luigi di maio mao cina

CHE FINE HA FATTO IL PARTITO CINESE? - L’IMPLOSIONE DEI CINQUE STELLE CON L'ADDIO DI DI MAIO E L’USCITA DELL’AREA MODERATA E ATLANTISTA HA ANCHE RIFLESSI INTERNAZIONALI: VA INFATTI IN FRANTUMI LA LOBBY (TRASVERSALE) PRO PECHINO, GIÀ PICCONATA DA DRAGHI E DA UNA PARTE DEL PD - 5G, CYBERSICUREZZA, SHOPPING, GOLDEN POWER: QUAL È LA POSTA IN GIOCO…

 

Francesco Bechis per www.formiche.net

 

luigi di maio xi jinping

Che fine ha fatto il partito cinese? Qualcuno a Pechino se lo starà domandando. Mentre la politica italiana si sgretola di fronte alla crisi europea, in frantumi finisce anche un partito trasversale che da anni in Italia strizza l’occhio alla Città Proibita.

 

La scissione del Movimento Cinque Stelle per mano di Luigi Di Maio ha infatti implicazioni non secondarie anche sul piano internazionale. Con il divorzio grillino viene ridimensionata e non di poco la forza politica che più di tutte in questi anni ha fatto sponda ai desiderata cinesi.

 

luigi di maio xi jinping

Va messo in conto anche questo a Mario Draghi, il premier che tutti credevano tecnico e invece dopo un anno si è dimostrato catalizzatore di un fenomeno squisitamente politico. Non si sa se avrà un riflesso elettorale. È un fatto però che “il partito di Draghi” stia rimodellando con la facilità del pongo la politica italiana.

 

I numeri non mentono: i Cinque Stelle, ha ricordato sornione Di Maio dal Bernini Bristol due giorni fa, “non sono più il primo gruppo in Parlamento”. Di più: con il battesimo di Insieme per il futuro (Ipif) – questo il nome della nuova formazione in aula, per ora non un nuovo partito – il ministro degli Esteri presenta un conto salato agli ex compagni grillini, costretti a dividersi posizioni e budget nelle più importanti commissioni parlamentari.

luigi di maio xi jinping

 

Si dirà: è un trasloco, non una scissione. Dopotutto fino a ieri il Movimento era uno e come tale decideva, affari esteri inclusi. Quando Giuseppe Conte ha firmato alla presenza di Xi Jinping il memorandum per far entrare nella Via della Seta l’Italia, primo Paese G7 a rompere le righe, al suo fianco c’era Di Maio.

 

Con lui il sottosegretario Manlio Di Stefano e tanti altri dei “futuristi” confluiti ora nella nuova formazione. Ma era un’altra stagione, oggi sconfessata nei numeri e nei fatti. Archiviate le sbandate gialloverdi la lobby cinese ha iniziato a perdere consensi nel palazzo.

 

luigi di maio a shanghai con il ministro degli esteri wang yi

La prima virata con il governo Cinque Stelle-Pd, che come primo provvedimento, non a caso, ha scelto di inaugurare il “Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”, la rete di controlli tech per filtrare gli investimenti cinesi in asset sensibili per lo Stato. Una soluzione a suo modo alla querelle del 5G cinese e al caso Huawei-Zte, i colossi high-tech cinesi che gli Stati Uniti (e il Copasir) hanno chiesto di mettere al bando dalla rete per questioni di sicurezza nazionale.

 

luigi di maio, he lifeng

Poi con il governo Draghi, partito con l’intento cristallino di rimettere il Paese sui binari dell’atlantismo e dell’europeismo. Responsabile, fra l’altro, del lancio dell’Agenzia cyber (Acn), il presidio ultimo della cybersicurezza italiana oggi guidato da Roberto Baldoni. Una rete di sicurezza ha acceso i riflettori sulla penetrazione cinese economica, politica, tecnologica. Basti pensare all’ombrello del golden power, i poteri speciali di Palazzo Chigi estesi a dismisura e per tre volte usati da Draghi per fermare lo shopping di Pechino, l’ultima a difesa di un gioiello della robotica italiana.

 

LUIGI DI MAIO E LA CINA

Sullo sfondo, un contesto internazionale che ha imposto una scelta di campo. Per gli Stati Uniti la Cina rimane il rivale numero uno. Trump o Biden cambia poco: come ribadirà la prossima Strategia per la Difesa americana (e in parte il summit Nato di Madrid) la minaccia cinese è considerata prioritaria dal fronte atlantico.

