alfonso bonafede nino di matteo massimo giletti filippo graviano

DIFFICILE AVERE FEDE IN BONAFEDE - GILETTI: ''PERCHÉ IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA NON HA PRESO LE DISTANZE DALLE PAROLE DEL BOSS GRAVIANO, 'GILETTI NON DEVE ROMPERE LE PALLE AL MINISTRO, BISOGNA LASCIARLO LAVORARE'? - MI SONO CONVINTO CHE LE RIVOLTE NELLE CARCERI SIANO STATE PLACATE CON UNA TRATTATIVA TRA STATO E CRIMINALI. E POI LA SCARCERAZIONE DEI BOSS… - SE AVESSI AVUTO PIÙ COLLEGHI CHE SI OCCUPAVANO DI QUESTO CASO OGGI NON SAREI SOTTO SCORTA''

 

 

Luca Telese per ''la Verità''

 

Massimo: sei finito sotto scorta, e oggi continui a chiedere una dichiarazione ad Alfonso Bonafede. Quale?

«C' è uno strano filo che unisce me e lui in questa storia».

 

Quale?

«Il boss Graviano che ha minacciato e insultato me, ha detto che "non dobbiamo rompere le palle al ministro". Che bisogna "lasciarlo lavorare"».

Sono bruttissime parole, ovviamente. Ma si potrebbe obiettare: Bonafede non ha colpe per le parole di Graviano.

«Non è responsabile, ovviamente, ma sono rimasto stupito, quando si diffuse la notizia, che Bonafede non abbia sentito il bisogno di dire: "Mi sento infamato, non ho nulla a che vedere questo signore"».

 

GIUSEPPE GRAVIANO

«Doveva» farlo?

«Certo, pubblicamente: non ha mai risposto, invece.

Prendere le distanze, nella sua condizione, non è una possibilità: è un dovere».

Lo hai chiesto in tv.

«E lui non lo ha fatto. Né allora, né mai più. A me sembra una cosa grave. Perché Bonafede in questo momento rappresenta il governo, lo Stato».

Spiegalo.

«Come devo interpretare questo silenzio, non dico io Giletti, ma io cittadino?».

Tu dici: se questo silenzio perdura Bonafede si deve dimettere. Ma Bonafede si dice infamato solo dal sospetto di essere associato a dei mafiosi.

«E allora parli».

Massimo Giletti non molla.

Finito sotto scorta dopo le minacce di Graviano, spiega da dove è partita la sua battaglia antimafia, e da dove la farà ripartire appena l' Arena riparte.

 

Le minacce e la scorta ti arrivano dopo due anni di trasmissioni antimafia, molto fuori dalla ritualità dell' Antimafia.

«È vero, ma lo considero un complimento, non una critica».

Spiegati.

nino di matteo intervistato da massimo giletti a non e l arena

«Sono partito dal caso delle sorelle Napoli, una storia apparentemente laterale, se non addirittura marginale».

 

Cosa ti ha spinto a dedicare loro 18 puntate, una intera stagione e un libro?

«Io non sono mai ideologico.

Seguo il mio istinto e mi faccio sedurre dalla forza delle storie».

 

Cosa che ti ha colpito nel caso delle sorelle Napoli?

«C' era la solitudine di tre donne che lottavano da sole contro la mafia».

E nessuno credeva loro.

«Ma figurarsi: dicevano che erano matte, sconsiderate e mitomani».

E invece tu ci vedevi qualcos' altro.

«Il coraggio: tre donne apparentemente fragili, ma in realtà molto forti, che tengono testa ad un intero mondo».

Non è il racconto tipo dell' Antimafia epica.

giletti

«Dicevano che fosse solo una storia di quattro mucche uccise e tre vacche fatte fuggire, roba di recinti spezzati. E invece, andando oltre la verità apparente, si scopriva molto di più».

Minacce, attentati per intimidire i testimoni. Hai persino regalato una Panda fatta saltare per aria a un testimone.

«Non voglio dare enfasi a questo gesto. Era una cosa che per me andava fatta, punto. È più importante ciò che abbiamo scoperto».

