globalizzazione

GLOBALE È BELLO? MICA TANTO - GIOVANNI SARTORI C’AVEVA VISTO LUNGO QUANDO METTEVA IN GUARDIA DAL “MONDO APERTO”: “L'OCCIDENTE AD ALTO COSTO DEL LAVORO È DESTINATO A RESTARE SENZA LAVORO. IN UN'ECONOMIA GLOBALIZZATA IL LAVORO VA AI POVERI E I PAESI RICCHI VANNO IN DISOCCUPAZIONE. E LA RICETTA CHE I ‘MERCATI RISOLVONO’ NON FUNZIONA PIÙ DI TANTO. BEATI LORO, GLI ECONOMISTI POSSONO TRADURRE TUTTO IN NUMERI. QUANDO I LORO NUMERI SI IMBATTONO IN PERSONE CONCRETE, PER LA TEORIA ECONOMICA QUESTI IMPACCI SONO TRATTABILI COME SOLDATINI DI PIOMBO…”

giovanni sartori

Testo di Giovanni Sartori pubblicato dal “Corriere della Sera”

 

Globalismo è aprirsi al mondo, è il mondo che è uno. Tecnologia è, del pari, una strumentazione che non si lascia rinchiudere in ambiti nazionali: la tecnologia può essere la stessa ovunque. Ma è proprio vero che la dimensione del nostro vivere dovrà essere sempre più globale? Siamo «forzati» al globalismo, oppure è vero il contrario, che il globalismo non può e forse nemmeno deve riuscire?

 

Isabella Gherardi Giovanni Sartori

Una prima considerazione è che mentre in economia ci allarghiamo, in politica ci restringiamo. È l'economista che preme, ad esempio, per il Gatt (il General agreement on tariffs and trade, accordo doganale firmato a Ginevra il 30 ottobre 1947, ndr ) e ci invita a perforare le frontiere; per contro, l'homo politicus queste frontiere le sta moltiplicando e restringendo. Dunque, al globalismo economico fa da contrappunto il localismo politico. Ci è stato raccontato che la fine della Guerra fredda prefigurava un nuovo ordine mondiale. No: prefigurava un nuovo «disordine», e un disordine senza precedenti perché si tratta, appunto, di un disordine globale.

 

Per millenni il genere umano ha operato (cooperato o combattuto) con il vicino, con chi stava al nostro confine: le distanze separavano e proteggevano. Marco Polo ci raccontò dell' esistenza dell' India e della Cina: ma quelle realtà, per l' europeo del suo tempo, erano irrealtà. La Cina e l' India restavano «lontane». Ma oggi la Cina sta diventando realissima; e nei prossimi anni, si prevede, sarà il più grande mercato e forse anche la prima potenza industriale del mondo.

 

globalizzazione1

Il punto è che se entra in gioco tutto il mondo, allora tutti i paesaggi e gli scenari ai quali siamo abituati cambiano. Il vicino e il lontano spostano oramai poco e la distanza non ci protegge più. Inoltre nel rapido corso di due secoli il mondo unipolare sul quale si fondava il vangelo economico della scuola di Manchester del «lasciar fare, lasciar passare» è diventato bipolare e poi, oggi, multipolare. Era facile essere liberisti quando all' inizio della rivoluzione industriale tutto partiva dall' Inghilterra, che era libera di «invadere» con i suoi manufatti il mondo, ma che non era invadibile dal mondo che invadeva.

 

L'Occidente ha tenuto ancora relativamente bene dal 1918 al 1989, finché il suo nemico e massimo concorrente è stato il mondo comunista, che era un mondo di pianificazione fallimentare, di economia in perdita. Ma oramai l' Occidente «affluente» è eminentemente invadibile, sia in chiave di popolazioni affamate che premono alle frontiere, sia in termini di penetrabilità economica, di prodotti che altrove «costano meno».

 

globalizzazione

L'ho appena detto e lo sottolineo: che costano meno. Questo è il primo tema che mi propongo di affrontare. Notavo che la tecnologia può essere la stessa ovunque. E i Paesi avanzati diciamo del Secondo Mondo (Corea, Taiwan e tra non molto la Cina) sono o presto saranno in stato di parità tecnologica con l' Occidente. Bene o male, anche l' Est Europeo e l' America Latina finiranno per acquisire, quantomeno parzialmente, parità di tecnologia con noi. Se è così, il caso è, in vitro , chiarissimo: a parità di macchina (industriale, agricola o altro) i Paesi a basso costo del lavoro possono produrre e vendere a meno, molto meno di noi.

