giorgetti e salvini

DOPO IL M5S (DI MAIO E DI BATTISTA), SI SPACCA ANCHE LA LEGA (SALVINI E GIORGETTI)? – ALTRA TESI: SALVINI VUOLE EVITARE LA PROCEDURA D'INFRAZIONE E HA DATO IL VIA LIBERA A GIORGETTI, DA SEMPRE VICINO A DRAGHI E MATTARELLA, DI CASSARE I MINI-BOT – DI SICURO, NELLA LEGA L'ALA ORTODOSSA (GIORGETTI, ZAIA, FONTANA) MOSTRA INSOFFERENZA (EUFEMISMO) PER L'ALLEANZA CON IL M5S E CONTINUA A TURARSI IL NASO SOLO IN ATTESA DI INCASSARE LE INTESE AUTONOMISTICHE

GIANCARLO GIORGETTI

1 - COSÌ LA MOSSA DEL SOTTOSEGRETARIO STRAPPA LA TELA DI MATTEO SULLA UE

Marco Conti per “il Messaggero”

 

Più che la Commissione Ue è Salvini ad agitare i sonni del premier Conte e del ministro dell'Economia Tria. I due si vedranno forse oggi per fare il punto sulla nota di assestamento di bilancio che verrà portata mercoledì in consiglio dei ministri. In mezzo è molto probabile un vertice di maggioranza con i due vicepremier. Nel frattempo, notano a palazzo Chigi, il vicepremier leghista da sotto l'ombrellone di Milano Marittima «avvelena i pozzi» del confronto con la Commissione.

 

matteo salvini giuseppe conte giancarlo giorgetti approvazione decreto sicurezza bis

LA TESI

La scorsa settimana, mentre Conte era a Bruxelles, Salvini trovò importante dire «o la flat tax o me ne vado». Ora l'idea di anticipare la manovra a luglio, in stile Giulio Tremonti 2008, è considerata un altro gatto morto gettato su una trattativa molto complicata. Oltre ai numeri contano le dichiarazioni e le promesse. Le ultime uscite del leader della Lega non rassicurano i commissari europei, anche perché il risultato delle elezioni europee hanno attribuito una forza non da poco alla Lega che potrebbe decidere di consolidare mandando il Paese al voto anzitempo.

 

GIORGETTI MATTARELLA

Ansie e angosce che ieri, solo in parte, ha stemperato Giancarlo Giorgetti con la bocciatura senza appello dei minibot e del suo proponente. Il sottosegretario leghista a palazzo Chigi ha di fatto sposato la tesi di Mario Draghi e del ministro dell'Economia. Una mossa che qualcuno valuta in chiave di nomina a commissario europeo, ma che nell'immediato ha il senso di rimettere con i piedi per terra tutto il dibattito sul debito pubblico che per Giorgetti va quindi pagato in euro e non con «i soldi del Monopoli», come definì Confindustria i minibot.

 

La bocciatura senza appello del presidente leghista della Commissione Bilancio, segna però una sorta di frattura nella Lega tra l'ala ortodossa (Giorgetti, Zaia, Fontana), e quella più fantasiosa ed euroscettica (Borghi, Bagnai), ma anche una sconfessione di Salvini al quale i minibot non dispiacciono. Anzi, è stato proprio Salvini a pretenderne l'inserimento nel contratto di governo.

 

matteo salvini giancarlo giorgetti

La sconfessione di Borghi, operata dal numero due della Lega al governo, mina la narrazione leghista perché chiude una via di fuga dalla realtà che ha di fronte ogni giorno il titolare del Mef e diventa una pesante negazione delle argomentazioni euroscettiche secondo le quali basta vedere l'economia da un'altra angolazione, superando le regole Ue e della finanza.

 

Ma l'ala ortodossa della Lega è la stessa che mostra insofferenza per l'alleanza con il M5S e continua a turarsi il naso solo in attesa di incassare le intese autonomistiche. Tenere alta la tensione sulla nota di correzione, e quindi con l'Europa, potrebbe quindi servire a Salvini per dare il via libera a Conte e Tria sulla trattativa con la Ue pur di spuntare il via libera alle intese con le regioni Lombardia e Veneto che la Lega vuole discutere nel consiglio dei ministri di dopodomani sera.