 

Ovvero che la piccola storia si incrociava con una storia più grande.

«Sembrava solo una vicenda di mafia territoriale. E invece quel territorio era importante, perché era stato terreno di latitanza di Bernardo Provenzano».

Sei andato lì, a fare il programma in piazza, portando l' Arena in trasferta.

«Il sindaco mi aveva sfidato: "Vedremo se avrà il coraggio di venire qui". Non doveva farlo».

Su La Repubblica, Francesco Merlo ha scritto di te: «La piazza di Giletti è la bella sorpresa del giornalismo tv, e la mafia se n' è accorta».

«È un' analisi che mi fa piacere. Sono affezionato a quella puntata, alcuni mi hanno anche contestato in piazza, e io sono sceso in mezzo a loro per dialogare».

Hai rimproverato al sindaco di essere andato ai funerali dei mafiosi.

«Era il minimo che potessi fare».

 

Ha cambiato qualcosa quella campagna?

(Sorriso). «Per le Napoli tutto».

 

 

Perché?

«Da quel giorno le sorelle hanno smesso di essere considerate delle matte e sono diventate dei simboli».

Il racconto è tutto.

«Ma da solo non basta. Per questo dico grazie al prefetto di Palermo, e ai due ministri di due governi diversi, Matteo Salvini e Luciana Lamorgese, che hanno mandato un messaggio chiaro: lo Stato stavolta c' era».

 

Poi l' Arena ha trovato una nuova battaglia, la guerra al Dap, alle follie burocratiche per cui uscivano i boss.

 

«Io inizio sempre dai fatti. Siamo partiti dalla scarcerazione di Pasquale Zagaria, che era totalmente oscurata dall' informazione Covid».

La scommessa è stata accendere un riflettore su quello scandalo burocratico-amministrativo.

i fratelli graviano

«Avevo in mano materiale sconvolgente, carteggi, direttive. E ho detto: andiamo in battaglia. Il gruppo di lavoro mi ha seguito con entusiasmo».

Lo dici come se fosse stata una sfida impossibile.

«Puoi vincere solo con un gruppo molto coeso. Ho chiesto a tutti loro un impegno folle: di notte, tardi, senza orario.Mi spiace, ma è servito».

 

La caccia ai latitanti ha avuto il primo effetto di bloccare le scarcerazioni.

«È stata una bella lezione: abbiamo il potere di cambiare la storia».

Quella puntata ha fatto di più: ha prodotto un intervento-choc del direttore del Dap, Francesco Basentini, e le sue dimissioni.

«Abbiamo dimostrato che aveva fatto un errore clamoroso. Non con un teorema, ma con le carte».

Fino a quel momento sembrava solo un pasticcio.

«Ho mostrato le mail, il carteggio Dap-magistrati».

E siete riusciti a fare ordine.

«Non erano i magistrati della sorveglianza, non era il dottor De Vito, a mettere fuori Zagaria, ma l' atteggiamento del Dap».

Che, più volte interrogato su dove sistemare il boss, non rispondeva.

«Gli orari delle mail erano una prova lampante e clamorosa, li abbiamo illustrati in sequenza. Alle 11.00 del mattino i magistrati avevano deciso».

 

E il Dap a che ora aveva risposto?

giuseppe conte alfonso bonafede

«Alle 17.38 con una mail interlocutoria! E per giunta girata all' indirizzo sbagliato... Ma si può?».

Qui Bonafede si è arrabbiato.

«È semplice: queste responsabilità sono del ministro. Come sua era la responsabilità di aver proposto un incarico importante a Di Matteo e poi di non averglielo garantito».

«Anche su questo punto non ha mai spiegato nulla».

Ha parlato in Aula.

«Sì, ma non ha offerto una ricostruzione che spieghi quello cosa è accaduto davvero».

E tu ti sei fatto una idea ben precisa, invece.

«Credo che le rivolte nelle carceri siano state placate con una trattativa».

 

«Trattativa» è diventata una parola contundente: quale intendi?