 

Diciamo a questo modo: che a parità di tecnologia l' Occidente ad alto costo del lavoro è destinato a restare senza lavoro: le cosiddette società industriali diventerebbero società senza industria.

 

xi jinping

Da noi si salverebbe solo l' alta tecnologia, che è capital-intensive e non labour-intensive , che cioè richiede alti investimenti e poca mano d' opera. Per il resto, al 90 per cento, Europa e Nord America si ridurrebbero ad essere società di servizi (e/o società telematiche che si scambiano freneticamente messaggi non si sa di che); e siccome il grosso dei servizi è consumato dove viene prestato, l' ironia di questo sviluppo è che in nome del libero e globale importare-esportare le ex società industriali avanzate resterebbero con poco da esportare e per ciò stesso senza risorse per importare.

 

Questo il discorso astratto. So bene che è crivellato da eccezioni; e so bene quali sono i contro-argomenti. Ma prima ci dobbiamo rendere conto delle grandezze e delle enormi differenze in questione. Oggi nell' Europa dell' Est e nei Paesi nei quali si è smembrata l' Unione Sovietica, il salario medio è al di sotto di 10 dollari all' ora, mentre nell' Europa occidentale è di 25 dollari all' ora. Fino a pochi decenni fa il costo del lavoro a Taiwan e nella Corea del Sud era di tre-quattro volte inferiore a quello degli Stati Uniti. E la Ford pagava in Brasile 3 dollari l' ora l' operaio che a Detroit ne costava 23. Non voglio né posso dilungarmi in statistiche.

donald trump xi jinping

 

Basta considerare che nel grosso del Terzo Mondo il reddito medio va dai 300 ai 1.000 dollari l' anno, laddove nella società opulenta si aggira intorno a 30.000 dollari. Per quanto questi dati siano tutti da prendere con le pinze, anche così il fatto resta che le differenze tra Paesi poveri e Paesi ricchi sono astronomiche. Dal che discende che, quando la variabile è il costo del lavoro, in un' economia globalizzata il lavoro va ai poveri e i Paesi ricchi vanno in disoccupazione.

 

Per gli economisti, il toccasana è il mercato, e il loro discorso, ridotto all' osso, è che la disoccupazione è causata dall' insufficienza della domanda globale. Tutto si risolve aumentando e stimolando la domanda; il che crea, a sua volta, nuovi posti di lavoro. Ai miracoli del mercato credo in parte anch' io; ma alla lunga e alla tassativa condizione che il mercato sia lasciato fare, e cioè che gli automatismi di mercato non siano ostacolati e tantomeno bloccati.

 

disoccupazione crisi

Invece, quanto più siamo in crisi e tanto più il mercato viene messo in frigorifero: i sindacati chiedono il blocco dei licenziamenti, le attività in perdita devono essere mantenute in vita. La conclusione è, nella concisa espressione inglese, che markets do not clear , che i mercati non sbrogliano, non ripuliscono. Pertanto gli aggiustamenti di mercato avvengono - dove lasciamo che avvengano - a lungo periodo. Intanto, e in attesa, restano esseri umani in carne ed ossa che devono riuscire ogni giorno a stare vivi e anche alloggiati.

 

Mettiamola così. Beati loro, gli economisti si occupano di quantità e possono tradurre tutto in numeri. Quando i loro numeri si imbattono in persone concrete, per la teoria economica questi impacci sono trattabili come soldatini di piombo. Non hanno da mangiare? Bene, mettiamoli in naftalina sino a quando il mercato non avrà provveduto ad aumentare i consumi e a creare nuovi posti di lavoro. Oppure i nostri soldatini si trovano nel posto sbagliato, là dove il lavoro è venuto a mancare? Bene, impacchettiamoli e spediamoli dove il lavoro si trova. Ma i soldatini di piombo non sono in verità di piombo, hanno problemi di sopravvivenza, e nemmeno sono così facilmente riciclabili, ad ogni svolta tecnologica, come si predica. E allora? Allora la ricetta che i «mercati risolvono» non funziona più di tanto.

disoccupazione

 

A larghissimi tratti ho descritto un sistema di scatole cinesi che stiamo sforzando in due direzioni opposte: la scatola massima del globalismo a un estremo, e le scatoline sempre più piccole dei localismi e dei separatismi all' altro estremo. Secondo me, il globalismo è una scatola troppo grande e impossibile. Ma credo ancor meno nella vitalità delle micro-scatole, nei localismi.

 

Non dubito che un qualche modo di incastrarle l' una nell' altra e di traversarle bene - passando da comune, provincia, regione, agglomerati regionali, Stato, Comunità europea e via via allargando - possa essere trovato. Ma per ora non ci siamo. Per ora vedo soprattutto un tiro alla fune che semmai produce scatole scollate e sfondate. Stiamo attenti, e siamo prudenti. Fare peggio è sempre più facile di fare meglio. E meglio di così non so concludere.

Ultimi Dagoreport

a lume di candela federica panicucci fabio rovazzi tommaso cerno pio e amedeo elonoire casalegno barbara d urso

DAGOREPORT BY CANDELA - BARBARA D’URSO E IL PROGETTO ARENATO CON URBANO CAIRO - NUOVO SHOW DI PIO E AMADEO SU CANALE5 IN PRIMAVERA - FEDERICA PANICUCCI CONDURRÀ CAPODANNO IN MUSICA" SU CANALE 5: AL SUO FIANCO POTREBBE TORNARE FABIO ROVAZZI. TRA I DUE, L’ANNO SCORSO, NON ERA SCATTATA LA SCINTILLA - SI CERCA CONDUTTORE SOVRANISTA PER NUOVO TALK DI RAI2: POTREBBE ESSERE COINVOLTO IL MELONIANO CERNO - RAI1 E CANALE 5 COPRIRANNO I LORO BUCHI “SPOSTANDO” IN PRIMA SERATA “AFFARI TUOI”, “L’EREDITÀ” E "LA RUOTA DELLA FORTUNA" - ELENOIRE CASALEGNO SI PAPPA DUE NUOVE CONDUZIONI - NELLA REDAZIONE DI ''LIBERO'' ESPLODE IL “TAXI GATE” - UNA VIVACE SIGNORINA STA CERCANDO DI VENDERE A DIVERSI GIORNALI, PROVE ALLA MANO, LA SUA "RELAZIONE SEGRETA" CON L'ATTACCANTE FIDANZATISSIMO. INDIZIO: LUI GIOCA IN UNA SQUADRA DI ALTA CLASSIFICA IN SERIE A E IN NAZIONALE. DI CHI SI TRATTA?

luca matilde bernabei sandokan can yaman

DAGOREPORT – IL TRIONFO DI “SANDOKAN” SU RAI1 FA GODERE LA LUX VIDE MA I FRATELLI BERNABEI, LUCA E MATILDE, BRINDANO SEPARATI – LUCA, CHE E’ COLUI CHE FORTEMENTE VOLUTO RIPORTARE IN TV LO SCENEGGIATO E LO HA PRODOTTO, A MAGGIO SCORSO HA LASCIATO LA FU SOCIETA’ DI FAMIGLIA (FONDANDO LA SUA “OHANA) – DI LUCA NON C’E’ TRACCIA NEI COMUNICATI ED ERA ASSENTE SIA ALL’ANTEPRIMA CHE ALLA CONFERENZA STAMPA – VUOI VEDERE CHE GLI SCAZZI DI FAMIGLIA FANNO PIU’ MALE DELLA “TIGRE DI MOMPRACEM”? AH, SAPERLO…

2025scala la russa

DAGOREPORT - LA DOMANDA CHE SERPEGGIAVA NEL FOYER DELLA SCALA, IERI SERA, ERA: “E ‘GNAZIO? DOVE STA LA RUSSA?”. COME MAI LA SECONDA CARICA DELLO STATO NON HA OCCUPATO LA POLTRONA DEL PALCO REALE, DOVE SI È SEMPRE DISTINTO NELLO STRAZIARE L’INNO DI MAMELI CON I SUOI SICULI ACUTI? IL PRESIDENTE DEL SENATO, TRA LA PRIMA DELLA SCALA SANTA E IL FESTIVAL DI SAN ATREJU, HA PREFERITO ATTOVAGLIARSI AL RISTORANTE “EL CAMINETO”, DIMORA DELLA SODALE SANTANCHÈ A CORTINA D’AMPEZZO...

