di maio huawei

DON’T GO HUAWEI – CHE DICONO DI MAIO E CASALEGGIO DEL PARERE ALLARMATO DEL COPASIR SULL’EVENTUALITÀ DI DARE IN MANO AI CINESI IL 5G? ANCHE LA MERKEL È STATA COSTRETTA A RINVIARE GLI ACCORDI CON IL COLOSSO CINESE A CAUSA DI UNA RIVOLTA INTERNA AL SUO PARTITO – HUAWEI PROVA A DIFENDERSI SOSTENENDO CHE È UNA SOCIETÀ PRIVATA, MA È MOLTO INGENUO PENSARE CHE POSSA DAVVERO NEGARE A PECHINO UNA COLLABORAZIONE SE RICHIESTA…

1 – LE AZIENDE CINESI VANNO ESCLUSE – IL PARERE DEL COPASIR

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/don-rsquo-go-huawei-ndash-non-fate-leggere-maio-suo-amico-222236.htm

 

luigi di maio xi jinping

2 – 5G, ITALIA E GERMANIA ALZANO LE BARRICATE PER FERMARE HUAWEI

Federico Rampini per “la Repubblica”

 

Si riaccende in Italia e in Germania la battaglia sul 5G, la telefonia di quinta generazione che ci trasporterà in una nuova dimensione di Internet, ma che nell' immediato rischia di diventare un semi-monopolio cinese con risvolti inquietanti per la sicurezza nazionale. Sullo sfondo c' è la pressione dell' Amministrazione Trump su tutte le nazioni alleate per sbarrare la strada al colosso Huawei, visto come un potenziale cavallo di Troia dello spionaggio cinese. In Italia il problema viene riaperto da una presa di posizione del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir).

thomas miao con virginia raggi all'inaugurazione del nuovo ufficio huawei di roma

 

In un parere reso al Parlamento italiano il 12 dicembre, il Copasir definisce fondato l' allarme. «Il governo - sostiene il Copasir - deve valutare la possibilità di escludere le aziende della Cina dall' attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G. Le pur significative esigenze commerciali e di mercato, fondamentali in un' economia aperta, non possono in alcun modo prevalere su quelle che attengono alla sicurezza nazionale, ove questa sia messa in pericolo». È la tesi di Washington, che da oltre un anno cerca di costruire un embargo sulle forniture cinesi. Le ricadute sono anche economiche: da Pechino si è ventilata la minaccia di ritorsioni contro quei paesi che decidano di innalzare barriere sul 5G.

merkel xi jinping

 

Lo stesso problema si pone in Germania. Angela Merkel ha dovuto rinviare all' anno prossimo la decisione sulla nuova generazione di telefonia mobile. La cancelliera ha dato un altolà a Deutsche Telekom che era sul punto di firmare con Huawei un contratto da 533 milioni di euro.

Grazie a quel contratto, bloccato in dirittura d' arrivo, l' azienda cinese avrebbe fornito il 70% delle apparecchiature di radio-trasmissione all' operatore tedesco.

 

luigi de vecchis presidente huawei italia

La Merkel era favorevole a quell' intesa, ma ha dovuto piegarsi in seguito ad una rivolta interna alla sua coalizione. Sia nel gruppo parlamentare del suo stesso partito, la Cdu, sia tra le fila dei socialdemocratici, era partita un' offensiva per bloccare gli accordi con Huawei. La Germania è particolarmente vulnerabile nel caso che Pechino decida ritorsioni, essendo uno dei maggiori esportatori sul mercato cinese.

conte xi jinping

 

L' importanza del 5G è legata alle applicazioni dell' Intelligenza artificiale e del cosiddetto "Internet delle cose". Le aspettative sono di una velocità di connessione, di streaming e di trasmissione dati fino al centuplo dell' attuale. Nuovi settori di attività economica potrebbero nascere come conseguenza di quella che viene considerata la terza rivoluzione digitale. L' Occidente arriva in ritardo a questo appuntamento.

HUAWEI - LA SEDE DI SHENZEN 1

 

La latitanza dell' industria americana è sorprendente. Vi ha contribuito il fatto che molte frequenze necessarie al 5G sono gestite dai militari. Inoltre c' è stata una smobilitazione del ruolo pubblico: rispetto ai tempi in cui il primo Internet nacque da una costola del Pentagono (Darpa) oggi i fondi federali per la ricerca e sviluppo sono stati ridimensionati. È sintomatico che Donald Trump, dovendo cercare dei campioni industriali da opporre all' avanzata cinese, si si a interrogato sulla possibilità di sussidiare Ericsson e Nokia, cioè due aziende europee. Tuttavia Ericsson e Nokia, pur essendo in grado di fornire infrastrutture 5G, non hanno la dimensione globale di Huawei né sono competitive sui costi. Il dilemma, semplificato, riguarda l' opportunità- necessità di "fermare il progresso", privandosi di vantaggi economici, sacrificandoli alle esigenze di sicurezza o indipendenza nazionale.

davide casaleggioxi jinping conte

 

Huawei ha reagito alla presa di posizione del Copasir in Italia. In una nota diffusa dall' azienda si legge: «Huawei ha sempre sottolineato che il dibattito sulla cyber security dovrebbe essere basato sui fatti e ha chiesto di dimostrare le accuse mosse all' azienda. Fino ad ora non sono state fornite prove. Considerando che in 30 anni di storia dell' azienda non si sono verificati incidenti relativi alla sicurezza delle reti, Huawei crede fermamente che qualsiasi accusa contro di essa sia motivata puramente da ragioni geopolitiche.

thomas miao con virginia raggi all'inaugurazione del nuovo ufficio huawei di roma 5

 

GIUSEPPE CONTE XI JINPING BY OSHO

Huawei è una società privata al 100% e Huawei Italia si attiene alla legge italiana. Nessuna legge cinese impone alle società private cinesi di impegnarsi in attività di cyber-spionaggio. Gli avvocati di Clifford Chance, uno studio legale globale con sede a Londra, hanno concluso che la legge cinese non conferisce a Pechino l' autorità di obbligare i fornitori di apparati di telecomunicazioni a installare backdoor o dispositivi di ascolto o ad assumere comportamenti che potrebbero compromettere la sicurezza della rete».

 

La dichiarazione riecheggia ciò che Huawei nei mesi scorsi ha detto alla Germania, alla Francia o al Regno Unito. Sarebbe ingenuo pensare che un' azienda cinese possa davvero negare al proprio governo e alle proprie forze armate la collaborazione, nel caso le venga richiesta.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”