giuseppe conte lashki mittal arcelormittal ilva

ILVA, LA NOSTRA CROCE - A TRE GIORNI DALL'UDIENZA SUL RECESSO DEL CONTRATTO DA PARTE DI ARCELOR MITTAL NON C'È INTESA: DECIDERÀ IL GIUDICE DI MILANO - SE LA DECISIONE FOSSE A FAVORE DEL COLOSSO FRANCO-INDIANO, IL GOVERNO DOVREBBE PRENDERE IN CARICO GLI IMPIANTI IN TEMPI STRETTISSIMI, FORNENDO LA LIQUIDITÀ NECESSARIA A SOSTENERE IL GRUPPO E INIZIARE UNA CAUSA PER IL RISARCIMENTO - SE INVECE LA DECISIONE FOSSE CONTRO ARCELOR…

Marco Palombi per il “Fatto quotidiano”

OPERAIO ILVA

 

La trattativa andrà avanti fino all' ultimo minuto, ma trovare un accordo entro venerdì mattina pare assai difficile: la questione dell' Ilva di Taranto, insomma, passerà probabilmente dalla "roulette russa" del Tribunale di Milano, anche se alla fine, comunque vada, si arriverà all' uscita di ArcelorMittal. I giudici tra tre giorni dovranno decidere sul ricorso d' urgenza presentato dai commissari di Ilva contro il tentativo della multinazionale - che al momento è "affittuaria" degli impianti - di recedere dal contratto.

 

MICHELE EMILIANO ILVA

Le due parti avevano ottenuto, a dicembre, un rinvio della decisione dopo aver firmato un Heads of agreement, una sorta di base di trattativa per evitare la battaglia legale: come detto, nonostante sia passato un mese e mezzo, è difficile che si arrivi a un' intesa definitiva entro venerdì, quindi deciderà il giudice, anche sulla base degli elementi messi a disposizione dalla Procura di Milano, che sul caso Ilva - come si ricorderà - ha aperto un'inchiesta penale.

incendio all'ilva di taranto 3

 

Cosa può accadere? Se la decisione fosse a favore dei Mittal, la situazione per il governo si farebbe assai difficile: dovrebbe prendere in carico gli impianti in tempi strettissimi, fornendo la liquidità necessaria a sostenere il gruppo, e affidarsi a una lunga causa per ottenere un eventuale risarcimento. A Palazzo Chigi e al ministero dello Sviluppo, però, sono convinti di avere ottime ragioni e che il Tribunale concederà almeno la sospensione cautelare del recesso e, a quel punto, si dovrà trovare comunque un' intesa coi Mittal, ma da una posizione di relativa forza.

giuseppe conte contratto ilva

 

Il tavolo andato avanti in queste settimane, però, non ha fatto grandi progressi nel senso di una cooperazione tra il colosso dell' acciaio e la "mano pubblica". Gli inviati di Mittal non hanno finora fatto proposte accettabili: chiedevano 5mila esuberi, oltre ai quasi duemila già rimasti fuori nel 2018, e informalmente hanno fatto sapere che potrebbero, forse, scendere a tremila (cifra comunque inaccettabile per i sindacati).

 

sciopero all'ilva

Oltre ai licenziamenti, per tenersi le fabbriche chiedono uno "sconto" sulla cifra da versare allo Stato: nel 2017 vinsero la gara con un' offerta da 1,8 miliardi, di questi hanno versato circa 500 milioni e ora vorrebbero - tra defiscalizzazioni e altre diavolerie tecniche - pagare circa la metà degli 1,3 miliardi rimasti. Condizioni, come detto, inaccettabili per il governo, tanto più che non si accompagnano a maggiori investimenti per rendere "verde" (sia detto tra moltissime virgolette) l' acciaieria di Taranto.

 

ilva taranto 5

Lo stallo è tale che ormai l' unica vera trattativa è su come far uscire Mittal da Taranto. O meglio, sempre che venerdì il giudice non dia ragione all' azienda, a che condizioni "liberarla" dall' ex siderurgico dei Riva. Alcuni passi sono già stati fatti: ad esempio il ricambio di tutta la prima linea di management proveniente da Arcelor, partita a ottobre con l' addio dell' ad Matthieu Jehl, sostituito da Lucia Morselli, e proseguita nei mesi successivi. I problemi irrisolti sono due: quanti soldi pretendere per liberare i Mittal e cosa fare dopo con le acciaierie. Partiamo dal vil denaro. Come Il Fatto ha già scritto, la multinazionale ha già avanzato una proposta in questo senso: un miliardo per poter andar via indenne.

 

ilva taranto 7

Il punto è che non si tratta di fondi veri, ma della valutazione del magazzino riempito (500 milioni), della rinuncia a rivalersi sui 400 milioni di investimenti già fatti e dei 90 milioni di fideiussione depositati alla firma del contratto. Il governo, d' altra parte, chiede un miliardo "vero" tra penale per la rottura dei patti e le mancate manutenzioni degli impianti.

Alla fine i Mittal potrebbero accettare di pagare per andarsene (con tempi medio-lunghi e anche in una forma che, all' inizio, preveda una loro permanenza nella compagine sociale) ed evitare così un lungo e incerto contenzioso legale. Più complicato, invece, è capire cosa fare dopo con l' Ilva.

arcelor mittal

 

Il piano industriale del governo è ambizioso: senza perdersi nei tecnicismi, prevede l' uso di forni elettrici (oltre a quelli tradizionali) e materia prima pre-ridotta (meno inquinante) per arrivare a produrre almeno 8 milioni di tonnellate (il doppio di oggi) con un po' di cassa integrazione, ma senza esuberi strutturali. All' ingrosso è il piano di AcciaItalia, la cordata guidata dagli indiani di Jindal e da Cdp, che nella gara per Ilva fu sconfitta proprio da Arcelor. Chi dovrebbe realizzarlo, allora, questo piano?

 

Buio fitto: AcciaItalia non esiste più; Jindal ha firmato un accordo per l' acciaieria di Piombino (e il piano industriale è in ritardo di mesi); gli italiani tipo Arvedi non paiono avere le dimensioni per gestire Taranto; ad oggi non si sa neanche quale società pubblica potrebbe entrare in un' eventuale "newco" per l' Ilva. E a venerdì mancano tre giorni.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…