di maio mimmo parisi

“I 160MILA EURO DI SPESE? E’ QUELLO CHE MI SPETTA” – VITA, OPERE E OMISSIONI DI MIMMO PARISI, DETTO IL “COWBOY”, PAPA’ DEL REDDITO DI CITTADINANZA GRILLINO - IL MANAGER CAPO DI ANPAL, CHIAMATO DA DI MAIO, E’ FINITO NEL MIRINO PER LE SPESE NON RENDICONTATE: “MICA POSSO ANDARE AL LAVORO A PIEDI, MIA MOGLIE VIVE NEGLI USA, HO DIRITTO DI VIAGGIARE IN BUSINESS” - BUFERA NELLA MAGGIORANZA. “DIMETTERMI? MA SIETE PAZZI?”

Fabrizio Roncone per corriere.it

 

di maio mimmo parisi

Il personaggione di questa storia è un amico di Luigi Di Maio e stavolta non arriva a Roma con il solito charter che parte da Pomigliano d’Arco, ma viaggia in business class dalla Mississippi State University (non dimentichiamoci che Di Maio è anche ministro degli Esteri).

 

Il personaggione un curriculum ce l’ha, sebbene pure lui inciampi sui congiuntivi («Io però ho la scusante di pensare in inglese», oh yeah).

 

Il personaggione: Domenico Parisi detto «Mimmo» o «Cowboy», 54 anni, guru italoamericano del reinserimento nel mondo del lavoro. L’incarico: guidare l’Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro, e realizzare quindi la parte finale del visionario progetto pentastellato, trovare un posto a chi percepisce il reddito di cittadinanza utilizzando i famosi tremila «navigator».

 

Mimmo Parisi

Problemino: queste creature mitologiche sono da tre mesi ferme ai bastioni di Orione, anche se prendono un regolare stipendio (1.700 euro netti) e pure i famosi 600 euro di bonus previsti per la crisi Covid; la app che dovrebbero usare, infatti, non c’è, non esiste, sebbene valga 25 milioni di soldi pubblici.

 

In un Paese normale qui la storia dovrebbe finire. Dimissioni in serie, e una procura che magari s’incuriosisce. «Anche perché — dice Mimmo Parisi — a me risulta che sui sistemi informativi di milioni ne sono stati impegnati 80, e mi chiedo: che fine hanno fatto?» (starete pensando: scusa, ma non sei tu il capo? Giusto. Però tra un po’ capirete perché questo professore originario di Ostuni, Brindisi, è davvero un personaggione).

 

PAOLA TAVERNA BACIA DANILO TONINELLI

La storia non si chiude allora proprio per niente. Anzi: in pochi giorni, tre lettere partite da due dirigenti di Anpal e dalla Commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni attaccano Parisi sulla mancata rendicontazione delle sue spese personali: oltre 160 mila euro.

 

Per capirci: 71 mila euro per viaggi Roma-Mississippi in business class; 55 mila euro per noleggio auto con autista; 32 mila per un appartamento ai Parioli; 5 mila per spostamenti in Italia; 3 mila per pasti.

 

Adesso: vi ricorderete di quando Beppe Grillo, con le vene di fuori, imprecava contro gli sprechi, e poi del grande Di Battista, che per sembrare sobrio arrivava ai comizi grillini tutto piacione con il casco del motorino, o della senatrice Taverna, che si alzava nell’emiciclo di Palazzo Madama e urlava verso i banchi di Forza Italia — dove i Rolex sono piuttosto diffusi: «A zozzoniiiii!». Poi però Luigi Di Maio, da ministro del Lavoro, alza il telefono e chiama in Mississippi.

 

Mimmo Parisi

(Presidente Parisi, lei spende molto.

«Io spendo quello che mi spetta!».

Di Maio predicava misura nelle spese.

«Luigi può dire ciò che vuole. Io mica posso andare al lavoro a piedi…».

 

L’autista costa 55 mila euro l’anno.

«E allora? Il mio predecessore spendeva la stessa cifra. In più, era scortato. Io pure avrei potuto pretendere la scorta, ma ho rinunciato».

 

Lei viaggia in business class: 71 mila euro, solo nel 2019.

«Mia moglie vive negli Usa, questo Di Maio lo sapeva. Mica posso separarmi. Comunque: per rotte sopra le 5 ore, la legge è chiara, ho diritto alla business class».

 

In un’audizione alla Camera, lei ha detto che è costretto a viaggiare in business per colpa del mal di schiena.

«Sono stato sciocco. Volevo giustificarmi: invece è un mio diritto viaggiare in business. Punto».

grillo di maio

 

Quanto guadagna?

«Mhmm… circa 160 mila euro l’anno».

È vero che ha cercato di alzarsi il compenso a 240 mila?

«Certo! Con Di Maio erano questi i patti».

 

Può essere più preciso?

«Gli dissi: amico mio, io lascio la cattedra di una università prestigiosa, e non posso rimetterci. Me li date 240 mila euro? Mi rispose che non c’erano problemi. Invece poi lo stipendio è stato molto più basso. Però okay, dai, non fa niente» — il professore tende a dare del tu, come usano gli anglosassoni».

 

Professore, senta: e la app? Perché ancora non c’è?

«Bella domanda!».

Perché non c’è?

«E lo chiede a me?».

catalfo

 

Lei non è il capo di Anpal?

«Altra bella domanda!».

Non la seguo.

«Certo che sono il capo, ma il direttore generale, Paola Nicastro, se ne infischia».

 

È lei che la blocca?

«Tutti mi bloccano. Il prototipo della App è pronto. Ma non mi fanno lavorare».

Sta dicendo una cosa grave.

«Sto dicendo la verità. Poi, certo: io lo capisco che lei è frustrato…».

 

andrea orlando

No, guardi: io, francamente, non mi sento frustrato.

«Okay okay… scusi, è che penso in inglese. Non volevo dire frustrato, ma deluso»).

Scena politica: l’attuale ministro del Lavoro, la grillina Nunzia Catalfo, è a dir poco mortificata. Il Pd, con il vicesegretario Andrea Orlando, ha fatto capire che la situazione è insostenibile. La Lega ha chiesto le dimissioni di Parisi e della Catalfo.

Il personaggione: «Dimettermi? Io? Ma siete pazzi?».

 

Mimmo ParisiMimmo Parisi

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”