donald trump benjamin netanyahu mohammed bin salman

COSA FARA’ TRUMP IN MEDIORIENTE? RAFFORZERA' L’ALLEANZA CON ISRAELE, PUNTERA' ALL'INTEGRAZIONE ECONOMICA E POLITICA DELLO STATO EBRAICO CON I PAESI ARABI DEL GOLFO (CON RILANCIO DEGLI “ACCORDI DI ABRAMO”), CERCHERA' DI CONTENERE L’IRAN - IL DOSSIER PALESTINESE POTREBBE ESSERE GESTITO ATTRAVERSO INCENTIVI ECONOMICI IN CAMBIO DI CONCESSIONI POLITICHE: LA VISIONE DI TRUMP PER UNA “ENTITÀ PALESTINESE” POTREBBE CONCRETIZZARSI IN UNA SORTA DI AUTONOMIA AMMINISTRATIVA SENZA PERÒ ARRIVARE A UN VERO E PROPRIO STATO PALESTINESE…

Daniele Ruvinetti per https://www.med-or.org

 

DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU

Con la vittoria di Donald Trump alle elezioni USA2024, si prospetta una continuità nelle politiche mediorientali già sperimentate durante il suo primo mandato, e in larga parte mantenute dall’amministrazione Biden. I principali assi d’intervento si basano sul rafforzamento dell’alleanza con Israele, l’integrazione economica e politica dello stato ebraico con i Paesi arabi del Golfo, il contenimento dell’influenza iraniana e un approccio pragmatico alle questioni palestinesi.

 

Donald Trump Mohammad bin Salman

La politica mediorientale di Trump sarà, infatti, fortemente improntata sul supporto strategico a Israele, partner essenziale per gli Stati Uniti nella regione. Gli Accordi di Abramo, che hanno portato alla normalizzazione delle relazioni tra Israele e diversi paesi arabi – tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco – potrebbero ulteriormente espandersi, con un focus sull’inclusione dell’Arabia Saudita, vista come il “premio finale” in questo percorso di integrazione.

 

Sebbene Jared Kushner, il genero di Trump che in precedenza ha giocato un ruolo centrale nella negoziazione degli Accordi di Abramo, probabilmente non assumerà ruoli ufficiali, è possibile che la sua influenza indiretta e i suoi rapporti con leader chiave del Golfo (come quelli di Arabia Saudita ed Emirati Arabi) possano continuare a orientare parte delle dinamiche regionali, anche in tal senso.

DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU

 

L’estensione di certi accordi rappresenta una continuità rispetto al mandato precedente e mira a stabilire Israele come perno di un’alleanza regionale che, oltre a facilitare i rapporti economici, offrirebbe maggiore stabilità e un fronte comune contro l’influenza dell’Iran. In questa prospettiva, la seconda amministrazione Trump potrebbe lavorare attivamente per consolidare un’area di cooperazione strategica con Tel Aviv, puntando a un’integrazione non solo diplomatica ma anche economico-securitaria, che attragga investimenti e solidifichi le relazioni economiche cruciali.

 

mohammed bin salman donald trump jared kushner

Certo non manca un’articolata complicazione del disposto creato dalla guerra contro Hamas, dalla crisi umanitaria a Gaza, dalla destabilizzazione regionale collegata e da alcune visioni interne all’esecutivo israeliano.

 

Per tale ragione, c’è da aspettarsi che il dossier palestinese probabilmente continuerà a essere gestito attraverso una logica di “peace through prosperity,” attraverso la quale gli incentivi economici vengono offerti in cambio di concessioni politiche. La visione di Trump per una “entità palestinese”, presentata durante il primo mandato, potrebbe trovare ulteriore sviluppo, consolidando una linea che mira a promuovere una sorta di autonomia amministrativa palestinese, senza però avanzare verso un pieno riconoscimento della sovranità.

