vladimir putin xi jinping joe biden

DOPO IL DECOLLO DELL’ULTIMO AEREO MILITARE USA DA KABUL BIDEN PARLA AGLI STATI UNITI – "LA SCELTA DI CONCLUDERE QUESTO CONFLITTO SEGNA LA FINE DELL’ERA DELLE GRANDI OPERAZIONI MILITARI PER CAMBIARE ALTRI PAESI. DEVO DIFENDERE L’AMERICA NON DALLE MINACCE DEL 2001 MA DA QUELLE DI OGGI E DI DOMANI. CINA E RUSSIA NON VOGLIONO ALTRO CHE VEDERCI IMPANTANATI PER UN ALTRO DECENNIO IN AFGHANISTAN". LA RISPOSTA ALLE CRITICHE SULLA PRECIPITOSA EVACUAZIONE - MA COME DAGO-RIVELATO, LA CATASTROFE AFGHANA PUZZA DI BRUCIATO A BIDEN. I MOTIVI – VIDEO

 

 

https://m.dagospia.com/biden-non-ci-sta-c-e-qualcosa-che-non-torna-nella-catastrofe-afghana-e-con-blinken-indaga-281218

 

 

Marilisa Palumbo per corriere.it

 

joe biden

Sin dall’inizio di questa crisi è sempre sembrato provato ma ostinato, convinto di avere ragione, che fosse il momento di staccare la spina e mettere fine a 19 anni e 47 settimane di guerra afghana. Lo è stato anche davanti alla caduta di Kabul — che Washington non aveva saputo prevedere —, davanti alle insistenze degli alleati perché spostasse la data del ritiro oltre il 31 agosto, e davanti al lutto della morte di 13 soldati americani uccisi giovedì scorso da un kamikaze dell’Isis-K.

 

 

E lo è stato ancora di più ieri quando, dopo quasi 24 ore dall’annuncio da parte del capo dell’Us central command Frank McKenzie della partenza dell’ultimo soldato americano dall’Afghanistan, ha parlato al Paese dal podio della Casa Bianca. «Non avevo intenzione di prolungare questa guerra eterna. E non avevo intenzione di prolungare una uscita infinita», ha detto, rilanciando: «Devo pensare alle minacce del futuro, non a quelle del passato». La scelta di concludere questo conflitto, ha spiegato, segna «la fine dell’era delle grandi operazioni militari per cambiare altri Paesi». D’ora in poi le missioni dovranno avere «obiettivi chiari e raggiungibili».

joe biden

 

Deciso e apparentemente impermeabile alle critiche che gli sono piovute addosso dai repubblicani ma anche dai democratici, ha cominciato dalle spiegazioni, provando a rispondere punto per punto.

 

L’evacuazione doveva partire settimane se non mesi prima: «Con tutto il rispetto non sono d’accordo», ha detto il presidente argomentando come una uscita massiccia dal Paese nel mezzo di una guerra civile e dell’avanzata talebana sarebbe stata forse ancora più caotica, e assicurando che l’invio dei seimila rinforzi era parte di un piano studiato in precedenza: «Eravamo pronti quando gli afgani hanno visto il loro governo collassare e il presidente scappare».

 

joe biden

La promessa di «restare finché non saranno tutti fuori», fatta appena pochi giorni fa durante una intervista televisiva, resta inevasa davanti ai circa 200 americani che non sono riusciti a scappare, ma il presidente ha assicurato che per chi vorrà «non c’è scadenza», «resta l’impegno a tirarli fuori se vogliono essere tirati fuori». E ha lodato lo «straordinario» successo dell’evacuazione, che ha portato a casa «il 90 per cento degli americani che lo desideravano», oltre 5500, e decine di migliaia di afghani: «Non una missione di guerra, ma una missione di misericordia». Conclusa grazie al «coraggio incredibile» di militari e diplomatici.

 

Non poteva mancare l’omaggio ai caduti – proprio nel giorno in cui il Washington Post ha scritto dei momenti di grande tensione alla cerimonia per l’arrivo delle salme a Dover, con alcuni familiari incerti fino all’ultimo se incontrare il presidente ritenuto responsabile della morte dei loro cari. «Con voi non abbiamo finito», ha detto rivolgendosi all’Isis-K, che ha rivendicato quell’attacco.

 

joe biden 3

Ma a tutti quelli che in questi giorni e settimane hanno ripetuto che si poteva continuare come negli ultimi anni, con una presenza militare e delle perdite limitate, Biden ha risposto ricordando che l’accordo siglato a Doha dall’amministrazione Trump con i talebani cambiava tutto: se l’America non avesse tenuto fede alla promessa del ritiro gli attacchi dei talebani sarebbero ricominciati, e quindi la scelta vera era «tra andarsene e una escalation».

 

Addio a Kabul

E l’escalation non rispondeva all’«interesse nazionale» degli Stati Uniti: «Siamo andati lì per al Qaeda... abbiamo ucciso bin Laden dieci anni fa e decimato al Qaeda. Era il momento di finire questa guerra. Questo è un mondo nuovo dove il rischio terroristico è “metastatizzato”». «Devo difendere l’America - ha concluso — non dalle minacce del 2001 ma da quelle di oggi e di domani». Tra queste gli attacchi hacker e e le sfide rappresentate da Cina e Russia che «non vogliono altro che vederci impantanati per un altro decennio in Afghanistan».

joe biden guarda l'orologio durante il rientro delle salme dei militari morti a kabul 7

 

I prossimi giorni diranno se gli americani crederanno alla «versione di Joe», o se avrebbero preferito un presidente più umile e pronto ad ammettere (almeno) qualche errore.

joe bidenjoe bidenjoe biden i talebani festeggiano la fuga dei soldati americani 1i talebani festeggiano la fuga dei soldati americanil'ultimo aereo usa lascia kabulsoldati americani lasciano l'afghanistan 2i talebani festeggiano la fuga dei soldati americani. joe biden dopo l attentato di kabul

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…