mose venezia come bancomat

LA DIGA SFONDATA - MOSE? SCORDIAMOCI IL PASSATO: PER GARANTIRE LA FINE DEI LAVORI LO STATO SI FARÀ CARICO DELLE RICHIESTE DANNI PER OPERE MALFATTE - IN BALLO C' È LA PIÙ GRANDE DELLE INCOMPIUTE, CON UN CONTENZIOSO INFINITO FRUTTO DI LAVORI FATTI MALE, INVECCHIAMENTO DEGLI IMPIANTI, ERRORI DI PROGETTAZIONE E COLLUSIONI DI VARIA NATURA

 

Giuseppe Pietrobelli per il “Fatto quotidiano

 

test delle paratoie del mose 3

Si può definire un colpo di spugna su debiti e contenziosi originati dai lavori del Mose e dalla cricca che gestì affari e tangenti in Laguna. Ma anche un tentativo di superare il Consorzio Venezia Nuova, a cui spetta la gestione della fase finale di realizzazione delle dighe mobili che dovrebbero salvare Venezia dalle acque alte, la struttura un tempo controllata dalle grandi imprese responsabili del malaffare, poi commissariata dal governo e dall' Autorità Anticorruzione. Ma può anche apparire come un primo passo per costruire la struttura statale che dovrà gestire il Mose, con un costo di manutenzione di decine di milioni di euro all' anno. Una torta appetitosa.

 

Tutto questo, a seconda delle letture, è contenuto nella proposta del Settimo atto aggiuntivo, l' atto finale di una vicenda i1niziata trent' anni fa e poi con la posa nel 2003 della prima pietra per lavori che non si sono ancora conclusi.

 

test delle paratoie del mose 8

In ballo c' è la più grande delle incompiute, con un contenzioso infinito frutto di lavori fatti male, invecchiamento degli impianti, errori di progettazione e collusioni di varia natura.

Qualche giorno fa, il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Cinzia Zincone, ha scritto agli amministratori straordinari del Consorzio, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, nonché al commissario straordinario per il Mose Elisabetta Spitz (nominata a novembre) per sottoporre la bozza del " VII Atto Aggiuntivo" della convenzione che dal 1991 regola i rapporti tra lo Stato e i Consorzio.

 

Della bozza ne hanno già discusso il 3 marzo scorso. "Tale atto rappresenta l' unica possibilità di rimodulazione della somma di 5 miliardi e 493 milioni di euro indicata nel VI atto aggiuntivo - scrive il provveditore - per scorporare gli interventi non indispensabili alla messa in funzione delle paratoie e ottimizzarne la conclusione". L' atto avrebbe un "carattere transattivo che eliminerebbe ogni contenzioso, garantendo così il futuro dell' opera e dell' intera città". E questo è uno dei punti dolenti. In pratica è la proposta di uno "spezzatino".

elisabetta spitz

 

Il Consorzio si concentrerà sui lavori, per finire entro il 2021. Ma sarebbero messe da parte opre paesaggistiche, architettoniche, di manutenzione, gli studi e i piani di salvaguardia ambientale, le banche dati, la difesa dell' insula di San Marco (valore 30 milioni di euro). E il Consorzio rinuncerebbe a discutere l' assetto futuro della struttura che gestirà il Mose. In cambio lo Stato si farebbe carico di contenziosi, oneri e rinuncerebbe a chiedere penali e messe in mora per il ritardo biblico dei lavori.

 

In particolare, "il Provveditorato si impegna ad assumere la spesa e a sostenere il costo dei ripristini e delle manutenzioni derivanti da danni e incuria, anche imputabili alle imprese consorziate". Il Consorzio a sua volta "si impegna a rinunciare a riserve e contenziosi anche per conto delle imprese consorziate". Inoltre il personale delle società collegate Thetis e Comar "potrà progressivamente essere assorbito dal Provveditorato".

 

Sullo sfondo c' è però il mare magnun di cause incrociate e questioni aperte. Basti pensare che lo Stato ha chiesto danni per 76 milioni al Consorzio, da cui sono uscite di scena le tre grandi società Mantovani, Condotte e Fincosit, tutte in crisi. Rinuncerà alla pretesa? Alcune delle imprese hanno chiesto danni per 197 milioni di euro alla struttura degli amministratori straordinari, per essere state esautorate dai contratti.

 

PORTO DI MALAMOCCO MOSE

Ma nei programmi sono previste spese (69 milioni di euro) per riparare malfunzionamenti e ripristinare vecchi impianti, oltre a 36 milioni per un intervento alla porta della Conca di Malamocco danneggiata anni fa. Lì potrebbero esservi responsabilità delle vecchie imprese.

 

Un pozzo senza fondo. Se ne farà carico lo Stato? Anche per questo rischio di colpo di spugna, l' avvocato Giuseppe Fiengo ha commentato: "Non faccio polemica con il Provveditorato, ma ho inviato all' Anac e al prefetto di Roma tutta la documentazione necessaria".

giuseppe fiengo 2

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