john elkann theodore kyriakou repubblica

DAGOREPORT - DOMANI, FINALMENTE, GLI EMISSARI DI JOHN ELKANN SI DEGNERANNO DI INCONTRARE I CDR DI “REPUBBLICA” E “LA STAMPA” PER CHIARIRE LO STATO DELLA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRUPPO ANTENNA DI THEODORE KYRIAKOU. PER IL MAGNATE GRECO, I QUOTIDIANI SONO SOLO UN ANTIPASTO: IL SUO VERO OBIETTIVO SAREBBE ACQUISIRE UN'EMITTENTE TELEVISIVA - YAKI NON VEDE L'ORA DI LIQUIDARE IL GRUPPO EDITORIALE, PER FARE SEMPRE PIÙ AFFARI CON EXOR: LA CARTA RAPPRESENTA NEMMENO L'UN PER CENTO DELLA HOLDING, NON DÀ ALCUN GUADAGNO MA SOLO ROTTURE DI COJONI (E LA LINEA ANTI-TRUMP DEI DUE QUOTIDIANI È UNA ROGNA PER IL SEMPRE PIÙ AMERICANO JOHN) - KYRIAKOU HA SUBITO INIZIATO CON IL PIEDINO SBAGLIATO LA CAMPAGNA D’ITALIA: AVREBBE SCELTO COME ADVISOR NIENTEMENO CHE MIRJA CARTIA D’ASERO, EX AD DEL “SOLE 24 ORE” - RETTIFICA! CARTIA D'ASERO: "NON SONO ADVISOR DI ANTENNA O DI KYRIAKOU E NON MI OCCUPO DI EDITORIA DALL'USCITA DAL 'SOLE'"

francesca albanese carlotta vagnoli valeria fonte

DAGOREPORT - COS’HANNO IN COMUNE L’INDECENTE ASSALTO DEI PRO-PAL ALLA REDAZIONE DELLA “STAMPA” E IL "FEMMINISMO" BY CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE? MOLTISSIMO: LA VIOLENZA, L’IDEOLOGIA TOSSICA, L’ACCONDISCENDENZA DI UNA CERTA STAMPA E DI QUEL MONDO EDITORIAL-GIORNALISTICO CHE HA TOLLERATO E SOSTENUTO, CON IMBARAZZANTE CONFORMISMO, QUALUNQUE NEFANDEZZA - E' UNA SVEGLIA PER CHI HA ALLISCIATO E POMPATO ACRITICAMENTE LA GALASSIA MOVIMENTISTA, CONVINTO CHE FOSSE LA PARTE GIUSTA DELLA STORIA - NON ERA NECESSARIO ARRIVARE ALL’IRRUZIONE DEI PRO-PAL E ALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI MONZA SU VAGNOLI-FONTE, PER CAPIRE QUANTA VIOLENZA SI NASCONDESSE DIETRO CERTI “ATTIVISTI” E I LORO METODI...

caltagirone milleri donnet nagel lovaglio giorgetti generali

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEI “FURBETTI DEL CONCERTINO”? IL PRIMARIO OBIETTIVO DI ESPUGNARE IL “FORZIERE D’ITALIA”, ASSICURAZIONI GENERALI, ATTRAVERSO L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA, SI ALLONTANA SEMPRE PIÙ - L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI LOVAGLIO, CALTAGIRONE E MILLERI HA INTERROTTO LA TRATTATIVA CHE ERA IN CORSO PER CONVINCERE L’AD DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, IL CUI MANDATO SCADE FRA DUE ANNI, A RASSEGNARE LE DIMISSIONI. E L’IPOTESI CHE POSSANO IN CDA SFIDUCIARLO SEMBRA APPARIRE LONTANISSIMA - NEL MIRINO GIUDIZIARIO È FINITO ANCHE IL RUOLO DETERMINANTE DELLE CASSE DI PREVIDENZA, ENPAM (MEDICI), ENASARCO (AGENTI DI COMMERCIO), FORENSE (AVVOCATI), PER LEGGE VIGILATE DAL GOVERNO - ANCHE SE I “CONCERTI OCCULTATI” NON SONO CERTO UNA NOVITÀ PER IL MERCATO, LA SCALATA MEDIOBANCA COLPISCE IN QUANTO È LA PRIMA VOLTA CHE, A SUPPORTO DI PRIVATI, C’È DI MEZZO IL SOSTEGNO DELL'ARMATA BRACAMELONI CHE DOVREBBE OCCUPARSI DELL’INTERESSE PUBBLICO ANZICHÉ RIBALTARE I POTERI DELLA FINANZA ITALIANA...