GIORGETTI TRIA

 

Resta il fatto che anticipare la manovra autunnale di bilancio significa trovare subito i soldi anche per la flat tax. La cifra pretesa da Salvini per ridurre le tasse, varia. Scesa sabato a 10 miliardi, ieri è risalita a 15, e resta comunque una dotazione cospicua che, se unita ai 23 miliardi necessari per evitare l'aumento dell'Iva e ai nove di correzione, dimostra quanto disperata sia la mission del ministro Tria, e giustifica l'apprensione del premier che dal consiglio europeo della scorsa settimana ha maturato la convinzione che sulla richiesta di procedura occorra rispondere puntualmente per evitare di offrire un assist a coloro fremono dalla voglia di dare una punizione al primi governo sovranista dell'eurozona.

 

calderoli - giancarlo giorgetti

Se Salvini deve vedersela con Giorgetti, Di Maio ha un problema ancora più grande che si chiama Di Battista. La sortita dell'ex parlamentare sul doppio mandato da abrogare rischia di complicare il rapporto di Di Maio con l'alleato. Infatti senza il timore di andare a casa e non avere altre chance, più di un parlamentare grillino potrebbe togliersi qualche sassolino dalla scarpa. E così il rischio dell'incidente aumenta anche se in Parlamento si procede ormai a colpi di fiducia.

 

2. IL NUMERO DUE DELLA LEGA VUOLE L'INTESA CON L'EUROPA ORA I GOVERNI SONO QUATTRO

Goffredo De Marchis per “la Repubblica”

 

CLAUDIO BORGHI CON UN MINIBOT A UN GIORNO DA PECORA

Il «così non si va avanti» stavolta Giancarlo Giorgetti lo riserva ai suoi colleghi della Lega, anziché ai 5 stelle con i quali da tempo incrocia le lame. Scavalcando persino Matteo Salvini. Con una battuta smonta un caposaldo del Carroccio, i minibot lanciati da Claudio Borghi, difesi dal ministro dell' Interno e sostenuti inizialmente anche dal sottosegretario alla presidenza con un timido «possono essere una soluzione».

 

Ma adesso c' è molto di più in ballo del gioco con una valuta parallela fatto dalle poltrone di un talk show. Il numero due della Lega si carica sulle spalle la politica economica del governo e manda un segnale all' Europa prima della mannaia sulla procedura d' infrazione. Proprio lui che non nasconde di credere poco nei destini dell' esecutivo si preoccupa ora di alzare una trincea contro le sanzioni Ue.

 

CLAUDIO BORGHI CON UN FACSIMILE DI UN MINI BOT

Quello che da noi è un dibattito su una misura poco chiara, quasi un divertimento, nelle Cancellerie europee viene visto come il primo passo dell' Italexit e di un' uscita dalla moneta unica. Cioè una rivoluzione. La doppia moneta cambierebbe il quadro della presenza italiana nell' Unione, sebbene limitato al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione con le aziende. Sarebbe un primo passo.

 

Così viene letto da Bruxelles e da tutte le altre capitali. Da Giorgetti viene dunque uno stop al suo stesso partito, una mossa da numero uno più che da numero due, un' intimazione che giunge addirittura a Salvini: non tirare troppo la corda, non scherziamo col fuoco quando parliamo di economia perché siamo sotto esame. Solo in questo modo l' intero governo viene messo nelle condizioni di intavolare un negoziato con la commissione.

Alberto Bagnai Claudio Borghi

 

Il tutto accade in un clima di sospetti, con i centri di decisione che si moltiplicano: due linee nel Movimento 5 stelle (Di Maio e Di Battista), due nella Lega (Salvini e Giorgetti) e Giuseppe Conte che vede sfarinarsi il quadro al di là delle intenzioni dei leader. A Palazzo Chigi sono convinti che «Salvini ormai remi contro» e che il vicepremier non sarebbe affatto dispiaciuto di una procedura di infrazione dell' Europa. Un' arma da usare poi in campagna elettorale.