«Quella che ha portato alle circolari del Dap, e alle scelte per cui 200 detenuti dell' alta sicurezza e 4 addirittura del 41 bis, sono tornati a casa».

Siete andati a cercarli uno a uno con i pezzi sconvolgenti di Danilo Lupo, dai paesini della Sicilia.

«Era il minimo. Detto questo, a livello istituzionale nessuno ha spiegato una rivolta che si è sviluppata in contemporanea in tutta Italia, in molte carceri».

Non credi a una coincidenza.

SEBASTIANO ARDITA NINO DI MATTEO

«Al contrario: sono certo che nulla potesse essere casuale».

 

Che altro?

«Abbiamo scoperto e raccontato che in 14 carceri i detenuti dell' alta sicurezza non rientrano più in cella durante il giorno».

 

Quindi?

«È come dire che le limitazioni non esistevano più. Troppe cose strane».

Tutte denunce che hai fatto in trasmissione, settimana dopo settimana.

«Mi ha querelato chiedendomi un patrimonio. Ma se non ci fosse stata questa trasmissione sarebbero ancora tutti in libertà o ai domiciliari».

 

Immaginavi in quel momento che questo ti avrebbe portato alle minacce e alla scorta?

«Sapevo che chi rompe uno schema rischia. Che chi crea un movimento di opinione disturba. Quel boss, insultandomi mi ha fatto un complimento».

 

Quante puntate hai dedicato alle scarcerazioni?

«Dieci. Ma ne farò altrettante, se fosse necessario. Aspetto risposte».

 

Cosa pensi davvero di Bonafede?

«In un Paese straniero si sarebbe già dovuto dimettere. Non solo per la circolare Covid, ma per gli uomini che ha scelto, e che si sono tutti dimessi».

Era un altro dei tuoi tormentoni: l' organigramma sullo schermo dell' Arena.

«Dal capo gabinetto a Fulvio Baldi, al capo degli ispettori Andrea Nocera, al capo del Dap Basentini. Tutti a casa. E chi li ha voluti?».

nino di matteo alfonso bonafede

 

Come è nata l' idea di fare quell' appello in diretta?

«Per arrivare al grande pubblico devi raccontare i fatti e rendere comprensibili le cose».

 

Cosa pensi della vicenda «Furbetti del Covid»? Vedi una regia?

«No. Ma ci dobbiamo fare una domanda inversa rispetta a quella scontata sui diretti interessati».

 

E quale?

«Come vengono reclutati oggi i politici?».

 

Sei colpevolista con chi ha sbagliato?

«Che un parlamentare prenda i 600 euro per me è inaccettabile».

E poi?

«Colpisce che tanti casi coinvolgano Lega e 5 stelle.

Una nemesi».

 

 

Perché?

«Non erano le forze "del cambiamento"? Oggi il mio primo dubbio, e lo vedi nella vicenda Dap, è come si recluta chi governa il Paese».

 

Il paradosso qual è?

«L' antipolitica ha conseguenze peggiori della politica che criticava».

 

Cosa si deve fare con i responsabili?

«Questi vanno allontanati dal Parlamento».

 

Cosa ti aspetti per settembre?

«Ho una certezza: Bonafede verrà alla prima puntata. Sarebbe un gesto importante».

 

Come? Chiedi le sue dimissioni e poi lo inviti?

«Ho il massimo rispetto per chi ci mette la faccia. Chiedo le dimissioni se non si spiega».

È uno strumento di pressione forte.

RIVOLTA IN CARCERE A BARI

«Invitare uno di cui si chiedono le dimissioni per me è un esercizio di democrazia. Puoi anche non venire da me. Ma devi rispondere».

 

Come stai vivendo il vincolo della scorta?

«Le sensazioni personali contano poco».

Non ti piangi addosso.

«Non parlo della mia condizione. Ma dico una cosa sul contesto».

 

 

Quale?

«Questa scorta è figlia della solitudine».

Spiegati.

«Se avessi avuto più colleghi che si occupavano di questo caso oggi non sarei un obiettivo».

Perché obiettivi di diventa.

