politico. C'è un'area del riformismo pragmatico che si andrà rafforzando».
L'obiettivo dichiarato di Calenda quindi è impedire che si formi un governo dopo le elezioni, per poter richiamare a Palazzo Chigi Mario Draghi. Al di là del fatto che bisognerebbe prima accertarsi della eventuale disponibilità di Draghi, Calenda dovrebbe, alle politiche del 2023, per sua stessa ammissione, conquistare l'8% per raggiungere il suo obiettivo, per poi creare l'ingovernabilità.
Il problema è che Azione non ha fatto altro, in queste amministrative, che scegliere il candidato favorito e sostenerlo, piazzando candidati in liste civiche come accaduto ad esempio a Genova: Lorenzo Pasi, 25 anni, è stato eletto nella seconda lista civica di Marco Bucci, Genova Domani. Pur di racimolare un consigliere comunale, quindi, Calenda si è alleato con la Lega e Fratelli d'Italia, che poi ieri è tornato ad attaccare pesantemente.
A L'Aquila, per fare un altro esempio, Azione si è unita a Più Europa a sostegno di Americo Di Benedetto, candidato sconfitto al primo turno da Pierluigi Biondi, appoggiato dal centrodestra unito: il partito di Calenda è entrato in consiglio comunale, ma solo perché trainato da un nome, quello di Di Benedetto, che godeva e gode di un consenso personale in città.
Altro caso eclatante, quello della Campania: qui Calenda ha cooptato Giuseppe Sommese, un consigliere regionale eletto nel 2020 con una lista civica a sostegno di Vincenzo De Luca, e pochi mesi fa gli ha affidato il partito. I voti ottenuti nei vari comuni dove Azione si è presentata domenica scorsa sono quindi di Sommese, figlio di Pasquale, potente notabile del consenso dell'area nolana, passato da Rinnovamento Italiano alla Margherita all'Udc al Nuovo Centrodestra, al Pd: altro che liberal-progressismo, siamo di fronte al più sfrenato trasformismo, sul quale Calenda ha messo il suo «marchio» come se si trattasse di un franchising.
Come se non bastasse, Calenda ieri ha pesantemente attaccato anche Italia viva, che pure, in teoria, dovrebbe far parte di questo famoso «terzo polo»: «A Palermo», ha detto Calenda, «qualcuno mi deve spiegare perché Renzi decide di andare con Cuffaro e Dell'Utri anziché con un candidato indipendente, nella vita le chiacchiere sono una cosa, i fatti sono un'altra». «Forse Calenda», lo ha bacchettato il presidente di Iv Ettore Rosato, «dovrebbe smettere di fare polemiche contro di noi e iniziare a costruire un terzo polo di cui può essere autorevole esponente». Più polemiche che voti: se questo è il terzo polo, i primi due possono stare tranquilli.