enrico letta giuseppe conte

LA CRISI DEL PD SPIEGATA DAI SONDAGGISTI - GHISLERI: “È UN PARTITO SOFISTICATO, CHE GUARDA AI DIRITTI CIVILI, IN UN MOMENTO IN CUI PERÒ LA GENTE HA BISOGNO DI RISPOSTE A QUESTIONI MOLTO TANGIBILI” - D'ALIMONTE: “IL PD E’ PARTITO DELLE ÉLITE, NON DEGLI OPERAI. E NON HA AVUTO UN LEADER” - ROBERTO WEBER: “CONTE, NONOSTANTE UN GERGO AMPOLLOSO, HA UN CHE DI PROVINCIALE NELL'ESPRIMERSI, UNA CIFRA DI RUVIDITÀ CHE SI CONNETTE CON CHI HA SCARPE GROSSE E CERVELLO FINO. MENTRE IL PD NON È IN CONNESSIONE CON LE FASCE PIÙ BASSE DELLA POPOLAZIONE”

CONTE LETTA

Da “la Stampa”

 

GHISLERI: "PD SOFISTICATO LA GENTE VUOLE RISPOSTE"

Quando si resta troppo a lungo al governo come è successo al Pd, avverte la direttrice di Euromedia research, Alessandra Ghisleri, poi risulta «molto difficile offrire la propria proposta» agli elettori. Persino sui temi del lavoro, che dovrebbero rappresentare una delle radici più profonde del partito di Enrico Letta.

 

«Il Pd è sempre stato al potere e ha dovuto compiere delle scelte, magari andando contro la propria identità - spiega Ghisleri -. Ha dovuto seguire maggioranze che erano multiple, di coabitazione, e anche questo crea dei problemi». Il Movimento 5 stelle, invece, alle ultime elezioni «si è presentato sul territorio con una promessa realizzata, il reddito di cittadinanza, e con una promessa da realizzare, che è il salario minimo».

 

GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA

Anche su quest' ultima proposta, sostiene Ghisleri, il partito di Giuseppe Conte si è battuto «con molta più convinzione del Pd». E questo, anche quando si passa all'opposizione, ha un peso sulla credibilità delle proprie battaglie. Quello di Letta «è diventato invece un partito molto più sofisticato, che guarda a temi importanti, come i diritti civili, in un momento in cui però la gente ha bisogno di risposte a questioni molto tangibili, che guardino principalmente alla possibilità per ogni famiglia di poter pianificare il proprio futuro».

 

giuseppe conte enrico letta 2

È sulla base di questo, sottolinea la direttrice di Euromedia, che la proposta dei Cinque stelle «diventa vincente». Chi si trova in difficoltà, dice, avrà «l'opportunità di mantenere quello che ha, che è il reddito di cittadinanza, o di sperare nella promessa del salario minimo», mentre dai dem riceverà proposte «meno indicizzate». Ed è così che a un certo target di elettore di sinistra, conclude quindi Ghisleri, «il Movimento si inizia a mostrare come una forza credibile».

 

D'ALIMONTE: "AI DEM È MANCATO UN LEADER"

Roma «Il Pd e il M5S potrebbero anche convivere», sostiene Roberto D'Alimonte, politologo e professore della facoltà di Scienze politiche della Luiss, a Roma. Il Movimento, infatti, si sta caratterizzando sempre di più come «partito della sinistra populista», mentre il Pd è una forza della «sinistra liberale, europeista, tecnocratica». Due elettorati diversi, o almeno «non così sovrapponibili come lo sono invece quelli del Pd e del Terzo polo di Calenda e Renzi.

 

GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA

Ecco, il Pd farebbe bene a guardarsi da loro, più che dai Cinque stelle». In questo momento, sostiene D'Alimonte, i grillini «hanno il reddito di cittadinanza, un sussidio che non è riuscito a offrire sbocchi sul fronte lavorativo, caratterizzandosi come una forma di assistenzialismo con una forte venatura populista», e la proposta del salario minimo, su cui Giuseppe Conte «ha puntato molto e che viene considerata una misura classica della sinistra».

 

Il Pd, leggendo i dati dei flussi elettorali, «ha i suoi punti di forza nelle aree urbane, tra i laureati e nella fascia medio-alta della popolazione». Insomma, si può dire che quello guidato da Enrico Letta «sia il partito delle élite, non degli operai. Di certo, non è più un partito della sinistra classica.

 

enrico letta e giuseppe conte 1

Gli operai e i disoccupati votano Lega, M5S, FdI. Se questi elettori sono persi per sempre o meno, dovranno deciderlo i dem al loro prossimo congresso». Il riposizionamento di Conte, anche sul fronte del lavoro, «sta quindi funzionando». Ad aiutarlo, c'è «la prateria lasciata dal Pd a sinistra, dove non c'è nessuno fuorché la piccola Sinistra italiana». E poi, sottolinea D'Alimonte, «servono le idee, ma queste viaggiano sulle spalle dei leader carismatici. Da una parte un leader c'è, dall'altra, finora, è mancato».

 

WEBER: "I 5S PARLANO IN MODO PIÙ SEMPLICE"

Se si tratta di fare opposizione, «i Cinque stelle sono molto più adatti del Pd». Per Roberto Weber, sondaggista e presidente dell'istituto Ixè, «non c'è dubbio»: è una questione di «matrice». Anche la piazza di sabato, a Roma - ricorda Weber -, «era piena perché c'era la Cgil di Landini. Il Pd invece le piazze non le occupa più, manifestare è una desuetudine, una dimensione che manca ai vertici del partito».

enrico letta giuseppe conte

 

La comunicazione, poi, ha un peso inevitabile. E nel linguaggio dei dem «non c'è mai una chiave di primitività che li metta in connessione con le fasce più basse della popolazione». Succede anche tra le personalità emergenti del campo progressista, come la brava Elly Schlein, vicepresidente dell'Emilia-Romagna: «Mutua il linguaggio dei media, come se leggesse i giornali e riportasse alla gente quel che c'è scritto. C'è però un'Italia che vota a sinistra e i giornali non li legge. Quell'Italia chi ascolta?».

 

Conte, nonostante un gergo ampolloso che stenta a perdere, ha «un che di provinciale nell'esprimersi, una cifra di ruvidità che si connette con chi ha scarpe grosse e cervello fino». Si deve far perdonare «molte colpe, come l'alleanza con la Lega, ma sbaglia - sottolinea Weber - chi pensa che i Cinque stelle siano gli stessi di sempre, quelli della scatoletta di tonno o che avevano "sconfitto la povertà"».

enrico letta giuseppe conte

 

Si stanno «rinnovando», in un'ennesima rivoluzione, «ma si muovono in una mappa nuova e il rischio, quindi, è di perdersi con più facilità, scivolando nel populismo». Il Pd, al contrario, «ha legami profondi con la società ed è possibile che venga fuori da questa situazione, al termine di un lungo processo che lo porti a reinterpretare le proprie radici».

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…