pinotti zingaretti

DIPARTITO DEMOCRATICO - PER CHI FA IL SEGRETARIO PD FINISCE SEMPRE ALLO STESSO MODO: DIMISSIONI, VELENI E RECRIMINAZIONI - “REPUBBLICA”: “ZINGARETTI NON SA SE ANDRÀ ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 13 E 14 MARZO. L'IPOTESI PIÙ PROBABILE È TOCCHI A UN REGGENTE E C'È GIÀ UN'IPOTESI: ROBERTA PINOTTI - E SE ZINGARETTI TORNASSE IN CAMPO AL CONGRESSO? SE LE DIMISSIONI FOSSERO SOLO IL MODO DI PREPARARE MEGLIO LA SFIDA CONGRESSUALE CON LO SFIDANTE IN PECTORE BONACCINI?”  

Bettini e Zingaretti

Stefano Cappellini per “la Repubblica”

 

«C'ho provato fino all' ultimo. Ma sono stufo di questo processo permanente e quotidiano. Perché sulla graticola non sarei rimasto io, ci sarebbe rimasto il Pd». È questa la frase che Nicola Zingaretti ha consegnato alle poche persone che hanno saputo in anticipo la sua decisione di dimettersi da segretario del Partito democratico. Decisione sofferta ma non improvvisa e non improvvisata. Ci aveva pensato anche dopo la caduta di Conte. Ma non poteva lasciare con il Paese senza governo e il Pd allo sbando. Ora un governo c' è. È rimasto lo sbando del Pd.

NICOLA ZINGARETTI

 

Zingaretti non ha avvisato neanche il presidente del Consiglio Mario Draghi, che lo ha appreso - restandone stupito, raccontano a Palazzo Chigi - dalle agenzie. La scelta finale è stata presa due giorni fa, all' indomani dell'ultima direzione dem. Zingaretti aveva proposto un congresso rifondativo su temi e identità del Pd, senza la conta delle primarie, cioè l'ennesima guerra per bande combattuta dietro la retorica facciata del bagno di folla ai gazebo, l' illusoria primavera di ogni segretario del Pd. Si aspettava che i suoi avversari interni accettassero la sfida di un congresso diverso, «anche perché io - ha spiegato agli amici - fin qui le elezioni le ho vinte tutte, regionali e comunali, e avrei vinto pure le primarie. Ma a cosa sarebbe servito? Due giorni dopo sarebbe ripreso tutto come prima».

alessia morani con la mascherina 1

 

Le reazioni delle correnti alla sua offerta, molti hanno invocato le primarie entro il 2021, altri hanno addirittura contestato la legittimità di tenerle solo nel 2023, lo hanno convinto a mollare. Un'alternativa alla conta s'era aperta: l'accordone delle correnti, con una spartizione delle cariche tra le fazioni e una tregua almeno fino alle elezioni amministrative di autunno, forse fino alle politiche. C'era pure già il nome della vicesegretaria in quota ex renziana per blindare il patto: Alessia Morani.

goffredo bettini 11

 

Ma per Zingaretti avrebbe signficato mettere la firma sulla sua resa definitiva al potere delle correnti e al Pd come pura architettura di nomenclature. Avrebbe continuato a fare il segretario di minoranza, come già gli era capitato nel momento cruciale della legislatura, quando caduto il governo Conte uno si era trovato a essere praticamente l'unico dirigente deciso ad andare al voto mentre i gruppi parlamentari plasmati da Matteo Renzi spingevano per l' intesa con i grillini e intorno era tutta una corsa a salire sul carro del governo giallorosso: aspiranti ministri, aspiranti sottosegretari, aspiranti titolari di una carica.

 

BARBARA DURSO E NICOLA ZINGARETTI

«C'è chi ha ancora la faccia tosta di dire che Conte l' ho voluto io. Sono gli stessi che consideravano Conte un disastro e poi, appena è diventato leader del M5S, lo hanno dipinto come l'uomo che avrebbe rubato tutti i voti al Pd».

