giuseppe conte

DAGO-RETROSCENA - SE IL 23 APRILE CONTE NON FIRMA IL PATTO OTTERRÀ UNA VITTORIA DI PIRRO. SE NON HA DALLA SUA PARTE FRANCIA E SPAGNA, TORNA A CASA A PETTINARE LE BAMBOLE. CHI LO PUÒ FORSE SALVARE È IL RAPPORTO DI MATTARELLA CON MACRON, IL SOLO CHE PUÒ CONVINCERE LA MERKEL A DIRE SÌ AI RECOVERY FUNDS. MA IN CAMBIO VUOLE L'ITALIA - IN CASO DI EURO-DISFATTA, A FINE MAGGIO, FINITO IL LOCKDOWN, CONTE NON TROVERÀ PIÙ LE CHIAVI DI PALAZZO CHIGI. CI PENSERÀ COLAO A SALVARCI DAL CATACLISMA? TANTO È GIÀ LÌ…

Dagoreport

 

giuseppe conte furioso in conferenza stampa.

Ieri sera Conte era partito bene. Leggeva la proroga del lockdown fino a 3 maggio. Poi si è fatto prendere dai nervi, ha cominciato a parlare a braccio, caricando come un toro Salvini e Meloni. Non si fa polemica così isterica in una conferenza istituzionale. E si è beccato i duri rimproveri di Mattarella che da tre settimane auspicava un ‘’clima cordiale con l’opposizione’’.

 

Certo: lo schiavo di Casalino aveva alle spalle un pomeriggio di risse con i capidelegazione della maggioranza con un nervosissimo Franceschini che lo pressava di firmare il ‘’Mes sanitario” senza condizionalità, in culo ai 5Stelle: meglio poco che niente. Mentre il suo acerrimo nemico Di Maio, che per sicurezza aveva scortato il capodelegazione Bonafede e Crimi, lanciava la simpatica idea di fermare i lavori della Tav, tanto per far incazzare ancor di più la Francia.

giuseppe conte furioso in conferenza stampa

 

Aggiungere l’uscita scema e intempestiva di Delrio che ha invocato la Corona-tax, una patrimonialina da scucire dalle tasche del già tartassato ceto medio che potrebbe racimolare un miliardo e 300 milioni: non ci compri manco un’aspirina per un malato in terapia intensiva come l’Italia. All’opposizione netta di Di Maio (“i soldi bisogna darli non toglierli”), si è poi aggiunto Renzi (“roba da matti”).

 

Prendete tutto quanto e shakerate: e avrete lo stato di “instabilità emotiva” del Conte Casalino alle 19.30 di ieri. Così, quella che secondo Mattarella doveva essere la sorpresa nell’uovo di Pasqua agli italiani, l’annuncio di Vittorio Colao, il supermanager che tutto il mondo ci invidia, a capo di una task force per la Ripartenza (Fase 2) e per la Ricostruzione (Fase 3) è finita sfocata, come una delle tante commissioni ministeriali, travolta da parole tipiche dei bar-sport.

giuseppe conte furioso in conferenza stampa

 

L’idea di chiamare il “Colao Meravigliao”, visto lo stato di inadeguatezza dell’esecutivo, è spuntata al Quirinale venerdì della scorsa settimana. Ma ogni volta che Mattarella la proponeva, l’ego di Conte si gonfiava e nicchiava. Una, due, tre volte, alla fine il piccolo dittatore della Repubblica delle Banane si è degnato di chiamare Colao, che ha subito detto di no, poi di non essere disponibile, infine grazie ma non ci penso proprio.

 

Così, chiamando a raccolta tutta la sua pazienza, è dovuto reintervenire il Capo dello Stato. E’ finita con il sì di Colao che ha premesso quanto segue a Conte: io ci sto ma si ricordi: se qualcosa non funziona, prendo la borsa e me ne vado. E adesso siamo curiosi tutti di vedere come andrà la “convivenza” dell’egolatrico Conte con un manager “carabiniere dentro”, abituato a comandare come l'ex boss di Vodafone.

giuseppe conte conferenza stampa

 

Ormai fuori controllo, il premier (per mancanza di provette) si è talmente esposto e incarognito sugli eurobond (o morte) che è finito in un cul de sac. Se il 23 aprile alla riunione dei capi di Stato e di governo europei, l’avvocato di Padre Pio non firma il patto scodellato dall’Eurogruppo, otterrà una vittoria di Pirro. Quanti paesi lo seguiranno? La Grecia, il Portogallo, forse. Se non ha dalla sua parte Francia e Spagna, Conte è fottuto.

 

Chi lo può forse salvare, se gli passa l’incazzatura per la conferenza-rissa di ieri sera, è Mattarella. La Salma Sicula è l’unico che ha la capacità e l’autorevolezza di riallacciare i fili con la Francia, che ha un ruolo molto pesante sul Recovery Fund, ultimo stratagemma linguistico per non rischiare un Rutte in faccia pronunciando la bestemmia eurobond.

 

conte macron brigitte

D’altra parte, il vispo e napoleonico Macron è l’unico che può convincere la Merkel a dire sì ai Recovery bond, disponibile a darsi da fare solo se, in cambio, l’Italia si dichiara ‘’alleato sicuro’’, cioè un paese prono alla grandeur de la France, garantita dalla “credibilità politica” del primo inquilino del Colle. Ora tutto dipende dalle forze e volontà che metterà in campo Mattarella. Riuscirà ad agganciare e sedurre Macron affinché il 23 aprile avvenga il miracolo di far fare 3 o 4 passi in avanti al fondo ancora tutto da costruire?

 

Senza la sponda e l’”annessione” francese, Conte torna a casa a pettinare le bambole? Sì e no. La preoccupazione del Quirinale si può sintetizzare così: se butto nel cesso Conte, chi prende le decisioni? E le consultazioni e la fiducia a un nuovo governo in un momento in cui la confusione e i vaffa regnano sovrani? Ecco perché, grazie all’emergenza del coronavirus, il combinato Conte-Casalino si sente forte.

CONTE E MATTARELLA

 

Certo, in caso di ennesima disfatta europea, di rigetto al fondo franco-italiano, dove li trova Conte i tanti, tanti miliardi per salvare il paese dal fallimento? A fine maggio, finito il lockdown, il nostro eroe non troverà più le chiavi di Palazzo Chigi. Ci penserà Colao a salvarci dal cataclisma? Tanto sarà già lì…

graziano delrio dario franceschiniconte gualtieriRoberto Gualtieri e Giuseppe Conte al lavoro sul DefVITTORIO COLAO

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