 

giovanni tria e claudio borghi

Qui spunta il sorriso sornione di Giorgetti. Ormai non si tratta più di essere a favore di Giovanni Tria o di Giuseppe Conte (con il quale certamente non è in buoni rapporti), ma di risparmiare all' Italia un percorso di lacrime e sangue imposto dall' Unione. Se questo implica sconfessare il guru di Salvini (quindi un po' anche il vicepremier) il gioco vale la candela.

 

Da tempo il sottosegretario è il terminale di un mondo europeo che guarda con preoccupazione alle mosse dell' esecutivo gialloverde. A partire dal presidente della Bce, Mario Draghi. E sempre Giorgetti mantiene i contatti con il Colle, preoccupato per la stabilità dei conti pubblici. Bisognava mandare un segnale, farlo per tempo e farlo bene anche a costo di andare contro il proprio partito. Giorgetti era l' unico in grado di compiere questo gesto con una certa autorevolezza.

matteo salvini claudio borghi

 

Naturalmente c' è una seconda lettura: la battuta di Losanna sarebbe l' ennesima tappa di una separazione consensuale tra il sottosegretario e il ministro dell' Interno con una via d' uscita più che onorevole per il primo: la poltrona di commissario europeo. Il candidato non si può presentare dopo aver difeso una misura anti-Euro, non supererebbe l' interrogatorio cui si devono sottoporre tutti i commissari e dove già cadde una volta il designato Rocco Buttiglione. Il viatico di esponente del partito dei minibot non sarebbe dei migliori.

 

Prendere le distanze con largo anticipo aiuta l' eventuale corsa di Giorgetti a Bruxelles.

Il sottosegretario, pur in una posizione chiave al suo interno, ha poca fiducia in questo governo e non fa nulla per nasconderlo. Se ci si mette pure la Lega a fare confusione il suo disincanto aumenta. Ma evidentemente occorreva mettere un argine in questo momento.

 

Finora il suo bersaglio erano stati solo e soltanto i grillini. Sempre sotto attacco, in una guerra psicologica che grazie ai consensi crescenti del Carroccio ha funzionato. «Il reddito di cittadinanza piace all' Italia che non ci piace», è stato uno dei suoi affondi. Oppure: «Il voto a settembre? Bisogna sempre tenersi pronti». E anche: «Senza affiatamento non si va avanti». I 5 stelle si sono sempre più agitati. «Lo dice perché vuole fare il commissario», è diventato il loro mantra. «Lui e Salvini non vanno d' accordo». Ieri lo hanno rimproverato: «Quella sui minibot è una sorprendente retromarcia, li voleva la Lega».

 

Ma il punto è un altro per la sopravvivenza dell' esecutivo tanto cara a Di Maio: ci sono ormai tre o quattro governi diversi e più linee.

Così si riesce a evitare la bocciatura europea e a scrivere una complicata legge finanziaria?

Ultimi Dagoreport

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

DAGOREPORT – OCCHIO ELLY: TIRA UNA BRUTTA CORRENTE! A MILANO, LA FRONDA RIFORMISTA AFFILA LE LAME: SCARICA QUEL BUONO A NIENTE DI BONACCINI, FINITO APPESO AL NASO AD APRISCATOLE DELLA DUCETTA DEL NAZARENO – LA NUOVA CORRENTE RISPETTA IL TAFAZZISMO ETERNO DEL PD: LA SCELTA DI LORENZO GUERINI A CAPO DEL NUOVO CONTENITORE NON È STATA UNANIME (TRA I CONTRARI, PINA PICIERNO). MENTRE SALE DI TONO GIORGIO GORI, SOSTENUTO ANCHE DA BEPPE SALA – LA RESA DEI CONTI CON LA SINISTRATA ELLY UN ARRIVERÀ DOPO IL VOTO DELLE ULTIME TRE REGIONI, CHE IN CAMPANIA SI ANNUNCIA CRUCIALE DOPO CHE LA SCHLEIN HA CEDUTO A CONTE LA CANDIDATURA DI QUEL SENZAVOTI DI ROBERTO FICO - AD ALLARMARE SCHLEIN SI AGGIUNGE ANCHE UN SONDAGGIO INTERNO SECONDO CUI, IN CASO DI PRIMARIE PER IL CANDIDATO PREMIER, CONTE AVREBBE LA MEGLIO…

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO