CONTE HA UN SOLO MODO PER CONTARE: IL RICATTO - ''SE PARTE LA PROCEDURA D'INFRAZIONE, METTIAMO IL VETO SULLE NOMINE'', FACENDO SPONDA CON IL REGNO UNITO CHE TANTO NON HA NIENTE DA PERDERE - IN REALTÀ PROVA A SMARCARSI DA SALVINI, CHE HA DETTO ''EVITIAMO LA PROCEDURA, MA NON A OGNI COSTO''. DA BRUXELLES FANNO SAPERE CHE UN ATTEGGIAMENTO SIMILE PEGGIOREREBBE LA POSIZIONE ITALIANA

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1. IL DIKTAT DELL' ITALIA "NIENTE PROCEDURA O BLOCCHIAMO TUTTO"

Ilario Lombardo per ''la Stampa''

 

Giuseppe Conte cerca nella lunga notte europea una strada per smarcarsi dal duplice assedio della Ue e di Matteo Salvini. La procedura per debito eccessivo dell' Italia è a un passo, il leghista torna a picconare sui soldi e vincoli Ue proprio mentre il premier combatte per conquistare centimetro dopo centimetro la fiducia perduta dei negoziatori europei. Il tempismo di Salvini fa tremare i 5 Stelle e Luigi Di Maio cerca di stanare le sue intenzioni: «Se cerca una scusa per far saltare tutto lo dica» .

 

GIUSEPPE CONTE THERESA MAY GIUSEPPE CONTE THERESA MAY

Anche il premier è stupefatto dalla nuova infilata di dichiarazioni di Salvini sull' urgenza di trovare 10 miliardi per la flat tax: «Sul fisco io sono il più ambizioso di tutti - spiega Conte- Voglio una riforma forte e complessiva e non mi accontento di abbassare un' aliquota». Ma quando il vicepremier della Lega dice che la procedura «va evitata, ma non a ogni costo», il capo del governo davanti ai suoi collaboratori mentre atterra a Roma reagisce spazientito: «Ci risiamo. Io faccio i salti mortali per evitare la procedura. Se ne assumerà le responsabilità».

 

Gliene parlerà, in un confronto che potrebbe tenersi tra oggi e lunedì. A Salvini ribadirà l' ovvio: che rischia di vanificare tutta la strategia che sta attuando e quella di riserva che, come accennato a Bruxelles, potrebbe attuare ancora se le cose si mettessero definitivamente male.

 

GIUSEPPE CONTE E THERESA MAY GIOCANO A BILIARDO GIUSEPPE CONTE E THERESA MAY GIOCANO A BILIARDO

Sono passate da poco le due del mattino di venerdì, il piano terra dell' hotel Amigo, nel cuore di Bruxelles, si riempie di gente. Il premier italiano ha un appuntamento con Emmanuel Macron e Angela Merkel ma rispetto ai due colleghi è in anticipo. Ne approfitta per chiarire ai giornalisti i diversi punti di collisione con l' Europa sui conti, e nel contempo spiegare lo stallo sopravvenuto sui nomi per le nomine.

 

Mentre sulla procedura di infrazione la trattativa per l' Italia si fa complicata, il Consiglio europeo dove i leader si sono riuniti per decretare il successore di Jean Claude Juncker alla guida della Commissione diventa un crogiolo di veti incrociati. Qualche ora dopo, alla conferenza stampa di ieri all' ora di pranzo, Conte dirà che la «possibile procedura a carico dell' Italia e le nomine ai vertici sono cose distinte», ma anche di non essere venuto in Europa «con il cappello in mano». Nella notte dell' Amigo, però, il premier fa un discorso con sfumature diverse, sfoderando quella che sembra a tutti gli effetti una minaccia.

MERKEL MACRON TUSK SANCHEZ MERKEL MACRON TUSK SANCHEZ

 

Se il criterio dello "spitzencandidaten", dei candidati ufficiali e delle affiliazioni politiche, è saltato, l' Italia può avere un ruolo più incisivo di quanto si aspettava. «Con la Gran Bretagna che si deve astenere per forza di cose, vista la Brexit, basta che un altro Paese assieme a noi si oppone e si blocca tutto». Potrebbe essere una mossa della disperazione o rappresaglia ma sta di fatto che per scongiurare la procedura il premier tenta una certa durezza senza però dire chi possa essere questo altro potenziale alleato di opposizione.

Uno che ha in mente è sicuramente la Polonia, tra i più riottosi sulle regole Ue.

 

ROCCO CASALINO AL TAVOLO CON CONTE, MACRON E MERKEL ROCCO CASALINO AL TAVOLO CON CONTE, MACRON E MERKEL

Se la giostra degli spitzencandidaten ci avrebbero tenuto fuori, in questo modo l' Italia rientrerebbe in gioco. Conte ne parla a lungo con Macron e Merkel davanti a un bicchiere di birra. Al tavolo sono seduti i tre Paesi europei più popolosi. Il pacchetto di nomine in discussione comprende Commissione, Consiglio e Banca centrale europea. Se, come racconta il capo del governo italiano, il candidato tedesco, del Ppe, Manfred Weber è stato bruciato, la stessa sorte potrebbe toccare a Michel Barnier, sempre dei popolari. Un nome che piaceva all' Italia: «Ma - ammette Conte - è difficile che passi. Ha un grosso limite che è la sua nazionalità».

 

Il premier spera di trovare margini negoziali sfruttando altre strade. Per esempio, criteri di genere e geografici, «in modo che i Paesi più grandi non lascino briciole a quelli più piccoli». Spezzare il dominio di Francia e Germania aiuterebbe l' Italia a evitare un ultrà tedesco alla Bce. In questa ottica un nome che più di altri sembra gradito a Conte per la Commissione è quello della bulgara Kristalina Georgieva, presidente della Banca mondiale, considerata l' arcinemica del segretario generale della Ue Martin Selmayr, il falco che turba le notti del governo italiano.

