franco cordero

CORDERO ERO - SE NE VA A 92 ANNI IL GIURISTA ERUDITO E POLIEDRICO, ALLONTANATO DALL'UNIVERSITÀ CATTOLICA PER LE SUE IDEE E NEGLI ULTIMI ANNI INTELLETTUALE DI RIFERIMENTO PER LA ''REPUBBLICA'' ANTI-BERLUSCONA DELL'ERA DI GIUSEPPE D'AVANZO ED EZIO MAURO, CHE OGGI CELEBRA LUI E LE SUE DEFINIZIONI, DAL ''CAIMANO'' ALL'''EGOARCA''

 

 

1. FRANCO CORDERO IL SAPIENTE DEL DIRITTO VISSUTO PER LA LIBERTÀ

Roberto Esposito per ''la Repubblica''

 

Con Franco Cordero scompare una delle figure più raffinate e poliedriche della cultura italiana contemporanea. Ma anche un intellettuale militante, impegnato in battaglie civili contro il lato oscuro del potere politico ed ecclesiastico italiano. Nato a Cuneo nel 1928 e morto ieri in una casa di riposo fuori Roma dove si era ritirato con la moglie, ha attraversato l' ultimo secolo, lasciando una traccia indelebile non solo nel campo del diritto di cui è stato riconosciuto maestro, ma anche in quelli della riflessione filosofica, teologica, antropologica. E infine nella scrittura con una serie di romanzi - tra i quali Opus , Bellum civile , L' armatura - di lettura non semplice, ma scritti con uno stile personalissimo che gli assegna un ruolo non secondario nella letteratura degli ultimi decenni.

 

FRANCO CORDERO

Allievo di Giuseppe Greco, ha insegnato in diverse Università italiane, tra cui Trieste, Torino, Roma, dove ha chiuso nel 2002 una brillante carriera accademica. Ma certamente l' esperienza che più lo ha segnato, diffondendo il suo nome anche all' estero è stato l' insegnamento alla Cattolica di Milano, allora diretta da Agostino Gemelli, iniziato nel 1960. Entrato in conflitto per la sua posizione di intransigente polemica nei confronti della parte più retriva della gerarchia ecclesiastica, è stato espulso dalla Cattolica, scatenando quello che, sulle pagine dei quotidiani italiani e stranieri, ha assunto il nome di "caso Cordero".

 

L' occasione dello scontro, non cercato ma neanche evitato da Cordero, è stata la pubblicazione del testo intitolato Gli osservanti (1967) ma soprattutto il successivo romanzo Genus che nel 1969 gli costerà l' allontanamento dalla cattedra. Accusato di eterodossia e attaccato frontalmente dalla destra cattolica, Cordero ha risposto con altrettanta nettezza, scatenando una polemica arrivata fino alla Corte Costituzionale. Da allora la sua persona è diventata occasione di continue controversie.

 

Attaccato dagli ambienti confessionali, è diventato per altri una bandiera di indipendenza e di libero pensiero. I suoi scritti, alcuni memorabili, vanno dalla tecnica giuridica - il suo manuale di procedura penale, ristampato più volte, costituisce ancora riferimento essenziale per gli studi di diritto - alla filosofia, alla teologia, all' antropologia. Ciò che di essi colpisce è la straordinaria miscela di erudizione e originalità, di filologia e di spregiudicatezza ermeneutica.

 

Se la sua monumentale biografia di Savonarola in quattro volumi contiene ancora una miniera di informazioni per gli studiosi, il suo Commento alla Lettera ai Romani di Paolo di Tarso continua a sorprenderci per la radicalità della sua interpretazione, allo stesso tempo fedele ed estrema. Oggi, in una cultura accademica sempre più proclive a uno specialismo senza nerbo, la vastità e la poliedricità del suo sapere restano una sorta di unicum con cui è difficile stabilire confronti.

 

FRANCO CORDERO

Ma questa molteplicità di interessi e di linguaggi non sfocia mai in un vacuo eclettismo, tanto meno in divulgazione. Al contrario il suo stile di scrittura, a volte denso fino all' ermetismo, costituisce per il lettore una sfida che non può lasciare indifferenti. Si può anzi dire che, nonostante l' ampiezza di orizzonti della sua cultura, tutti i suoi testi sembrano convergere verso un fuoco centrale, al contempo teoretico ed etico-politico. La forza - nel senso pieno del termine - di Cordero stava nel rifiutare ogni compromesso, ogni risposta troppo facile a questioni complesse, come quella del rapporto tra sacro e profano, teologia e politica, eternità e tempo.

 

Tra di essi, per Cordero, non c' è possibilità di sintesi dialettica. Ma continua tensione tra poli irriducibili, necessari l' uno ad illuminare l' altro non per analogia, ma per contrasto. Egli c' insegna che le grandi contraddizioni, nella vita e nel pensiero, non hanno mai soluzioni facili. Il suo - potremmo dire - è un pensiero teologico-politico consapevole del rischio di ogni sovrapposizione tra teologia e politica. Come è impossibile fondare razionalmente il sacro, così va evitata ogni sacralizzazione del potere. Che anzi è ciò che Cordero ha combattuto per tutta la vita.

