FARSA ITALIA - ALFANO AVRA’ IL “QUID” PALLUTO DI MOLLARE IL “PADRONE” O STA SOLO FACENDO TIRAMOLLA PER NON FARSI MANGIARE IN TESTA DA FALCHI E PITONI?

Carmelo Lopapa per Repubblica.it

Silvio Berlusconi all'inseguimento dei ministri. Teme la scissione, che è dietro l'angolo. Questa volta, per la prima volta, rischia di ritrovarsi in minoranza nel suo partito. Detta la linea, prova a imporre la rottura definitiva col governo Letta parlando davanti ai quasi duecento tra deputati e senatori. Ma non esclude ripensamenti. Anche sulla fiducia al governo Letta.

Quella del Cavaliere sembra una rotta di avvicinamento. Ma prima tenta di impedire a chiunque di intervenire, di esprimere dissenso. Il dissenso, però, matura comunque. Serpeggia, si fa rumoroso. Cicchitto chiede di intervenire e non gli viene concesso, va via sbattendo la porta.

Ma lo scontro più fragoroso è con Angelino Alfano. In serata lo raggiunge a Palazzo Grazioli. Gli comunica che gli ormai ex ministri restano contrari alla crisi. Hanno rassegnato le dimissioni "per spirito di servizio" però domani non garantiscono il voto di sfiducia a Letta. Anzi.

Con loro, decine di deputati e senatori, è la stima che fanno gli stessi Alfano, Lupi, Quagliariello, Lorenzin, De Girolamo, che fanno il punto tra loro subito dopo il termine dell'assemblea. È sera su Roma. Silvio Berlusconi esce scuro in volto dalla Sala della Regina, dove va in scena il suo ultimo tentativo di tenere unito il partito. Si chiude una giornata nera, d'altronde, segnata anche dai titoli Mediaset crollati del 4 per cento, dalla Borsa terremotata dall'incubo crisi, le cancellerie europee partite di nuovo all'attacco del leader del centrodestra italiano.

Tutto era iniziato sotto i peggiori auspici. In mattinata, dopo aver rassegnato a Palazzo Chigi dimissioni irrevocabili, i cinque ministri siglano una nota violentissima contro il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, "reo" di aver tacciato di tradimento i dissidenti di questi giorni sulla crisi.

Si fa riferimento al "metodo Boffo", a un sistema di minacce e avvertimenti di cui Alfano e gli altri ammettono l'esistenza. "Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico, si sbaglia di grosso - scrivono - il metodo Boffo non funzionerà con noi". Col direttore che replica: "Neanche io ho paura". È solo il detonatore.

Berlusconi arriva a Roma in tarda mattinata, si chiude a Palazzo Grazioli e convoca proprio i cinque ex ministri. Più che un pranzo, è una resa dei conti dai toni assai aspri. Quagliariello è il più schietto: "Siamo in totale disaccordo sulle dimissioni imposte. Riteniamo che questo possa tradursi in un danno per il Paese, per il partito, ma anche per te. Quel che ti suggeriamo è di far ritirare le dimissioni dei parlamentari e prendere tempo sul governo".

Alfano scandisce quel che secondo loro dovrebbe essere il timing: "Ascoltiamo cosa dirà Letta in aula su giustizia, economia, riforme e amnistia. Poi valuta che fare". Berlusconi insiste: "Per me bisogna andare alle elezioni, chi sta sbagliando siete voi". Alza la voce ricordando le dichiarazioni della domenica con cui hanno sparato a zero contro gli "estremisti" interni e l'apertura della crisi: "Scusate, ma non avete rassegnato voi le dimissioni nelle mie mani, nei giorni scorsi, di cosa vi lamentate adesso? Non siete stati voi a dirmi che Letta stava aumentando le tasse? Che volete adesso?".

Nello stesso tempo li ammansisce sulla storia degli estremismi dei falchi. "Lo so, Daniela Santanché esaspera i toni, se diventerà un problema la emargineremo, ma non vi permetto di pensare che le mie decisioni siano influenzate da lei". I ministri a quel punto gli propongono di rinviare almeno l'assemblea dei parlamentari del pomeriggio, convocarla quando il quadro sarà più chiaro. Nulla da fare. Il Cavaliere chiude con loro, incontra Verdini, Capezzone e Santanché e conferma la convocazione dei gruppi. Sembra passare la linea dura.

