joe biden

INCREDIBILE: IL CANDIDATO PER MANCANZA DI ALTERNATIVE PIÙ GIOVANI E CARISMATICHE, NON HA SCALDATO I CUORI DEGLI ELETTORI - BIDEN HA CONQUISTATO PIÙ VOTI DI QUALUNQUE SUO PREDECESSORE, MA QUEL ''+15%'' CHE A UN CERTO PUNTO SPARAVANO I GIORNALI ZEPPI DI SONDAGGI-TRUFFA È PIÙ CHE UN MIRAGGIO. LA SINISTRA AMERICANA, COME DEL RESTO QUELLA EUROPEA, CONTINUA A PAGARE IL PREZZO DELLA SUA INCAPACITÀ DI CONTRASTARE L' AUMENTO DELLE DISEGUAGLIANZE ECONOMICHE

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera

joe biden

 

La moderazione, la ragionevolezza, i programmi, perfino la mancanza di carisma di un «leader per caso» difficile da amare ma anche da detestare, sembravano poter diventare un elemento di forza nella sfida lanciata da Joe Biden a un presidente che puntava tutto sulla sua fisicità: un leader che si considera l' incarnazione dell' agenda politica dei conservatori, un condottiero invulnerabile che può permettersi anche di sfidare le istituzioni della democrazia americana, fino al punto di contestare l' esito delle elezioni. Non è stato così.

 

Biden ha condotto una battaglia politica pulita, ha conquistato più voti di qualunque altro candidato alla presidenza della storia americana in un' elezione che ha visto una partecipazione al voto senza precedenti, ma non si può dire che la sua corsa al risparmio - per evitare il rischio di diffondere, insieme al virus, anche le sue celebri gaffe - lo abbia premiato. È probabile, che riesca a farcela. Pur dicendosi in attesa dei risultati ufficiali, ieri ha promesso di governare come «presidente di tutti gli americani». Ma la «valanga blu» che avrebbe potuto trasformare la politica americana, non c' è stata.

 

joe biden con alcuni sostenitori

Anche se riuscirà ad entrare alla Casa Bianca, il leader democratico sarà un presidente indebolito non solo dalla mancanza di controllo sul Parlamento (i democratici sembrano lontani dalla riconquista del Senato), ma anche da una vittoria sul filo di lana, aspramente contestata da un Trump che potrebbe diventare ancor più pericoloso come leader di un' opposizione movimentista: non più invulnerabile, ma sempre condottiero di mezzo Paese convinto che il suo leader è stato messo fuori gioco in modo fraudolento.

 

Le colpe di questa eventuale vittoria dimezzata non sono di Biden, scelto come candidato per mancanza di altri più giovani e carismatici e per uscire dallo stallo che stava logorando un partito democratico frantumato tra le sue varie anime: quella che oggi ci appare come l' eccessiva prudenza della sua campagna era giustificata da sondaggi che in modo quasi unanime gli attribuivano una vittoria con ampio margine. Rilevazioni che, nonostante tutte le cautele e le correzioni metodologiche introdotte dopo la catastrofe demoscopica del 2016, si sono rivelate ancor più sballate di quelle delle presidenziali di quattro anni fa.

BARACK OBAMA CON JOE BIDEN A FLINT IN MICHIGAN

 

Cosa che, intanto, porta a rivedere il giudizio dato allora sulla campagna di Hillary Clinton: la sconfitta democratica fu messa tutta in conto a una ex first lady bollata come arrogante e «divisiva». Evidentemente c' era anche altro: in alcune contee delle città industriali in crisi e tra gli ispanici della Florida Hillary aveva addirittura ottenuto molti più suffragi di quelli raccolti ieri da Biden. Nemmeno la popolarità di Barack Obama è servita a risollevare più di tanto un partito democratico in debito d' ossigeno.

 

Segno che anche l' immagine del leader delle grandi speranze del 2008 è ormai logorata. Basti pensare alla battaglia all' ultimo voto che Biden è stato costretto a combattere in Michigan, lo Stato maggiormente beneficiato dalle politiche di Obama che 11 anni fa scommise gran parte del suo capitale politico sul salvataggio dell' industria automobilistica di Detroit, con un progetto coronato da pieno successo.

joe biden nel 2009 con i figli hunter e beau

 

Evidentemente, al di là dei limiti politici e personali di un leader democratico chiaramente invecchiato, la sinistra americana, come del resto quella europea, continua a pagare il prezzo della sua incapacità di contrastare l' aumento delle diseguaglianze economiche. Le speranze suscitate da Obama sono rimaste tali: certo, il primo presidente nero della storia americana (con Biden come vice) si è trovato ad operare in circostanze storiche straordinarie, a partire da una crisi bancaria gravissima che ha richiesto soprattutto interventi sul fronte finanziario per evitare una catastrofica depressione.

 

Tutto ciò, insieme al boom dell' industria tecnologica, ha portato a un ulteriore, forte aumento delle diseguaglianze economiche aprendo la strada alla conquista di molti operai travolti dalla crisi da parte della destra populista.

 

joe biden contro trump che si toglie la mascherina

Per questo, come ha dichiarato ieri al Corriere il politologo Michael Walzer, Biden, se arriverà alla Casa Bianca, dovrebbe cercare di essere non il continuatore dell' opera di Obama ma, piuttosto, un nuovo Franklin Delano Roosevelt, capace di varare imponenti programmi di riforme e di rilancio dell' economia. Sarebbe stata comunque un' impresa assai ardua per il vecchio Joe, ma con un Paese e uno scenario politico così devastati la sua sembra addirittura una mission impossible .

Ultimi Dagoreport

dagospia 25 anni

DAGOSPIA, 25 ANNI A FIL DI RETE - “UNA MATTINA DEL 22 MAGGIO 2000, ALL’ALBA DEL NUOVO SECOLO, SI È AFFACCIATO SUI COMPUTER QUESTO SITO SANTO E DANNATO - FINALMENTE LIBERO DA PADRONI E PADRINI, TRA MASSACRO E PROFANO, SENZA OGNI CONFORMISMO, HAI POTUTO RAGGIUNGERE IL NIRVANA DIGITALE CON LA TITOLAZIONE, BEFFARDA, IRRIDENTE A VOLTE SFACCIATA AL LIMITE DELLA TRASH. ADDIO AL “POLITICHESE”, ALLA RETORICA DEL PALAZZO VOLUTAMENTE INCOMPRENSIBILE MA ANCORA DI MODA NEGLI EX GIORNALONI - “ET VOILÀ”, OSSERVAVA IL VENERATO MAESTRO, EDMONDO BERSELLI: “IL SITO SI TRASFORMA IN UN NETWORK DOVE NEL GIOCO DURO FINISCONO MANAGER, BANCHIERI, DIRETTORI DI GIORNALI. SBOCCIANO I POTERI MARCI. D’INCANTO TUTTI I PROTAGONISTI DELLA NOSTRA SOCIETÀ CONTEMPORANEA ESISTONO IN QUANTO FIGURINE DI DAGOSPIA. UN GIOCO DI PRESTIGIO…”

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…