DONALD TRUMP E BENJAMIN NETANYAHU A MAR-A-LAGO

 

C’è già stato un contatto del presidente eletto con Abu Mazen a testimoniare una forma di impegno in questo senso. Dopotutto, anche la presidenza Biden ha evitato di riaprire la discussione su una “soluzione a due stati” effettiva, mantenendo il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme (scelta trumpiana di chiaro indirizzo politico) e non intervenendo in modo significativo sulla questione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania.

 

Nel caso della seconda amministrazione Trump, si potrebbe prevedere un proseguimento di questa linea, concentrandosi su incentivi per l’economia e spinte sullo sviluppo delle infrastrutture, piuttosto che su concessioni politiche. Sebbene dunque sia improbabile un ritorno a negoziati diretti sulla sovranità, non è comunque esclusa l’esplorazione di forme di cooperazione con soggetti locali palestinesi, per stabilizzare l’area e minimizzare le potenziali tensioni con le popolazioni locali.

donald trump in mezzo a donald trump con lo sceicco mohamed bin zayed al nahyan e salman dell'arabia saudita

 

Se nel caso della questione palestinese sarà l’ottica transazionale a guidare le scelte, differentemente con l’Iran resterà l’antagonismo strategico — a maggior ragione se si continua a rafforzare la linea operativa antioccidentale con la Russia. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca lascia prevedere una ripresa della politica di “massima pressione” già adottata in precedenza, in cui le sanzioni e l’isolamento economico hanno rappresentato gli strumenti centrali.

donald trump e mohammed bin salman al g20 di osaka

 

La precedente uscita degli Stati Uniti dal JCPOA, il trattato che limitava il programma nucleare iraniano in cambio di alleggerimenti sanzionatori, potrebbe essere ulteriormente rafforzata con nuovi pacchetti di sanzioni e, potenzialmente, con azioni coordinate con partner regionali come Israele e gli stati del Golfo. In questo caso, ci sarà anche particolare attenzione al contenimento (anche in forma armata) delle milizie regionali che compongono l’Asse della Resistenza connesso all’IRGC.

 

La seconda amministrazione Trump potrebbe, dunque, puntare alla creazione di un’alleanza economico-securitaria regionale con Israele e le monarchie del Golfo, mirata a contenere le ambizioni di Teheran e a rafforzare la proiezione di potenza degli Stati Uniti su rotte energetiche e commerciali chiave, dal Mar Rosso alla ventura IMEC.

 

BENJAMIN NETANYAHU DONALD TRUMP

Tale allineamento non solo conterrebbe Teheran, ma potrebbe anche fungere da argine all’influenza di altri attori globali, in particolare la Cina e la Russia. In questo senso, la politica di Trump si configura come un tentativo di preservare l’egemonia americana nella regione, seppure da remoto e a controllo meno diretto, creando un blocco anti-iraniano saldo e allineato con le principali priorità statunitensi.

 

Rimane incerto come questa strategia verrà recepita a livello locale e quali saranno le reazioni della popolazione nei territori palestinesi e in altri paesi arabi, anche considerando la compattazione delle collettività arabo-islamiche dopo l’inizio della guerra a Gaza e nel sud del Libano, nonché dopo il tentativo di normalizzazione con l’Iran avviato da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

 

benjamin netanyahu e donald trump presentano il piano di pace per il medio oriente

L’eventuale annessione di porzioni di Cisgiordania o un ampliamento delle politiche di insediamento israeliano potrebbero, inoltre, accrescere le tensioni con le comunità locali, provocando una risposta da parte delle forze politiche palestinesi o suscitando disaccordo in seno agli stessi paesi arabi. Allo stesso modo, un ulteriore inasprimento delle sanzioni contro l’Iran potrebbe spingere Teheran a intensificare la propria presenza in Medio Oriente e a stringere l’allineamento con Russia e Cina, creando tensioni anche con i partner regionali di Washington.

 

In questo contesto, il ritorno di Trump potrebbe significare una stabilizzazione dei rapporti tra Stati Uniti e alleati storici del Golfo e Israele a livello di leadership, ma lascia aperta la questione della reazione di attori locali e collettività regionali. La posizione condizionale della politica americana potrebbe quindi essere interpretata come un’opportunità per alcuni e un punto di frizione per altri, con un potenziale di instabilità che, sebbene monitorabile, non può essere escluso. Almeno nel breve termine, ossia quello in cui peseranno le dinamiche attualmente in corso.