I cinque ministri arrivano in Sala della Regina insieme, stesso ascensore fino al secondo piano, poi marciano insieme, effetto scenico che sa di messaggio al partito. Lupi e Alfano si fermano nel corridoio e si confidano all'orecchio, poi entrano. Berlusconi arriva poco dopo, accompagnato dalla sola Maria Rosaria Rossi. Alfano e i capigruppo Schifani e Brunetta siedono al suo fianco al tavolo.

"Abbiamo concordato la linea, parlerò soltanto io" dice il capo forzista prima di cominciare in un sermone lungo oltre mezzora sulla giustizia, che lascia silenziosi e sorpresi i presenti. Ancora per dire che una ricerca Euromedia avrebbe evidenziato come gli italiani "non sappiano davvero quanto potere abbia Magistratura democratica: voi dovrete essere miei avvocati, spiegarlo ai cittadini".

Poi il governo. "È un'esperienza finita: si possono approvare in una settimana i decreti su Iva, Imu, la legge di stabilità a patto che non aumenti la pressione fiscale, e poi andare a nuove elezioni". E per rafforzare il concetto, sorprende i presenti sostenendo che "l'attuale legge elettorale è la migliore per garantire stabilità". Dice che i sondaggi li danno in vantaggio non solo alla Camera, ma anche al Senato.

Ma di applausi, a parte quello seguito alla storia della persecuzione giudiziaria e l'annuncio del ritiro "responsabile" delle dimissioni dei parlamentari, non se ne sentiranno. Silenzio di tomba nella grande sala quando apre il capitolo ministri. "Con loro è tutto chiarito, ma dovevano lavare i panni sporchi in famiglia, hanno ragione a temere una perdita di consenso, ma ormai è tutto superato". Capisce che il clima tuttavia è cambiato. "Noi possiamo anche cambiare idea, ma discutiamone tra noi". È l'unico spiraglio che concede alle colombe che diventano maggioranza inattesa.

Berlusconi va via. Ma la storia non si chiude lì. "Mi sembra evidente che il presidente abbia annunciato il voto di sfiducia" tagliano corto in Transatlantico, entusiasti, tutti i falchi. Da Capezzone a Minzolini. In realtà la partita si è appena riaperta. "Sfiducia? Mai pronunciata dal capo" risponde serafico un ministro.

I cinque si rivedono subito dopo l'assemblea e studiano il rilancio. Coordinano le truppe ormai in rotta. Tutto il partito è sull'orlo dello smottamento, soprattutto al Senato. Le dimissioni dei ministri sono state rassegnate. Sono irrevocabili. Ma il premier Letta potrebbe respingerle e a quel punto loro tornerebbero in gioco.

Quel che è certo è che il capodelegazione Alfano torna dal Cavaliere a Grazioli, è sera inoltrata, e illustra il quadro. Drammatico, per il padrone di casa. Loro, i cinque ex ministri restano della loro opinione: "No alla crisi, per il bene del partito, ci darebbero tutti addosso, ci accuserebbero di aver causato il tracollo economico".

Raccontano che l'ex vicepremier abbia prospettato lo spettro dello sdoppiamento dei gruppi al momento della fiducia. Una scissione nei fatti. Forza Italia da una parte, il Pdl moderato, dall'altra. Il fedelissimo Angelino lascia il Cavaliere a meditare per un'altra notte insonne, un giorno di tempo per decidere se restare alla guida di una Forza Italia dei falchi o ricompattare tutto e consumare la più clamorosa delle retromarce. Berlusconi sente che non ha via d'uscita, stavolta si ritrova all'angolo.

 

BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS berlusconi alfano berlusconi alfano lorenzin MICHELA VITTORIA BRAMBILLA BEATRICE LORENZIN NUNZIA DE GIROLAMO FOTO LAPRESSE Mario Mauro e Maurizio Lupi Gaetano Quagliarellocicchitto foto mezzelani gmt Daniela Santanche e Alessandro Sallusti Alessandro Sallusti

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”