 

 

2. BRUXELLES NON ARRETRA "SARETE ANCORA PIÙ ISOLATI"

Marco Bresolin per ''La Stampa''

 

«Se il governo italiano decidesse veramente di puntare i piedi e fare ostruzionismo sulle nomine finirebbe per compiere un doppio passo falso. Perché si isolerebbe ulteriormente e poi perché sarebbe comunque difficile costruire una minoranza di blocco». Al termine della due giorni di Consiglio europeo, un diplomatico di un grande Paese Ue strabuzza gli occhi di fronte all' ipotesi di un veto italiano sulla scelta del prossimo presidente della Commissione.

 

ROCCO CASALINO AL TAVOLO CON CONTE, MACRON E MERKEL ROCCO CASALINO AL TAVOLO CON CONTE, MACRON E MERKEL

Dice di non aver avuto questa impressione dall' atteggiamento tenuto da Giuseppe Conte nei colloqui con gli altri leader. Vero, il premier era parecchio defilato rispetto ai suoi colleghi nei momenti più caldi dei negoziati all' Europa Building (nonostante il drink notturno in hotel con Angela Merkel, Emmanuel Macron e il premier lussemburghese Xavier Bettel).

 

Ma non si è certo mosso come un potenziale sabotatore. Il problema, però, è che la situazione al momento è «estremamente ingarbugliata». Non sarà un gioco da ragazzi trovare un' intesa su tutto il pacchetto delle nomine (presidente di Commissione, Consiglio, Parlamento e Bce, più Alto Rappresentante per la politica estera) nel summit straordinario convocato per domenica 30 giugno. Per questo c' è il rischio che qualche Paese possa usare l' arma del ricatto per far saltare la maggioranza.

 

L' intreccio con la procedura L' Italia è indubbiamente tra quelli più in difficoltà, anche perché parallelamente dovrà portare avanti la trattativa con la Commissione per scongiurare la procedura.

 

GIUSEPPE CONTE E ANGELA MERKEL GIUSEPPE CONTE E ANGELA MERKEL

L' esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker dovrà pronunciarsi martedì 2 luglio, 36 ore dopo il vertice: tutto dipenderà dal negoziato in corso tra il ministero del Tesoro e i gabinetti dei commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovksi, ma anche dalle trattative politiche che ci saranno nei prossimi giorni tra Conte e lo stesso Juncker a margine del G20 di Osaka. Domanda: se la Commissione andasse avanti su questa strada, il governo sarebbe veramente pronto a bloccare l' accordo sulle nomine? Non è da escludere, ma ci sono alcune difficoltà oggettive. Prima fra tutte la necessità di trovare alleati.

 

Le possibili sponde Visto che Theresa May sembra orientata ad astenersi, il presidente del Consiglio ha spiegato che basterebbe convincere solo un altro Paese di dimensioni medio-grandi per far saltare il banco. In realtà non è così. Ne servono almeno altri due. Le regole prevedono che il candidato presidente della Commissione da proporre al Parlamento venga indicato dal Consiglio, che delibera «a maggioranza qualificata rafforzata».

 

Per superare il quorum serve il voto di almeno 21 Paesi che rappresentino più del 65% della popolazione Ue. Per costituire una minoranza di blocco la normativa dice che però sono necessari almeno quattro Paesi che superino il 35% della popolazione. A titolo puramente teorico: tre grandi Stati (per esempio Italia, Francia e Germania) non possono formare una minoranza di blocco (nonostante contino il 41% della popolazione).

Il gioco delle alleanze Con la possibile astensione del Regno Unito (che vale come un voto contrario), Conte potrebbe cercare di convincere il governo polacco (che è guidato dai conservatori e non far parte della maggioranza all' Europarlamento) e magari Viktor Orban (perfettamente a suo agio nel ruolo di guastafeste). Ma i numeri dicono che serve il sostegno di qualcun altro: Regno Unito, Italia, Polonia e Ungheria contano il 34,12% della popolazione Ue. Per un soffio, gli altri supererebbero il 65%.

 

MERKEL MACRON SANCHEZ JUNCKER MERKEL MACRON SANCHEZ JUNCKER

Bisognerebbe dunque coinvolgere tutto il quartetto di Visegrad, ma Slovacchia e Repubblica Ceca sono su posizioni più moderate e non sembrano intenzionate a mettersi di traverso. Difficile trovare sponde tra i Paesi del Sud Europa: Malta, Portogallo e Spagna (oltre alla Grecia) formano un asse socialista che sta avendo un ruolo di primo piano nei negoziati e che sicuramente sarà premiata. Nessuna speranza a Nord e nei Baltici, dove ci sono governi che sulla procedura spingono per la linea dura e dunque non hanno alcuna voglia di salvare Roma.

 

Addio «spitzenkandidat» Chi sarà dunque il prossimo presidente della Commissione? La riunione terminata nella notte tra giovedì e ieri è servita a seppellire politicamente le candidature degli spitzenkandidat. Non solo il popolare Manfred Weber, ma anche il socialista Frans Timmermans e la danese Margrethe Vestager sembrano ormai fuori dalla corsa. Si attendono nuovi nomi. I principali leader ne discuteranno al G20 in Giappone.

Donald Tusk avrà invece il compito di sondare i gruppi parlamentari per capire chi potrebbe avere una maggioranza.

 

Il Ppe rivendica quella posizione. Angela Merkel ha però definitivamente respinto le avances di chi la vorrebbe a Bruxelles: «Ho già detto e ripetuto di no. Mi spiace che le mie parole non siano state ascoltate».

 

 

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