susanna ceccardi matteo salvini eugenio giani nicola zingaretti giuseppe conte

IL CENTRODESTRA HA VINTO MA HA PERSO PERCHÉ I GIORNALI HANNO DECISO COSÌ - PIROSO: ''NELLA STAMPA MAINSTREAM DOPO IL VOTO C'È STATA LA CORSA A RACCONTARE UN MONDO CHE NON ESISTE, IN CUI IL PD NON HA STRAPERSO IN LIGURIA E NELLE MARCHE E IN CUI SALVINI NON HA GUADAGNATO DECINE DI CONSIGLIERI REGIONALI. GLI UNICI CHE HANNO SCRITTO LA VERITÀ SONO STATI…''

Antonello Piroso per “la Verità

 

«Cambia spacciatore!», urla nella cornetta il signore svegliato alle 3 del mattino da un impareggiabile Carlo Verdone, convinto di parlare con la segreteria telefonica della sua ex, nel film Manuale d' amore. Non sarò così maleducato da rivolgere sarcasticamente lo stesso invito a qualche commentatore, ma davanti a certe interpretazioni del dopo voto la tentazione è forte.

TOTI MELONI SALVINI

 

Apertura del Fatto Quotidiano di ieri, mercoledì: «L' alleanza M5s-Pd l' hanno fatta gli elettori. Un grillino su due ha votato Eugenio Giani, il 20% ha scelto Michele Emiliano» (quindi in Puglia la proporzione, rispetto alla Toscana, peggiora: uno su cinque, ma transeat). Riferimenti all' unica Regione, la Liguria, dove c' era un candidato davvero espressione concordata della joint venture governativa: Ferruccio Sansa, ex firma dello stesso giornale, che ha rimediato quasi 20 punti di distacco (38,9% contro 56,1%) dal riconfermato Giovanni Toti? Zero.

 

Vabbè, si dirà: quel foglio è ormai l' avvocato difensore dell'«avvocato del popolo» Giuseppi Conte, l' house organ della maggioranza giallorossa.Ma il mood della stampa mainstream è questo. Si è passati dal catastrofismo, «i barbari sono alle porte!», condito dalla chiamata alle urne in nome della vigilanza democratica e antifascista, «lo tsunami nero ci sta per travolgere», al «viviamo nel migliore dei mondi possibili». Con l' esaltazione della leadership di Nicola Zingaretti.

Dipinto come il Cesare del Veni, vidi, vici che ha scansato le Idi di marzo (per ora...).

 

matteo salvini susanna ceccardi

Repubblica di martedì: a tutta pagina «Regioni, il Pd ferma Matteo Salvini». Lettura «lisergica»: si temeva il 4 a 2, si è pareggiato 3 a 3, quindi grazie allo scampato pericolo... si è vinto. Però.

È vero, ci sono stati la perdita delle Marche, il plebiscito per il leghista Luca Zaia, le vittorie in Puglia e in Campania di candidati, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca, non amatissimi nel Pd e nel centrosinistra (come nelle pagine interne ricorda Stefano Folli).

 

Ma vai con la grancassa: il Pd, ripete il segretario, è «primo partito del Paese» (al solito, si mescolano a fini propagandistici le mele con le pere: se gli aventi diritto al voto erano 46 milioni per il referendum, avallare il proclama di essere la forza numero uno in Italia basandosi sul 3 a 3 alle regionali, dove i chiamati alle urne erano 18 milioni, appare quantomeno azzardato).

 

Lo stesso direttore Maurizio Molinari, che si occupa dell'«indebolimento» e della «doccia fredda» del fronte populista-sovranista, ammette che è un po' «presto» per concludere che questa tendenza valga a livello nazionale, «visto che si è votato in 7 regioni su 20», ecco appunto.

 

E che dire del referendum? Qui soccorre un disgiunto Michele Serra: «Ho votato No sperando che vincesse il Sì». E perché mai una tale schizofrenia? «Per non dovermi sentire partecipe dell' uso antigovernativo dell' eventuale vittoria del No». Però.

Conte Zingaretti

 

Per il Corriere della Sera il segretario del Pd riemerge dalle doppie urne «con le stimmate del quasi vincente», notare il «quasi», come il «sopravvissuto solitario delle regionali». Invece «il bilancio delle opposizioni è agrodolce, se non amaro: "perdono" vincendo».

 

Ma allora a rigor di logica vale pure il contrario: i partiti di governo «vincono» perdendo, o no?

La Stampa incensa quella di Zingaretti come «la rivincita dell' uomo tranquillo» (per Marcello Sorgi è addirittura «resuscitato» come Lazzaro). Registra l' euforia onanistica di Luigi Di Maio: «Il referendum successo mio e del M5s».

 

Fotografa un Renzi che «tira il fiato» (stante l' apnea numerica, che comunque non gli impedisce di esagerare con la consueta sicumera: «Si è vinto così anche grazie a noi»). Morale: il centrosinistra va incontro alle magnifiche sorti e progressive, mentre il centrodestra è alla canna del gas.

Salvini è «costretto a leccarsi le ferite», quella della Meloni è una «vittoria a metà», Forza Italia ha un «risveglio choc».

MASSIMO FINI

 

Per fortuna, a bilanciare un' analisi tagliata con l' accetta, ecco ieri l' editoriale assai equilibrato di Giovanni Orsina, con questo incipit: «La notizia della morte politica della destra sovranista è grossolanamente esagerata».

 

Tant' è, gli ha fatto eco sul Fatto quell' anarchico «cane sciolto» di Massimo Fini, che «l' unica formazione ad aver guadagnato consensi davvero è quella di Giorgia Meloni» (anche se, aggiunge poi Fini, il partito più forte - paradossalmente: non votato - è quello degli astenuti). Tutto chiaro?

 

Non dalle parti di Repubblica, evidentemente, che ieri titolava: «Il crollo dei populisti: in un anno svaniti 3,2 milioni di voti». Urca: il centrodestra è con un piede nella fossa. Sentenza cui si arriva con una serie di accostamenti psichedelici: oggi il Pd è al 18,7% e la Lega al 13,1%. Nel Paese?

No: nelle sei regioni andate al voto. Ah.

 

E quindi? Be', «nei sondaggi a livello nazionale dell' agosto 2019 la Lega era davanti al Pd di 15 punti». Et voilà la manipolazione. Si shakerano intenzioni di voto e voti effettivi, periodi di riferimento e tipo di consultazione, e il cocktail pro Zingaretti e anti Salvini è servito, cromaticamente: dal verde mojito al rosso Bloody Mary.

giovanni orsina

 

Anche se poi, a denti stretti e senza enfasi, si è costretti a riconoscere che nei sondaggi la Lega oggi è ancora davanti al Pd: 25 contro 21. Ma il tempo è a favore di Zingaretti («sono i trend a parlare», mica il mago Otelma): i dati «potrebbero preludere a una rimonta dei dem anche sul piano nazionale», «alle prossime politiche è plausibile che il Pd superi il partito di Salvini».

Insomma, un' apoteosi. Presunta.

 

Peccato che due pagine prima Repubblica dia la parola al ragionevole Ilvo Diamanti, che vede una «presidenzializzazione diffusa del Paese», con «un' Italia dei governatori» che contano più dei loro stessi partiti. Con l' avvertenza della sondaggista Alessandra Ghisleri sul Messaggero: «È molto complicato assumere il risultato delle regionali come una vittoria politica di un partito o anche come sconfitta di un altro, perché è molto legato alle dinamiche dei territori».

antonello piroso

Amen.

Ultimi Dagoreport

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?