berlusconi mastella

CHE QUIRINALE SAREBBE SENZA MASTELLA? BISOGNA PRENDERE VOTO PER VOTO. IN QUESTO SPORT È MOLTO BRAVO BERLUSCONI” – POI RACCONTA COME VENNE SPIANATA LA STRADA PER COSSIGA AL COLLE - "ALLORA ERO PORTAVOCE DC, BRUCIAMMO LE SCHEDE CON I VOTI DEL PARTITO. IL CONSENSO SUL CANDIDATO ERA TROPPO BASSO, COSÌ DISTRUGGEMMO LE PROVE DELLA VOTAZIONE E SCRIVEMMO UN COMUNICATO STAMPA DICENDO CHE AVEVA PRESO OLTRE IL 75%..." - L'ANTIPATIA (RICAMBIATA) PER PERTINI... - IL 4 DICEMBRE MASTELLONE LANCIA LA COSTITUENTE DI CENTRO

Tommaso Labate per corriere.it

 

SILVIO BERLUSCONI E CLEMENTE MASTELLA

«A un certo punto, a notte fonda, mi squilla il telefono. Era la Batteria...».

La Batteria del Viminale, il super centralino del ministero dell’Interno.

«Flaminio Piccoli, presidente della Dc, voleva parlare con me. Lui e De Mita, allora segretario, non avevano buoni rapporti. Quando volevano mandarsi dei messaggi, lo facevano attraverso me. Faceva caldo, quella notte. Giugno 1985».

 

Piccoli era solito chiamarla a quell’ora?

«Mai. La sua voce era impastata d’ansia, “Mastella corri qua alla Camera, è successa una tragedia”. Mezz’ora dopo stavamo bruciando delle schede...».

 

Come bruciando?

«Bruciando».

È passata alla storia come l’elezione più lineare di un presidente della Repubblica, la più semplice, la più dritta. Giugno 1985, Ciriaco De Mita e Alessandro Natta, segretari di Dc e Pci, si mettono d’accordo sull’elezione di Francesco Cossiga e Cossiga viene eletto al primo scrutinio. A distanza di trentasei anni e mezzo, Clemente Mastella racconta una pagina di quella storia rimasta praticamente nell’ombra. E di come lui — oggi sindaco di Benevento, all’epoca portavoce Dc — sventò da solo una «congiura» che avrebbe potuto fermare sul nascere la corsa di Cossiga verso il Quirinale.

MASTELLA BERLUSCONI

 

Andiamo per ordine.

«Dopo Pertini, vista l’alternanza cattolico-laico, nel 1985 toccava a un cattolico. Anche se Pertini, a differenza di Mattarella oggi, l’idea del bis la accarezzava eccome».

Lo dice perché a lei Pertini non stava simpatico.

«Lo dico perché è vero. E comunque, simpatia o non simpatia, insieme a Guglielmo Zucconi eravamo gli unici due a non averlo votato nell’elezione del Quirinale nel 1978. In Transatlantico, Pertini aveva parlato male di Moro dopo il sequestro; dicendo che, al contrario di quelli che avevano fatto la Resistenza come lui e che secondo lui erano gli unici ad avere “gli attributi”, i cattolici sorretti dalla fede si lasciavano andare subito... Per questo poi non l’ho votato. E lui avrebbe mantenuto un atteggiamento di grande antipatia nei miei confronti. Ricambiata».

MASTELLA COSSIGA

 

«Tocca a un cattolico. De Mita convince Natta ad andare tutti su Cossiga. Ma non per la storia che era cugino di Berlinguer. L’accordo era di convergere su una carica istituzionale e Cossiga era presidente del Senato».

 

Che cosa succede dopo?

«De Mita convoca me e Riccardo Misasi, il portavoce e il capo della segreteria. “Andiamo su Cossiga ma non ditelo”, avverte. “Piuttosto”, rivolgendosi a me, “inizia a dire ai giornalisti che la Dc è compatta ma senza fare il nome”».

Lei si muove così?

«Dico ai giornalisti che la Dc è compatta e do appuntamento all’assemblea dei parlamentari, da cui sarebbe uscito il nome. Loro mi chiedono: “E Andreotti?”. “Parlerà in assemblea”, rispondo io».

In assemblea che cosa succede?

CIRIACO DE MITA E FRANCESCO COSSIGA

«De Mita fa il nome di Cossiga e in sala scende il gelo. “Chi vuole parlare?”, chiede il segretario. Tutti zitti. “Giulio, tu?”, insiste. Andreotti si fa avanti con una frase sibillina: “Leggo dai giornali che sarei iscritto a parlare d’ufficio”».

 

Una brutta aria.

«Bruttissima. La candidatura andava votata a scrutinio segreto tra i parlamentari, formiamo il seggio, voto e me ne vado via tranquillo, tanto c’era solo Cossiga in campo. Qualche ora dopo, la telefonata di Piccoli. “Una tragedia”, ripete più volte. Cossiga aveva avuto un consenso bassissimo, sotto il 60 per cento. La Dc era divisa e la sua candidatura rischiava di andare a sbattere.

 

francesco cossiga

Nella stanza siamo io, Piccoli e i capigruppo, Virginio Rognoni e Nicola Mancino. “Chi altri è a conoscenza di questo risultato?”, chiedo. “Solo noi quattro”, risponde Piccoli. “Bene, distruggiamo le schede, bruciamole”, dico io. Facciamo un comunicato stampa, diciamo che Cossiga ha preso oltre il 75 per cento e lasciamo intendere la Dc è unita».

 

I congiurati non se ne accorsero?

«Questa fu la finezza. Scrivemmo 75 per cento perché ciascun gruppo di congiurati credesse che altri congiurati avevano trovato l’accordo con noi su Cossiga. E la congiura fallì».

Lo disse a De Mita?

«A notte fonda, mi fece i complimenti».

 

Cossiga lo venne a sapere?

«Andai con De Mita a comunicargli ufficialmente che il candidato sarebbe stato lui e De Mita gli disse una frase del tipo “Francesco, ringrazia Mastella”».

 

cossiga andreotti

La ringraziò?

«Con Pertini non avevo mai messo piede al Quirinale. Con Cossiga ero invitato sempre insieme a mia moglie Sandra, ci chiamavano pure per le prime dei film».

 

L’elezione che sta per arrivare è più semplice o più complicata di quelle del passato?

«Più complicata. Una volta c’era il problema dei franchi tiratori. Adesso, coi partiti dissolti e i parlamentari in libera uscita, sono quasi tutti tiratori franchi. Bisogna prendere voto per voto. In questo sport è molto bravo Berlusconi».

cossiga e pertini

Lei crede che...

SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCO COSSIGA

«Io non credo nulla. Sarei matto a credere a qualcosa adesso».

mastella costituente di centro

SERGIO MATTARELLA FRANCESCO COSSIGA

Ultimi Dagoreport

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?