 

Alla fine dell' insegnamento universitario Cordero ha potenziato il proprio impegno politico attraverso una serie di interventi, articoli, polemiche rimaste insuperate per la loro radicalità e anche fantasia semantica. Come dimenticare le vere e proprie invenzioni lessicali, come quelle indirizzate contro Berlusconi, identificato con il Caimano?

 

FRANCO CORDERO

Le sue polemiche nei confronti del collasso della cultura politica italiana dei due ultimi decenni hanno avuto un tono aspro e duro, come era il suo carattere. Oggi forse non sono più di moda. Ma basta rileggere alcuni suoi titoli - da Nere lune d' Italia a Morbo italico - per accorgersi che quei libri parlano ancora di noi. La sua etica, lucida e disperata, è una luce della quale c' è ancora bisogno. Il suo discorso, leopardiano, sopra lo stato presente dei costumi italiani non ha smesso di interpellarci. Esso attende ancora una risposta e una promessa di riscatto all' altezza delle sue domande.

 

 

COSÌ SMASCHERÒ IL CAIMANO EGOARCA

Ezio Mauro per ''la Repubblica''

 

«Qui posso studiare», diceva Franco Cordero mostrando con un gesto della mano i libri che lo circondavano nello studio, fuori casa, dove si ritirava ogni giorno dal mattino presto tra prime edizioni, volumi rari, codici antichi. Dopo una vita passata a insegnare, il professore voleva soltanto studiare, continuare a imparare, sapere. Il rigore piemontese, quasi ascetico, dava un ritmo metodico alle sue giornate, interrotto soltanto dall' ora fissa in piscina, pure questa imposta come esercizio: anche se in acqua, probabilmente, continuava a pensare diritto.

FRANCO CORDERO

 

Nel suo pensiero c' è l' impronta costante della filosofia del diritto, che coltiva dopo aver seguito Giuseppe Grosso nella storia del diritto romano. Qui cresce il culto per Dike, figlia di Zeus e di Temi, costretta a lasciare la terra per la vergogna della corruzione umana, trasformata in dea della giustizia e - come Astrea - stella nella costellazione della Vergine.

Dike, nel disegno di Cordero, continua a lottare per stabilire il suo ordine nell' uguaglianza degli uomini, che in ogni epoca le professano devozione mentre la tradiscono quando salgono al potere.

 

Il potere compare davanti al professore quando l' Università Cattolica gli toglie la cattedra, nel 1969,escludendolo dall' insegnamento, perché il libro Gli osservanti viene accusato di non essere conforme all' ortodossia. Un reato di pensiero, negli anni in cui la contestazione spalanca le università e mette in crisi l' autoritarismo accademico. Cordero replicherà con la Risposta a monsignore, raccontando l' ultima ora sul rogo di un eretico a cui i monaci strappano una conversione, per poi mandare comunque avanti il carnefice, che lo strozza: «Ogni particolare della messinscena traspira amore del prossimo - scrive il professore -, servizio disinteressato di Dio. Pensi, Monsignore, queste cose capitavano ancora quando era già nato quel mostro di Voltaire ».

 

FRANCO CORDERO

Con l' incarico alla Sapienza, nella cattedra di Giuseppe Sabatini, c' è l' incontro della vita con la procedura penale. Cordero scriverà (e riscriverà dopo la riforma del codice nel 1988) un manuale che resta fondamentale, e continuerà a studiare la procedura fino alla fine. È questo rigore scientifico che lo porterà ad occuparsi della vicenda politica italiana, proprio negli anni del potere berlusconiano più forte e nello stesso tempo più esposto alle debolezze della tentazione costante di deformare il diritto a vantaggio personale, abusando del potere legislativo a vantaggio dell' esecutivo.

 

Furono anni di dialogo e confronto con Giuseppe D' Avanzo, il reporter-editorialista di Repubblica che indagava l' uso degli strumenti giuridici nella presa del potere della destra italiana. Dike veniva offesa.

 

Cordero avviò una lunga collaborazione con Repubblica che districava implacabilmente gli inganni e i sotterfugi della manomissione della procedura, mentre risvegliava la sua personale passione civile, rendendola pubblica e manifesta.

 

ezio mauro

Senza nemmeno volerlo, il professore diventava un attore della vicenda politica più controversa e incandescente degli ultimi decenni. Poco alla volta l' affresco politico lo cattura, suscitando il suo estro narrativo, l' invenzione linguistica, le metafore coltissime, le raffigurazioni grottesche, i giudizi ironici e definitivi, in un quadro ricorrente in cui tornavano con Berlusconi Verdini, Renzi, Dell' Utri, Napolitano.

 

«Leggi ordinate à la carte, in un gaudioso marasma », «figure d' atlante antropologico», «ingordi boy scout», «Gran Visir e insostituibile alchimista», «mirabilia quotidianamente annunciati» per nascondere «lo scempio dei giudizi, che manda in fumo processi e delitti, con la procedura che diventa fuga dall' equazione penale».

 

Restano le immagini fantasiose, dilatate e pertinenti dell'"Egoarca", dell'"Egolatra", del "Re Lanterna", e infine il fantasma grandioso e terribile del "Caimano": evocato da Cordero e poi diventato così perfetto nell' allegoria e così riconoscibile da camminare da solo nella lunga penombra italiana di quegli anni.

ezio mauro con matteo renzi e carlo de benedettiricordo di giuseppe d avanzo

 

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