«Esatto. Sono rimasto solo, sono diventato un obiettivo e quindi oggi devo essere scortato».

detenuti sul tetto a san vittore

 

Ultimi Dagoreport

ferragni city life

CHE CRASH! DA CASA FERRAGNI ALL’INSEGNA DI GENERALI, LA CADUTA DELLA MILANO CITY LIFE - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: ‘’SI È PASSATI DALLA MILANO INDUSTRIALE A QUELLA DEI CREDULONI DEL PANDORO, PER FINIRE ALLA CADENTE MILANO FINANZIARIA ORA CHE MPS VUOL PRENDERSI MEDIOBANCA PER PRENDERSI GENERALI - NEL BANDO PER CITY LIFE L’ACCORDO IMPONEVA CHE “IL 50% DELL’AREA FOSSE DESTINATA A VERDE PUBBLICO”. ECCOME NO! RENZO PIANO PRESENTÒ UN PROGETTO METÀ VERDE E METÀ CON UN GRATTACIELO E QUALCHE CASA. LO BOCCIARONO. SI SPALANCARONO COSÌ LE PORTE AD ALTRI ARCHISTAR: LIBESKIND, HADID E ISOZAKI. E COSÌ CITY LIFE È DIVENTATA UN NON-LUOGO, UNA DUBAI SHOPPING MALL DIVENUTO UTILE ALLA COLLETTIVITÀ GRAZIE AL COVID, PERCHÉ LÌ CI FACEVANO LE VACCINAZIONI...

mediobanca mediolanum massimo doris nagel

MEDIOSBANCA! – BANCA MEDIOLANUM ANNUNCIA LA VENDITA DELLA SUA QUOTA DEL 3,5% IN MEDIOBANCA A INVESTITORI ISTITUZIONALI. E A NAGEL, ALLE PRESE CON L’OPS DI MPS, VIENE MENO IL PRIMO SOCIO DELL'ACCORDO DI CONSULTAZIONE TRA AZIONISTI – ERA UNA MOSSA PREVISTA DAL MOMENTO CHE L’EVENTUALE FUSIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI TRASFORMEREBBE IL CORE BUSINESS DI PIAZZETTA CUCCIA NELLA GESTIONE DEL RISPARMIO, ANDANDO A SBATTERE CON L’IDENTICA ATTIVITÀ DELLA BANCA DI DORIS E BERLUSCONI….

mattarella nordio meloni giorgia carlo sergio magistrati toghe giudici

DAGOREPORT - MENTRE ELLY SCHLEIN PENSA DI FARE OPPOSIZIONE VOLANDO A BUDAPEST A SCULACCIARE ORBAN PER I DIRITTI DEI GAY UNGHERESI, GIORGIA MELONI E I SUOI FRATELLI D’ITALIASI SI RITROVANO DAVANTI UN SOLO "NEMICO": LA COSTITUZIONE - SE DALLA CORTE DEI CONTI ALLA CASSAZIONE C'E' IL MATTARELLO DI MATTARELLA, LA MUSICA CAMBIA CON LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA DI NORDIO - UNA VOLTA CHE IL PARLAMENTO APPROVERÀ LA “SEPARAZIONE DELLE CARRIERE” DI GIUDICI E PM, S’AVANZA IL RISCHIO CHE LE PROCURE DIPENDERANNO DAL MINISTERO DI GIUSTIZIA - ULTIMA SPES È IL REFERENDUM CONFERMATIVO CHE PER AFFONDARE UNA LEGGE DI REVISIONE COSTITUZIONALE NON  STABILISCE UN QUORUM: È SUFFICIENTE CHE I VOTI FAVOREVOLI SUPERINO QUELLI SFAVOREVOLI - ECCO PERCHE' IL GOVERNO MELONI HA LA COSTITUZIONE SUL GOZZO...