Ultimi Dagoreport

gian marco chiocci giampaolo rossi alfredo mantovano giorgia meloni giovambattista giovanbattista fazzolari tg1

DAGOREPORT- CHE FRATELLI D’ITALIA, DOPO TRE ANNI DI PALAZZO CHIGI, NON SIA PIÙ IL PARTITO MONOLITICO NELLA SUA DEVOZIONE E OBBEDIENZA A GIORGIA MELONI È DIMOSTRATO DALL’ULTIMO SCAZZO NEL POLLAIO RAI TRA CHIOCCI E ROSSI - COL DIRETTORE DEL TG1 CHE SPUTTANA IN PIAZZA, CON APPOSITO COMUNICATO, I SUOI CONTATTI RISERVATI CON LA DUCETTA: ‘’NEI GIORNI SCORSI LA PREMIER MI HA SONDATO INFORMALMENTE PER CAPIRE UNA MIA EVENTUALE, FUTURA, DISPONIBILITÀ NELLA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE” - CON MASSIMO CINISMO E MINIMO RISERBO, CHIOCCI AGGIUNGE: “UNA CHIACCHIERATA, COME TANTE ALTRE IN QUESTI MESI...” - S'AVANZA "FRATELLI SERPENTI", UN PARTITO VITTIMA CRESCENTE DI INTRIGHI DI POTERE, CHE VIVE SCHIZOFRENICAMENTE LA PROPRIA EGEMONIA COME SABOTAGGIO DEL CAMERATA RIVALE - DALLA NOMINA DI FOTI A MINISTRO AL MURO DI IGNAZIO LA RUSSA A PROTEZIONE DI SANTANCHÉ FINO AL SUO ENDORSEMENT PER MAURIZIO LUPI PER IL DOPO-SALA IN BARBA AL MELONIANO FIDANZA, DAGLI SCAZZI CROSETTO-MANTOVANO A LOLLOBRIGIDA “COMMISSARIATO”, DALLA NOMINA DI GIULI ALLO SCONTRO SCHILLACI-GEMMATO. ESSI': A VOLTE IL POTERE LOGORA CHI CE L’HA….

antonio barbera giulio base monda buttafuoco borgonzoni mantovano

FLASH! – BIENNALE DELLE MIE BRAME: IL MANDATO DI ALBERTO BARBERA ALLA DIREZIONE DELLA MOSTRA DEL CINEMA TERMINA FRA UN ANNO MA DA MESI SI SUSSEGUONO VOCI SULLE ASPIRAZIONI DI ANTONIO MONDA (SPONSOR MANTOVANO) E DI GIULIO BASE, SUPPORTATO DALLO STRANA COPPIA FORMATA DALLA SOTTOSEGRETARIA LEGHISTA LUCIA BORGONZONI E DA IGNAZIO LA RUSSA (GRAZIE ALLO STRETTO RAPPORTO CON FABRIZIO ROCCA, FRATELLO DI TIZIANA, MOGLIE DI BASE) - IL PRESIDENTE ‘’SARACENO’’ BUTTAFUOCO, CHE TREMA AL PENSIERO DI MONDA E BASE, NON VUOLE PERDERE LA RICONOSCIUTA COMPETENZA INTERNAZIONALE DI BARBERA E GLI HA OFFERTO UN RUOLO DI ‘’CONSULENTE SPECIALE’’. RISPOSTA: O DIRETTORE O NIENTE…