 

Il sondaggio "virtuale" di Swg che dava il Movimento guidato dall' ex premier oltre il 20 per cento e il Pd al 14 è stata l' occasione per un' altra bordata di critiche interne, a lui e a Goffredo Bettini, nel Pd il più mal sopportato dei suoi consiglieri, accusato di aver impiccato il partito alla linea «o Conte o voto». Ma il Pd, sostiene Zingaretti, al 14 per cento non ci finirebbe per causa sua («Perché nessuno ricorda che alle regionali il Pd è risultato di gran lunga il primo partito italiano?»), e nemmeno per colpa di Conte, ci finirebbe per le guerra civile, perché mentre tutti si riorganizzano, Salvini torna protagonista, Forza Italia si accuccia di nuovo nel vecchio centrodestra, Meloni lucra all'opposizione la sua fetta di consenso, la sinistra si rifugia nella sua vocazione: «Da noi si pratica troppo il fratricidio».

sandro gozi goffredo bettini andrea orlando

 

Questo, più di tutti, è l'ovosodo che a Zingaretti è rimasto sul gozzo: le accuse sulla linea «suicida» di subalternità al M5S, l'asservimento a Conte, il fuoco di fila delle interviste per contestare la direzione di marcia sulle alleanze, le più sgradite quelle di Dario Nardella e Giorgio Gori. Ma è qui che Zingaretti conta di prendersi la rivincita più rapida. Lo ha spiegato anche a Conte, uno dei pochi informati della sua decisione: «Vedrai che la linea dell'accordo con il M5S non cambierà».

 

PINOTTI

Il perché l'ex segretario lo ha spiegato a un deputato dem agitandogli il cellulare davanti: «Qui ci sono i messaggi di tutti i sindaci che mi hanno implorato di aiutarli a chiudere l' accordo con il M5S nella loro città». Sottinteso: a livello nazionale, quando si tratterà di sfidare un centrodestra che avanza come una «falange armata », e per giunta con una legge elettorale maggioritaria, non ci sarà altra strada che un' intesa con Conte e il Movimento.

 

Quando nel pomeriggio, con un certa lentezza, cominciano ad arrivare le prime dichiarazioni di dirigenti dem che gli chiedono di ripensarci, Zingaretti spiega che non tornerà indietro: «Se qualcuno pensa sia un bluff, ha capito male. Lo considero un atto d'amore per il partito. E un passaggio necessario per un chiarimento vero».

zingaretti

 

Sbaglia, giura Zingaretti, chi pensa che stia aspettando solo una prova d' amore, un coro di preghiere per tornare indietro. Non sa ancora nemmeno se andrà all' Assemblea nazionale del 13 e 14 marzo che dovrà decidere che fare. L'ipotesi più probabile è tocchi a un reggente, come fu per Guglielmo Epifani dopo il dimissionario Pier Luigi Bersani e per Maurizio Martina dopo il dimissionario Matteo Renzi. Del resto, fin qui per chi fa il segretario Pd è finita sempre allo stesso modo: dimissioni e veleni e recriminazioni.

 

ministro pinotti

C' è già un' ipotesi forte: Roberta Pinotti, ex ministra della Difesa in era renziana, ex Democratica di sinistra, oggi area Franceschini, donna: nello Shangai delle correnti dem, quel gioco in cui si può passare in un attimo dall' incastro perfetto al crollo totale, è un punto di equilibrio ideale.

 

E se Zingaretti tornasse in campo al congresso? Se le dimissioni fossero solo il modo di preparare meglio la sfida congressuale con lo sfidante in pectore Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna? «Non esiste», taglia corto Zingaretti. Il che non significa che si ritirerà dalla politica, anzi: «Continuerò, da uomo libero».

Ultimi Dagoreport

procuratore milano viola procura milano luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

FLASH! – MA GUARDA UN PO’... “EMERGE CHE IN AMBIENTI GIUDIZIARI SI È VALUTATO DI ESEGUIRE LE PERQUISIZIONI SOLO LA SCORSA SETTIMANA E NON A SETTEMBRE PER NON CONDIZIONARE L'ESITO DELL'OPS SU MEDIOBANCA ANCHE PERCHÉ LE INDAGINI NON SONO CHIUSE. ABBASTANZA PER IPOTIZZARE CHE IL RUOLO DELLA PROCURA POSSA DIVENTARE CRUCIALE NELLA FORMAZIONE DELLE LISTE PER IL RINNOVO DEI PROSSIMI CDA. IN PRIMAVERA TOCCHERÀ AI VERTICI DI BPM E DI MPS…” (BALESTRERI E SIRAVO PER “LA STAMPA”)

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."