malago meloni abodi fazzolari carraro

DAGOREPORT - CHE LA CULTURA POLITICA DEI FRATELLINI D’ITALIA SIA RIMASTA AL SALTO NEL “CERCHIO DI FUOCO” DEL SABATO FASCISTA, È STATO LAMPANTE NELLA VICENDA DEL CONI - QUANDO, ALLA VIGILIA DELL’ELEZIONE DEL SUO CANDIDATO LUCIANO BUONFIGLIO ALLA PRESIDENZA DEL CONI, QUEL DEMOCRISTIANO IN MODALITÀ GIANNI LETTA DI GIOVANNINO MALAGÒ SI È FATTO INTERVISTARE DA “LA STAMPA” ANNUNCIANDO DI ESSERE UN “PATRIOTA” CHE “FA IL TIFO PER IL GOVERNO MELONI”, HA INVIATO AI MUSCOLARI CAMERATI DISDEGNOSI DELLE REGOLE DELLA POLITICA (DIALOGO, TRATTATIVA, COMPROMESSO) IL SEGUENTE MESSAGGIO: ORMAI È TARDI PER FAZZOLARI DI INCAZZARSI CON ABODI; DA TEMPO VI HO DETTO CHE AVETE SBAGLIATO CAVALLO QUANDO AVEVATE A DISPOSIZIONE UNO CHE È “PATRIOTA” E “TIFA MELONI”, CHE HA ALLE SPALLE IL SANTO PATRONO DEGLI INTRIGHI E COMBINE, ALIAS GIANNI LETTA, E DOPO DODICI ANNI ALLA GUIDA DEL CONI CONOSCE LA ROMANELLA POLITICA COME LA SUA FERRARI…(SALUTAME 'A SORETA!)

giorgia meloni matteo salvini difesa riarmo europeo

DAGOREPORT - SALVATE IL SOLDATO SALVINI! DA QUI ALLE REGIONALI D’AUTUNNO, SARANNO GIORNI DA INCUBO PER IL PIÙ TRUMPUTINIANO DEL BELPAESE - I DELIRI DEL “BIMBOMINKIA” (COPYRIGHT FAZZOLARI) SU UE, NATO, UCRAINA SONO UN OSTACOLO PER IL RIPOSIZIONAMENTO DELLA DUCETTA VERSO L'EURO-CENTRISMO VON DER LEYEN-MERZ, DESTINAZIONE PPE – AL VERTICE DELL’AJA, LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” HA INIZIATO INTANTO A SPUTTANARLO AGLI OCCHI DI TRUMP: SALVINI È COSÌ TRUMPIANO CHE È CONTRARIO AL RIARMO E PROFONDAMENTE OSTILE AI DAZI... - MA SE DA AJA E BRUXELLES, SI SCENDE POI A ROMA, LA MUSICA CAMBIA. CON UNA LEGA SPACCATA TRA GOVERNATORI E VANNACCI, SALVINI E' UN'ANATRA ZOPPA. MA UN ANIMALE FERITO È UN ANIMALE PERICOLOSO, CAPACE DI GETTARE ALLE ORTICHE IL SUO GOVERNATORE ZAIA E TENERE STRETTO A SE' PER ALTRI DUE ANNI IL POTERE IN LOMBARDIA - IL BIG BANG TRA I DUELLANTI È RINVIATO ALL’ESITO DELLE REGIONALI (E CALENDA SI SCALDA PER SALIRE SUL CARRO DELLA FIAMMA...)

FARE SESSO A 40 GRADI (ALL’OMBRA): COSA SUCCEDE AL NOSTRO CUORE? - IL SALVA-VITA DEL PROF. COSIMO COMITO: “IN CONDIZIONI NORMALI E CON LA GIUSTA TEMPERATURA, UN RAPPORTO SESSUALE EQUIVALE A FARE 2-3 PIANI DI SCALE A PASSO SVELTO. LO STESSO RAPPORTO IN UN AMBIENTE CALDO-AFOSO, LO SFORZO EQUIVALE A FARE 4-5 PIANI DI SCALE A PASSO SVELTO. IN TAL CASO, GLI UOMINI CHE HANNO PIÙ DI 50 ANNI COME FANNO SCIENTIFICAMENTE AD ESCLUDERE LA POSSIBILITÀ DI AVERE UN INFARTO O UN ICTUS AL POSTO DELL’ORGASMO? (ATTENZIONE ALL’”AIUTINO”)…”