GIORGIA, TU VUO' FA’ L'AMERICANA? – LA CASA BIANCA SI ATTENDE CHE LA MELONI FACCIA SUA L'AGENDA DI POLITICA ESTERA DI DRAGHI. MENTRE LE CRITICHE DI SALVINI SULLE SANZIONI ALLA RUSSIA VENGONO DERUBRICATI A RUMORE DI FONDO – L'IMPRESSIONE È CHE GLI ALLEATI DELLA NATO STIANO STRINGENDO UNA CINTURA DI SICUREZZA ATTORNO AL VOTO ITALIANO…

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Alessandro Barbera e Alberto Simoni per “La Stampa”

 

MARIO DRAGHI JOE BIDEN MARIO DRAGHI JOE BIDEN

«A prescindere da chi sarà il nuovo primo ministro italiano, il presidente Biden lo contatterà prima possibile per capire cosa ciò significhi. In ogni caso non abbiamo dubbi sul fatto che Roma non lascerà la coalizione dei Paesi a sostegno dell'Ucraina. E siamo convinti pensino la stessa cosa i nostri più importanti alleati in Europa». Le parole dell'alto funzionario di Washington suonano come un auspicio e allo stesso tempo come un avvertimento.

 

Nella diplomazia americana in queste ore c'è un'attività visibile e una più sottotraccia. Ufficialmente la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato non si mostrano preoccupati dell'esito delle elezioni italiane. Negli ultimi due giorni, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu, Biden si è occupato di Asia: ha avuto bilaterali con il premier giapponese, della Corea del Sud e il presidente filippino. Ma il leader americano ha avuto uno scambio diplomatico anche con Emmanuel Macron, il più vicino a Draghi degli europei.

 

meloni negli usa meloni negli usa

Con il premier italiano si è incontrato brevemente alla cena offerta mercoledì sera al Museo di Storia naturale a Central Park, ma né Palazzo Chigi, né gli americani hanno comunicato alcunché. Una cosa è certa: Washington si attende che Giorgia Meloni faccia sua l'agenda di politica estera del premier uscente.

 

E del resto è ciò che confermano gli emissari della leader di FdI attivi a Washington fra cui il presidente del Comitato parlamentare sui servizi segreti, Adolfo Urso. Nell'amministrazione si dicono convinti che non costituirà un problema nemmeno Matteo Salvini, il leader sospettato di avere le posizioni più ambigue verso Mosca. Ecco cosa riferisce alla Stampa un funzionario del ministero degli Esteri americano che segue da vicino il dossier italiano: «Lavoreremo con qualunque governo l'Italia sceglierà. Non abbiamo nessun timore che cambi il mondo».

 

MARIO DRAGHI JOE BIDEN MARIO DRAGHI JOE BIDEN

L'impressione è che gli alleati della Nato stiano stringendo una cintura di sicurezza attorno al voto italiano. Le elezioni non potevano avvenire in un momento più delicato di questo. C'è la mobilitazione annunciata da Putin, la trattativa europea sul tetto al gas russo, la necessità di confermare il sostegno militare della Nato a Kiev.

 

Ieri il ministro della Difesa Lorenzo Guerini era nella capitale ucraina: «Ho ribadito al presidente Zelensky che l'Italia è e sarà al fianco del suo popolo per una pace vera e giusta». In quel verbo al futuro c'è la conferma di una strategia rassicurante in chiave post elettorale, anzitutto verso l'Ucraina.

 

ZELENSKY GUERINI ZELENSKY GUERINI

Subito dopo le elezioni, con il consenso di Meloni, ci sarà il quarto decreto interministeriale per la fornitura di armi. Nel discorso davanti all'Assemblea dell'Onu Draghi ha spiegato che tutto si tiene: il sostegno militare con la determinazione a isolare economicamente la Russia. I dubbi di Salvini sulle sanzioni sono derubricati a rumore di fondo. L'altro ieri la candidata premier ha detto esplicitamente di voler garantire la continuità italiana anche su questo: per mandare in pezzi la coalizione antirussa potrebbe bastare poco.

 

Qualunque sia l'equilibrio che uscirà dalle urne nella coalizione di centrodestra, Draghi ha deciso un passaggio delle consegne ordinato. Dal giorno del voto in poi sarà ancora impegnato in tre vertici internazionali. Il primo a fine mese ad Alicante, dove dovrebbe incontrare i capi di Stato mediterranei dell'Unione: fu un anno fa, ad Atene, che Draghi e il collega spagnolo Pedro Sanchez chiesero per la prima volta una strategia energetica comune.

LORENZO GUERINI ADOLFO URSO LORENZO GUERINI ADOLFO URSO

 

Poche settimane dopo un gruppo di Paesi mediterranei - Italia, Grecia, Spagna e Portogallo - lanciò la proposta di un tetto al prezzo del metano. Il 6 ottobre i leader si vedranno a Praga per vertice informale dei Ventisette del semestre di presidenza ceca. Il terzo incontro - l'ultimo con Draghi premier - è fissato a Bruxelles il 20 ottobre. Quello sarà il momento in cui si capirà se la proposta italiana di bloccare il prezzo del gas russo sarà andata in porto. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani tratta da settimane con Germania e Olanda il compromesso possibile.

 

DRAGHI ALL'ONU DRAGHI ALL'ONU

Lo ha fatto anche nelle ore della trasferta americana, dove ha incrociato alcuni dei colleghi europei. Draghi e Cingolani, con la copertura politica del Quirinale, e il sostegno informato di Meloni, si comportano come se nulla fosse cambiato. Il poco tempo a disposizione non lascia alternative: tre giorni dopo le elezioni - il 28 - la Commissione farà una comunicazione che precederà la seconda riunione straordinaria dei ministri dell'Energia, il 30.

 

L'ultimo ostacolo all'accordo può essere solo un ripensamento di Berlino, il governo più penalizzato di chiunque altro dal taglio del gas russo attraverso il tubo di Nord Stream. Se dai vincitori di domenica non arriveranno segnali ambigui, le resistenze tedesche dovrebbero essere archiviate una volta per tutte.

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