peter thiel narendra modi xi jinping donald trump

DAGOREPORT - IL VERTICE ANNUALE DELL'ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE DI SHANGHAI (SCO), SI AVVIA A DIVENTARE L’EVENTO POLITICO PIÙ CLAMOROSO DELL’ANNO - XI JINPING ATTENDE L’ARRIVO DEI LEADER DI OLTRE 20 PAESI PER ILLUSTRARE LA “VISIONE CINESE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE – ATTESI PUTIN, L’INDIANO MODI (PER LA PRIMA VOLTA IN CINA DOPO SETTE ANNI DI SCAZZI), IL BIELORUSSO LUKASHENKO, IL PAKISTANO SHARIF, L’IRANIANO PEZESHKIAN E IL TURCO ERDOGAN - SE DA UN LATO IL SUMMIT SCO RAPPRESENTA IL TRIONFO DEL DRAGONE, CHE È RIUSCITO A RICOMPATTARE MEZZO MONDO, DALL’INDIA AL BRASILE, MINACCIATO DALLA CLAVA DEL DAZISMO DI TRUMP, DALL’ALTRO ATTESTA IL MASSIMO FALLIMENTO DELL’IDIOTA DELLA CASA BIANCA – L’ANALISI SPIETATA DELL’EMINENZA NERA, PETER THIEL, A “THE DONALD”: "A COSA SONO SERVITI I TUOI AMOROSI SENSI CON PUTIN PER POI RITROVARTELO ALLA CORTE DI PECHINO? A COSA È SERVITO LO SFANCULAMENTO DELL’EUROPA, DAL DOPOGUERRA AD OGGI FEDELE VASSALLO AI PIEDI DEGLI STATI UNITI, CHE ORA È TENTATA, PER NON FINIRE TRAVOLTA DALLA RECESSIONE, DI RIAPRIRE IL CANALE DI AFFARI CON LA CINA, INDIA E I PAESI DEL BRICS?” – "DONALD, SEI AL BIVIO’’, HA CONCLUSO THIEL, "O SI FA UN’ALLEANZA CON LA CINA, MA A DETTAR LE CONDIZIONI SARÀ XI, OPPURE DEVI ALLEARTI CON L’EUROPA. UNA TERZA VIA NON C’È…”

luca zaia giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - MAI VISTA L’ARMATA BRANCAMELONI BRANCOLARE NEL BUIO COME PER LE REGIONALI IN VENETO - SENZA QUEL 40% DI VOTI DELLA LISTA ZAIA SIGNIFICHEREBBE LA PROBABILE SCONFITTA PER IL CENTRODESTRA. E DATO CHE IN VENETO SI VOTERÀ A NOVEMBRE, DUE MESI DOPO LE MARCHE, DOVE IL MELONIANO ACQUAROLI È SOTTO DI DUE PUNTI AL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA RICCI, PER IL GOVERNO MELONI PERDERE DUE REGIONI IN DUE MESI SAREBBE UNO SMACCO MICIDIALE CHE RADDRIZZEREBBE LE SPERANZE DELL’OPPOSIZIONE DI RIMANDARLA AL COLLE OPPIO A LEGGERE TOLKIEN - LA DUCETTA HA DOVUTO COSÌ INGOIARE IL PRIMO ROSPONE: IL CANDIDATO DI FDI, LUCA DE CARLO, È MISERAMENTE FINITO IN SOFFITTA – MA PER DISINNESCARE ZAIA, URGE BEN ALTRO DI UN CANDIDATO CIVICO: OCCORRE TROVARGLI UN POSTO DA MINISTRO O MAGARI LA PRESIDENZA DELL’ENI NEL 2026 - SE LA DUCETTA È RABBIOSA, SALVINI NON STA MEJO: I TRE GOVERNATORI DELLA LEGA HANNO DICHIARATO GUERRA ALLA SUA SVOLTA ULTRA-DESTRORSA, ZAVORRATA DAL POST-FASCIO VANNACCI - IL PASTICCIACCIO BRUTTO DEL VENETO DEVE ESSERE COMUNQUE RISOLTO ENTRO IL 23 OTTOBRE, ULTIMA DATA PER PRESENTARE LISTE E CANDIDATI…

