statua di buddha abbattuta in cina 3

È INUTILE CHE LA CINA PROVI A RIFARSI UNA VERGINITÀ CON LE OLIMPIADI - DIETRO LA FALSA IMMAGINE DI UN PAESE TUTTO ROSE E FIORI CHE PECHINO STA PROPAGANDANDO PER I GIOCHI INVERNALI, CI SONO LE PERSECUZIONI DEI DISSIDENTI CHE CONTINUANO - LO SCEMPIO PIÙ RECENTE HA PRESO DI MIRA LA STATUA DEL BUDDHA ALTA 30 METRI CHE SORGEVA A DRAKGO, PER REPRIMERE I BUDDHISTI TIBETANI...

Marco Respinti per “Libero Quotidiano

 

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Con le Olimpiadi invernali di Pechino il Partito Comunista Cinese sta propagandando l'immagine falsa di un Paese dove tutto è rose e fiori, ma ieri il parlamento giapponese ha approvato una risoluzione di condanna per le gravi violazioni dei diritti umani in Tibet e in altre regioni.

 

Le immagini della sciatrice uigura con la fiaccola olimpica hanno bucato lo schermo, ma Rushan Abbas, presidente di «Campaign for Uyghurs», negli Stati Uniti, è esterrefatta. «La storia si ripete», dice a Libero.

 

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«Ai Giochi di Berlino nel 1936 il regime nazista impose all'atleta ebrea Helene Mayer di salutare con il braccio teso. Oggi la Cina comunista usa gli uiguri per calpestare gli uiguri: anche il nome della tedofora, Dilnigar Ilhamjan, è stato sinizzato in "Dinigeer Yilamujiang".

 

E pure nel 2008 fu un atleta uiguro a innalzare la fiaccola olimpica cinese, ma adesso Kamaltürk Yalqun vive negli Stati Uniti denunciando le atrocità di Pechino».

 

«Campaign for Uyghurs» è peraltro appena stata candidata al Nobel per la Pace, assieme a un'altra realtà importante, lo Uyghur Human Rights Project, presieduto dall'avvocato Nury Turkel, in una lettera indirizzata da due deputati americani, il Democratico Tom Suozzi e il Repubblicano Chris Smith, al Comitato norvegese del Premio.

 

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LA PERSECUZIONE

Perché in Cina la persecuzione dei dissidenti continua e i primi dissidenti sono le religioni, che pagano lo scotto di non lasciarsi svuotare e infiltrare. Una delle comunità che da sempre soffre di più sono i buddhisti tibetani.

 

Da tempo il bersaglio preferito del potere repressivo cinese ne prende di mira le colossali statue che a quelle latitudini sono vanto perla fede e gioiello per l'arte. Il semplice fatto che Buddha se ne stia seduto nella pietra, gigantesco e impassibile, è infatti il segno del fallimento della propaganda ateistica, dunque dell'intero impianto ideologico comunista.

 

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Lo scempio più recente ha preso di mira la statua del Buddha alta 30 metri che sorgeva a Drakgo, nella contea di Luhuo, cioè in quella provincia del Sichuan che Pechino ha posto sotto l'amministrazione della Prefettura Autonoma Tibetana di Garzê e che fa parte del Kham, una delle regioni del Tibet storico.

 

L'articolata geografia di questa parte dell'Asia, complicata dalle suddivisioni amministrative imposte dal regime, è un rompicapo e i più ricordano il Sichuan solo come una delle zone più sismiche del pianeta.

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Devastante fu il terremoto del maggio 2008, ma a Drakgo uno squassamento fenomenale uccise migliaia di persone nel 1973. Fu allora che le autorità locali diedero il permesso ai fedeli di erigere la grande statua del Buddha che avrebbe protetto dai disastri naturali. Ci sono voluti più di 40 anni per terminare l'opera, che, costata l'equivalente di 6 milioni di dollari donati dai fedeli, è stata inaugurata nel 2015.

 

buddhisti tibetani 2

Ma la grande statua non è durata a lungo e il 12 dicembre i vertici della contea ne hanno decretato la distruzione. Rimangiandosi la parola sì, e ripetendo la scusa che sempre il regime utilizza quando di tratta di abbattere emblemi ed edifici religiosi di ogni fede: la mancanza dei permessi. È una bugia, ma concedere un permesso per poi ritirarlo è un'arma psicologia straordinaria che frustra i credenti e, follow the money delle donazioni, contribuisce a snidarli.

 

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Comunque sia, come riporta il portale quotidiano d'informazione sulla libertà religiosa Bitter Winter, le autorità della contea di Luhuo hanno stabilito che statue di queste dimensioni non verranno mai più autorizzate.

 

E così, agendo come i talebani, che il 12 marzo 2001 fecero esplodere le enormi statue di Buddha scolpite nella roccia nella valle di Bamiyan, in Afghanistan, antiche una di 1800 e l'altra di 1500 anni, i neo-talebani comunisti cinesi del Sichuan hanno sventrato la statua di Drakgo in quattro e quattr'otto, bruciando per giunta le tradizionali bandiere della preghiera tibetana che ornavano il luogo e ben 45 di quelle ruote della preghiera che sono uno dei tratti tipici del buddhismo tibetano.

 

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Questi cilindri con il mantra «Om Mani Padme Hum» scritto in sanscrito sono fatti girare in senso orario per una preghiera incessante che, in ultima analisi, regge il mondo. Se davvero si trattasse di scartoffie e marche da bollo, perché vandalizzare questi oggetti sacri?

 

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IL LIBRETTO

Che il nemico giurato sia la religione stessa, per il proprio carattere di irriducibilità all'ideologia, lo testimonia bene la distruzione della scuola Gedhen Nangten, posta sotto l'amministrazione del monastero buddhista Ganden Rabten Namgyalling sempre a Drakgo e ospitante 130 studenti, decisa dalla contea il 31 ottobre, ma soprattutto lo dimostra il regalo del Natale ateistico che il regime ha fatto puntualmente a scuole e studenti.

 

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Per attuare le direttive della Conferenza nazionale sul lavoro relativo agli affari religiosi svoltasi in dicembre è stato infatti introdotto I principi dell'ateismo scientifico, un libro di testo nuovo come la muffa che porta la firma di Li Shen.

 

Classe 1946, autore di studi sulla storia della scienza e dell'irreligiosità cinesi, il suo pezzo forte è dire (e Xi Jinping loadora per questo) che la cultura dell'ex Celeste impero sia intrinsecamente e da sempre atea e mangiapreti.

 

Uiguri prigionieri della Cina

Nei 400mila caratteri del libro, pubblicato dalla casa editrice Bashu, con prefazione di Zhu Xiaoming, già segretario del Centro studi di tibetologia del Partito, e costati sei anni di lavoro, il dottor Li Shen invoca lo studio più approfondito del marxismo, affermando che la non esistenza di Dio e la natura deleteria della religione siano verità dimostrate incontrovertibilmente dalla scienza. Ma il diavolo non fa mai i coperchi e il nome di questo maestro di ateismo rosso, «Shen», in cinese significa «divinità».

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