 

In Italia il messaggio è passato. Non ovunque, certo. Nel Movimento (e in qualche angolo del Pd) rimangono risacche di resistenza. Confinate però a un’area politica angusta. Da una parte Beppe Grillo e il suo blog affollato di articoli che negano la persecuzione degli uiguri nello Xinjiang (riconosciuta all’unanimità dal Parlamento italiano) e difendono le mire cinesi su Taiwan.

 

DI MAIO INSTAGRAM STORY SULLA CINA

Dall’altra la zona di Alessandro Di Battista e dei “non allineati”, interpreti del movimentismo della prima ora, che inevitabilmente torneranno ad avere un ruolo, di traino o di leadership, in quel che resta del Movimento Cinque Stelle liberatosi dell’ala “moderata”.

 

Si tratta però ormai di un’area minoritaria, dentro e fuori il palazzo. E qui non può sfuggire all’occhio attento che nel giro di pochi anni il “partito cinese” italiano ha perso forze e risorse. La scissione grillina, raccontata da Di Maio (con successo, a giudicare dalla rassegna stampa estera) come una crisi dall’eco internazionale, fra atlantisti e non, cala un altro pezzo di sipario.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)

giusi bartolozzi almasri giorgia meloni carlo nordio

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA TRA LE MANI IL CAPRO ESPIATORIO PERFETTO PER LA FIGURACCIA SU ALMASRI: GIUSI BARTOLOZZI, CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, NORDIO. DEL RESTO, È UNA MAIL DELLA “ZARINA” A DIMOSTRARE CHE A VIA ARENULA SAPESSERO DELL’ARRESTO DEL TORTURATORE LIBICO GIÀ DOMENICA 19 GIUGNO, E NON LUNEDÌ 20, COME SEMPRE SOSTENUTO DA NORDIO – DI FRONTE ALL’IPOTETICA CACCIATA DELLA BIONDISSIMA GIUSI, PERÒ, NORDIO S’È SUBITO OPPOSTO: GIAMMAI! D'ALTRONDE LA DECISIONE, SECONDO IL MINISTRO, È STATA PRESA DIRETTAMENTE A PALAZZO CHIGI…

mantovano belloni almasri ursula von der leyen bjoern seibert gianni caravelli

BELLONI, UN ERRORE DOPO L’ALTRO. QUANDO SBATTÈ LA PORTA DEL DIS, ESSENDO ENTRATA IN CONFLITTO CON IL CAPO DELL’AISE, GIANNI CARAVELLI, COLPEVOLE DI NON FARE RIFERIMENTO A LEI MA AL SOTTOSEGRETARIO ALFREDO MANTOVANO, SCELSE IL MOMENTO MENO OPPORTUNO: L’ESPLOSIONE DEL CASO ALMASRI - DOPO LO SCHIAFFO A MANTOVANO, ORA HA MOLLATO UNA SBERLA A URSULA, DECIDENDO DI FARE LE VALIGIE ANZITEMPO NEL MOMENTO DI DEBOLEZZA MASSIMA DI VON DER LEYEN: LA QUESTIONE DEI DAZI E LA MOZIONE DI SFIDUCIA DEGLI EUROPARLAMENTARI DI ULTRA-DESTRA - E OGGI BELLONI SI RITROVA, COME DICONO IN CERTI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ‘’SENZA I CRISMI’’ DI AFFIDABILITÀ PER ASPIRARE A UNA PRESIDENZA IN QUALCHE PARTECIPATA DI STATO, DOVE URGE UNA PRESENZA FEMMINILE, COME L’ENI...

giorgia meloni ursula von der leyen elly schlein

FLASH! - AVVISATE MELONI: IL VOTO DI FRATELLI D'ITALIA NON DOVREBBE SERVIRE NEL VOTO DI SFIDUCIA PRESENTATA DA 76 EURODEPUTATI DI ESTREMA DESTRA NEI CONFRONTI DELLA COMMISSIONE E DI URSULA VON DER LEYEN - LA TAFAZZIANA MINACCIA DI ASTENSIONE DEL GRUPPO PSE DEI SOCIALISTI EUROPEI (PD COMPRESO) SAREBBE RIENTRATA: IL LORO VOTO A FAVORE DELLA SFIDUCIA A URSULA SAREBBE STATO COPERTO DALLA CAMALEONTE MELONI, IN MANOVRA PER "DEMOCRISTIANIZZARSI" COL PPE, SPOSTANDO COSI' A DESTRA LA MAGGIORANZA DELLA COMMISSIONE...