giovanni tria iva

COME SI PUÒ EVITARE DI FAR SCATTARE 23 MILIARDI DI AUMENTI DELL'IVA, SE NON CI FOSSE SOLUZIONE ALLA CRISI? - I TECNICI HANNO INDIVIDUATO UNA STRADA POSSIBILE: PER LEGITTIMARE IL DECRETO SULL'IVA BASTEREBBE IL CONSENSO UNANIME DEI GRUPPI PARLAMENTARI…

Alessandro Barbera per “la Stampa”

giovanni tria sergio costa

 

Sarà il grande ostacolo alla trattativa fra Pd e Cinque Stelle, ed è una delle ragioni che ha spinto Matteo Salvini a lasciare il governo in pieno agosto. Fra Quirinale, Tesoro e Commissione europea negli ultimi giorni non si parla d' altro: come evitare di far scattare il primo gennaio ventritré miliardi di aumenti dell' Iva nel caso in cui non ci fosse soluzione alla crisi? Il lettore perdonerà, ma la questione è noiosa e rilevante, più di quanto lo sia stato in passato.

 

GIOVANNI TRIA

Quelle che una volta si chiamavano clausole di salvaguardia - negli ultimi dieci anni tutti i governi le hanno introdotte per far finta di rispettare i vincoli europei - non ci sono più. Fino all' anno scorso era possibile spostare l' onere da un anno all' altro. Lo hanno fatto tutti i ministri, di destra e sinistra, da Tremonti a Padoan. Ora quegli aumenti sono legge dello Stato.

 

Di più: sono parte delle coperture per reddito di cittadinanza e quota cento, la legge che ha anticipato i termini per la pensione. Se il governo cancellasse gli aumenti senza sostituirli con altre tasse o minori spese, il deficit schizzerebbe sopra il tre per cento. Nessun partito sembra preoccupato dell' eventualità, gli investitori internazionali potrebbero pensarla diversamente. Se avessero ragione i più pessimisti - quelli che prevedono una recessione mondiale entro la fine dell' anno - converrebbe prendere sul serio il problema.

salvini conte

 

PIANO B CON IL GOVERNO

Ebbene, la soluzione alla crisi non c'è ancora, al problema dell'Iva sì. O meglio, fra Roma e Bruxelles è pronto un piano B in caso di elezioni in autunno, uno scenario - è bene sottolinearlo - mai visto nella storia repubblicana. Le ipotesi su cui c' è già sostanziale accordo sono due. La prima - la più ottimistica - prevede la nascita di una maggioranza post-elettorale a dicembre, abbastanza tardi per rischiare l' esercizio provvisorio.

 

I funzionari della Commissione europea hanno già fatto sapere di non avere obiezioni ad un decreto del nuovo governo che sposti in avanti la scadenza. Uno, due mesi, massimo tre. Quando ci sono di mezzo le elezioni, Bruxelles non mette pressione alle capitali: accadde ad esempio alla Spagna sotto procedura di infrazione.

 

salvini conte

SENZA GOVERNO

Il secondo scenario è quello più complicato. Immaginiamo che la crisi non abbia sbocco, si vada al voto, ma a dicembre il nuovo governo non fosse ancora insediato.

 

Ebbene, in quella ipotesi sarebbe ancora in carica il vecchio governo. Non quello guidato da Conte - che dopo lo scontro in aula con Salvini non ha più la legittimazione per restare in carica per più di qualche giorno - ma il governo elettorale che Mattarella formerebbe in ogni caso per traghettare il Paese al voto. In questo scenario dopo le urne nemmeno l' esecutivo ponte avrebbe più la legittimazione a varare norme rilevanti. Anche in questo caso i tecnici hanno individuato una strada possibile: per legittimare il decreto sull' Iva basterebbe il consenso unanime dei gruppi parlamentari.

 

GIUSEPPE CONTE CON SERGIO MATTARELLA PER LE DIMISSIONI

La speranza del Quirinale è che una maggioranza nasca, e che la grana dell' Iva venga risolta dall' eventuale governo giallorosso. Al momento la legge in vigore prevede che il primo gennaio l' aliquota ordinaria passi dal 10 al 13 per cento, quella massima dal 22 al 25,2. La lobby dei commercianti la vede come un incubo. Per i due partiti trovare un accordo per evitarli sarà complicato.

 

In queste ore gli esperti di Pd e Cinque Stelle stanno facendo i conti. Il deficit è attorno all' 1,6 per cento del prodotto interno lordo. La nuova Commissione - comunque sarà composta - concederà all' Italia un po' di flessibilità. I più ottimisti pensano che si potrà spingere a dire sì al 2,2-2,3 per cento. Troppo poco per permettere alla nuova maggioranza di cancellare del tutto nuove tasse che valgono ben più di un punto di prodotto. Non è un caso se al Tesoro hanno pronte da mesi simulazioni sui costi degli aumenti di alcune categorie di merci. E c' è chi dice non sarebbe nemmeno un male.

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