silvio berlusconi governo

IL CAV E' LA VERA COSTOLA DELLA SINISTRA - LO HANNO RIEMPITO DI INSULTI (DA "OMINICCHIO" BY FRANCESCHINI A "GLI SERVE L'INTERDIZIONE" DI ORLANDO), E ORA LO SDOGANANO COME RESPONSABILE EUROPEISTA MODERATO - DALLE APERTURE DI DE BENEDETTI ("SE SI TRATTA DI ISOLARE SALVINI E MELONI TRANGUGIO ANCHE BERLUSCONI AL GOVERNO CON LA SINISTRA") A QUELLE DI PRODI ("FORZA ITALIA IN MAGGIORANZA? NON È UN TABÙ"): SENZA BERLUSCONI NON C'E' MAGGIORANZA…

Alberto Mattioli per "la Stampa"

salvini meloni tesei berlusconi

 

C'eravamo tanti odiati. Però l' unica caratteristica che i politici italiani hanno in comune con James Bond è una saggia regola di vita: mai dire mai. E così il già detestassimo Berlusconi diventa, se non una costola della sinistra (quella era la Lega secondo D' Alema in un raro momento di buonumore), almeno un possibile interlocutore. Perché molti pensano che senza un soccorso azzurro il nuovo governo non si farà o, se si farà, nascerà morto.

 

matteo salvini silvio berlusconi

Le sirene sono al lavoro, i pontieri pure, i costruttori anche, i responsabili non stanno con le mani in mano. E l' ex Cavaliere viene descritto pieno di dubbi in Provenza, combattuto se starci, svincolandosi da un centrodestra sempre più destra e sempre meno centro e di cui ormai è socio di minoranza (rinunciando però al Quirinale che Salvini gli fa intravedere dopo gli immancabili destini elettorali, se e quando ci saranno) oppure non starci, ma con mezzo partito, trenta fra senatori e deputati, dicono, che si ribellerebbe e ci starebbe comunque. Amleto in Costa Azzurra.

 

Certo che per Silvio essere sdoganato a sinistra come responsabile europeista moderato dev' essere una bella soddisfazione, dopo trent' anni di caimano, cainano, cavaliere mascarato, corruttore, corrotto, giaguaro, censore, mafioso, puttaniere e chi più ne ha più ne insulti. Preferite definizioni d' autore, la fantasia finalmente al potere?

BERLUSCONI SALVINI MELONI AL QUIRINALE

 

«Bananiere» (Eugenio Scalfari), «Wanna Marchi» (Willer Bordon), «pazzo» (Oliviero Diliberto), «pagliaccio» (Fidel Castro, nientemeno), «buffone» (Mario Vargas Llosa, addirittura), «ominicchio» (Dario Franceschini), «De Gaulle da operetta» (Franco Bassanini), «venditore di tappeti» (Romano Prodi), «uomo di plastica» (sempre Franceschini), «gli serve l' interdizione» (Andrea Orlando), è «insopportabile quando racconta barzellette» (il principe Carlo Caracciolo), e insomma Silvio rappresenta «una delle pagine meno nobili e più opache della nostra storia» (Bruno Tabacci, sì, lui, l' attuale costruttore ottimo massimo).

prodi berlusconi confronto tv

 

Bei tempi, quando quei rossi antichi di Legambiente, come rappresaglia per la discesa in campo del '94, proponevano di boicottare la Standa e smettere di tifare Milan. Tutti peraltro convintissimi, all' epoca, che contro la gioiosa macchina da guerra occhettiana il «partito di plastica» generato da Publitalia e Mediaset si sarebbe accartocciato come una bottiglietta strizzata, perché «non siamo mica in Brasile», D' Alema dixit. Avanti a sinistra, si sa, le previsioni si sbagliano sempre tutte.

 

BERLUSCONI PRODI

E così oggi la tentazione di baciare il Caimano è fortissima. I segnali, del resto, sono cominciati ben prima che il Conte II si schiantasse. Galeotta fu l'intervista al «Foglio» di Carlo de Benedetti nel luglio scorso, che oggi suona singolarmente profetica: «Se si tratta di isolare Salvini e Meloni trangugio anche Berlusconi al governo con la sinistra». Che poi Silvio sarà pure cafone ma «rappresenta nel mondo dell'economia e della politica quello che Alberto Sordi è stato nel cinema. L'arci-italiano. Un grande artista, Sordi. E un grande imbroglione, Berlusconi. Ma comunque grande».

 

berlusconi de benedetti

Non basta? Allora eccovi Romano Prodi, uno che il Cav l'ha combattuto come tutti, ma l'ha anche sconfitto due volte come non è riuscito a nessuno. Quest' estate, il Prof spiegava che un ingresso di Forza Italia in maggioranza «non è un tabù». Anche perché si tratta di un Silvio rinsavito, beninteso: per Prodi «la vecchiaia porta la saggezza anche a destra», frase forse a doppio senso perché non è poi che lui sia un giovinotto. E Bersani, decisamente più a sinistra degli altri due? Rispetto al duo horror Salvini & Meloni, «Berlusconi non ci sta dentro a una roba così», dunque smacchiamolo 'sto giaguaro.

Macché collaborazionismo.

 

Non sarebbe certo la prima volta che ci si prova a mettere d'accordo da buoni nemici. Primo caso, la Bicamerale di D' Alema e il «patto della crostata» sulle riforme istituzionali, firmato il 18 giugno 1997 a casa di Gianni Letta e poi fermato da un voltafaccia di Silvio (però il finissimo Letta avrebbe dovuto saperlo, che il 18 giugno è l'anniversario di Waterloo, una data che porta male ai Napoleoni, anche quelli di Arcore).

Berlusconi incontra Renzi, Patto Nazareno del 2014

 

Secondo, i governi di salvezza nazionale di Monti (529 giorni fra l'11 e il 13) e Letta nipote (300 giorni netti fra il 13 e il 14), variamente appoggiati dai berluscones pur fra ripensamenti e mal di pancia. Terzo, il mitico «patto del Nazareno» fra Berlusconi e Renzi, 18 gennaio 2014, con tutto il ghiotto contorno di pezzi di colore dei giornali su Silvio che varca per la prima volta le soglie della sede del Pd, chissà che odore di bambini in salmì...Insomma, non sarebbe la prima volta che, se proprio non lo si bacia, con il Caimano la sinistra pomicia un po'.

 

BERLUSCONI E CARLO DE BENEDETTI

Ma magari anche lì è scattata la tradizionale lamentela delle nonne, la mai smentita massima per cui si stava meglio quando si stava peggio, quindi quando sbucò Berlusconi si iniziò a rimpiangere la Dc e quando è arrivata la destra tosta di Matteo & Giorgia, tutto sommato, Silvio si è rivelato il minore dei mali e il migliore dei nemici. Mai dire mai, appunto.

PROTESTE PER BERLUSCONI AL NAZARENOBERLUSCONI ENTRA AL NAZARENOPROTESTE PER BERLUSCONI AL NAZARENO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…