peter thiel donald trump

SE SIETE CURIOSI DI SAPERE DOVRÀ ANDRÀ A PARARE IL DELIRIO DI ONNIPOTENZA TRUMPIANA, È INTERESSANTE SEGUIRE LE MOSSE DELLA SUA ‘’EMINENZA NERA’’, IL MILIARDARIO PETER THIEL - PUR NON COMPARENDO MAI IN PUBBLICO, ATTRAVERSO PALANTIR TECHNOLOGIES, UNO TRA I POCHI COLOSSI HI-TECH CHE COLLABORA CON LE AGENZIE MILITARI E DI INTELLIGENCE USA, THIEL HA CREATO UNA VERA E PROPRIA INFRASTRUTTURA DI POTERE CHE NON SOLO SOSTIENE IL TRUMPONE, MA CONTRIBUISCE A DEFINIRNE L’IDENTITÀ, LE PRIORITÀ E LA DIREZIONE FUTURA - LA SVOLTA AUTORITARIA DI TRUMP, CHE IN SEI MESI DI PRESIDENZA HA CAPOVOLTO I PARADIGMI DELLO STATO DI DIRITTO, HA LE SUE RADICI IN UN SAGGIO IN CUI THIEL SOSTIENE APERTAMENTE CHE ‘’LIBERTÀ E DEMOCRAZIA SONO INCOMPATIBILI’’ PERCHÉ IL POTERE SI COLLOCA “OLTRE LA LEGGE” – OLTRE A INTERMINABILI TELEFONATE CON L'IDIOTA DELLA CASA BIANCA, THIEL GODE DI OTTIMI RAPPORTI CON LA POTENTE CAPOGABINETTO DEL PRESIDENTE, SUSIE WILES, E COL SEGRETARIO AL TESORO, SCOTT BESSENT, CON CUI ORDISCE LE TRAME ECONOMICHE - SE MEZZO MONDO È FINITO A GAMBE ALL’ARIA, IL FUTURO DELLA MENTE STRATEGICA DEL TRUMPISMO SEMBRA TINTO DI “VERDONI”: LE AZIONI DI PALANTIR SONO QUINTUPLICATE NEGLI ULTIMI 12 MESI, E NON SOLO GRAZIE ALLE COMMESSE DI STATO MA ANCHE PER GLI STRETTI INTERESSI CON L’INTELLIGENCE ISRAELIANA (UNO DEI MOTIVI PER CUI TRUMP NON ROMPE CON NETANYAHU...)

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - C’ERA UNA VOLTA LA LEGA DI SALVINI - GETTATO ALLE ORTICHE CIÒ CHE RESTAVA DEI TEMI PIÙ IDENTITARI DEL CARROCCIO, DECISO A RIFONDARLO NEL PARTITO NAZIONALE DELLA DESTRA, SENZA ACCORGERSI CHE LO SPAZIO ERA GIÀ OCCUPATO DALLE FALANGI DELLA STATISTA DELLA SGARBATELLA, HA PERSO IL LUME DELLA RAGIONE: UNA FURIA ICONOCLASTA DI NAZIONALISMO, SOVRANISMO, IMPREGNATA DI RAZZISMO, XENOFOBIA, MASCHILISMO E VIOLENZA VERBALE - SECONDO I CALCOLI DEI SONDAGGISTI OGGI QUASI LA METÀ DEI CONSENSI DELLA LEGA (8,8%) APPARTIENE AI CAMERATI DEL GENERALISSIMO VANNACCI CHE MICA SI ACCONTENTA DI ESSERE NOMINATO VICESEGRETARIO DEL CARROCCIO: CONSAPEVOLE CHE L’ELETTORATO DI ESTREMA DESTRA, AL SURROGATO, PREFERISCE L’ORIGINALE, SI È TRASFORMATO NEL VERO AVVERSARIO ALLA LEADERSHIP DEL CAPITONE, GIÀ CAPITANO - OGGI SALVINI, STRETTO TRA L’INCUDINE DELL'EX GENERALE DELLA FOLGORE E IL MARTELLO DI MELONI, È UN ANIMALE FERITO, QUINDI PERICOLOSISSIMO, CAPACE DI TUTTO, ANCHE DI GETTARE IL BAMBINO CON L'ACQUA SPORCA...